IN POCHE PAROLE …

Nelle assunzioni a tempo determinato, occorre rispettare l’ordine della graduatoria

Corte di Cassazione, civile, sez. lavoro, ordinanza 16 novembre 2020, n. 25986, Presidente Tria, Relatore Spena


L’utilizzazione, per la assunzione a tempo determinato, di graduatorie formate all’esito di un pubblico concorso, secondo il canone di cui all’articolo 97, comma 4, Cost., non può che comportare il rispetto dell’ordine della graduatoria.


A margine

La Corte d’Appello riforma la sentenza del Tribunale della stessa sede respingendo la domanda del ricorrente volta all’accertamento del proprio diritto ad essere assunto a tempo determinato presso un ente di ricerca con profilo di «collaboratore tecnico» senza alcuno spazio di discrezionalità nella scelta da parte dell’amministrazione.

In particolare, la Corte ritiene che sussista una differenza sostanziale tra la graduatoria degli idonei all’assunzione a tempo indeterminato approvata all’esito del relativo concorso — nella quale il ricorrente è collocato al 45^ posto— e l’elenco degli idonei all’assunzione a tempo determinato approvato con altra delibera. Infatti, tale ultimo elenco è redatto per ordine alfabetico e senza indicazione di un punteggio o di una graduatoria; da tali circostanze si desumerebbe quindi che l’amministrazione ha creato una lista di idonei per attingervi liberamente nelle assunzioni a termine, senza alcun criterio di precedenza.

Pertanto, secondo le valutazioni del giudice d’ appello l’amministrazione, pur essendosi impegnata ad utilizzare per le assunzioni a termine le graduatorie degli idonei dei concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato, non è tenuta a seguirne l’ordine, ben potendo individuare liberamente i destinatari della proposta di impiego.

L’interessato si rivolge quindi alla Corte di Cassazione.

L’ordinanza – La Corte ritiene che l’interpretazione del giudice d’appello contrasti con il principio del concorso di cui all’ articolo 97, quarto comma, Cost. ricordando che la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che la selezione concorsuale costituisce la forma generale ed ordinaria di reclutamento per le amministrazioni pubbliche, quale strumento per assicurare efficienza, buon andamento ed imparzialità.

Peraltro, la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico deve essere delimitata in modo rigoroso, potendo tali deroghe essere considerate legittime solo quando siano funzionali esse stesse al buon andamento dell’amministrazione e ove ricorrano peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico idonee a giustificarle.

In particolare, con le sentenze nr. 110/2017 e nr. 73/2013 il giudice delle leggi ha chiarito essere in contrasto con l’art. 97 Cost. l’utilizzazione di graduatorie che non siano state formate all’esito di procedure rispondenti al principio del pubblico concorso non solo quando il fine è quello di assumere personale a tempo indeterminato ma anche quando l’intendimento è quello di instaurare (o prorogare) contratti a tempo determinato.

Si puntualizza quindi che l’utilizzazione per la assunzione a tempo determinato di graduatorie formate all’esito di un pubblico concorso, secondo il canone di cui all’articolo 97, comma 4, Cost., non può che comportare il rispetto dell’ordine della graduatoria.

L’interpretazione della sentenza impugnata contrasta, inoltre, con il canone del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione di cui al comma due dell’articolo 97 Cost., applicabile anche allorquando l’amministrazione agisca con i poteri datoriali di tipo privatistico.

Infatti, come già statuito dalla Corte di Cassazione (civile, sez. lav., 15/06/2020, n.11537), il lavoro pubblico e il lavoro privato non possono essere totalmente assimilati: i principi costituzionali di legalità ed imparzialità concorrono comunque a conformare la condotta della Pubblica amministrazione e l’esercizio delle facoltà riconosciutele quale datore di lavoro pubblico in regime contrattualizzato.

Pertanto, non sarebbe conforme ai suddetti principi operare la scelta dei destinatari dell’assunzione a tempo determinato senza osservare un criterio predeterminato, oggettivo e verificabile e l’interpretazione del giudice d’appello finisce per risolversi nel riconoscimento alla pubblica amministrazione di una facoltà di scelta del tutto arbitraria (seppure nell’ambito di liste degli idonei).

Alle medesime conclusioni conducono i criteri di buona fede e correttezza di cui agli articoli 1175 e 1375 cod.civ., venendo in rilievo l’adempimento di un obbligo assunto dall’amministrazione con apposita delibera.

La ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha negato la sussistenza di un diritto del ricorrente all’assunzione a termine esclusivamente sul rilievo che l’istituto di ricerca non è tenuto a seguire alcun ordine nelle assunzioni, è dunque in contrasto con i principi ribaditi.

Pertanto la Corte accoglie il primo motivo del ricorso e cassa la sentenza impugnata.

Simonetta Fabris


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