In carenza di tempestiva contestazione delle assenze alle sedute consiliari, è illegittimo il provvedimento di decadenza dalla carica di Consigliere comunale. È opportuno, inoltre, in ossequio al principio di leale e trasparente collaborazione, che i verbali delle sedute riportino la natura dell’assenza e la conseguente valutazione dell’assemblea.

 

Tar Veneto, Venezia, sez. I, 24 settembre 2013, n. 1131Presidente Amoroso, Estensore Vitanza

 

Il caso

Con propria deliberazione il consiglio comunale di Creazzo (Vi) dichiara la decadenza dalla carica di un consigliere perché risultato assente dall’assemblea per nove sedute, nel corso del 2012, e senza giustificato motivo.

Con altro atto, immediatamente successivo, surroga il predetto consigliere col primo dei non eletti nella medesima lista di elezione.

Il consigliere impugna le suddette deliberazioni consiliari di fronte al Tar del Veneto.

La sentenza

Il Tar prende atto che, a fronte della contestazione delle assenze, il ricorrente ha debitamente replicato per iscritto rappresentando di aver avvertito, come da prassi, il Segretario generale e gli altri dipendenti del comune, sia dell’assenza, che dei motivi di impedimento, ribadendo tale difesa anche nel corso della seduta d’aula.

Ciò nonostante, il consiglio comunale non ha ritenuto adeguate le giustificazioni addotte dal consigliere ed ha proceduto a dichiararne la decadenza.

Il Tar ravvisa, tuttavia, che i verbali delle sedute consiliari, in cui il ricorrente è risultato assente, non indicano, come invece avrebbero dovuto, in ossequio al principio di leale e trasparente collaborazione, la natura dell’assenza e la conseguente valutazione dell’assemblea.

I verbali si limitano, infatti, a segnalare che il ricorrente non era presente alla seduta, così ingenerando nello stesso l’erronea convinzione dell’avvenuta giustificazione dell’assenza.

Peraltro, l’assemblea non ha richiesto già nella seduta successiva, contezza dell’assenza, avendo, di conseguenza, alimentato e giustificato l’ambigua prassi della giustificazione automatica delle assenze.

Il Tar sottolinea che la carica di consigliere comunale, in quanto espressione della volontà dei cittadini del comune, poteva e doveva essere revocata soltanto dopo aver appurato, in modo palese ed incontrovertibile, la sussistenza di una reale disaffezione del Consigliere per il ruolo ricoperto ovvero per l’espletamento del mandato rappresentativo.

Una tale omissione da parte del comune non può essere superata ex post, attraverso mere contestazioni formali nei confronti del ricorrente e con la contestuale ingiunzione a giustificare tali assenze.

Le conclusioni

Il giudice amministrativo statuisce che l’immediatezza delle contestazioni del fatto illecito va considerata quale principio generale dell’ordinamento.

Quindi, nel caso di specie la contestazione delle assenze sarebbe dovuta intervenire in un termine ravvicinato, o meglio nel termine prescritto dalla normativa interna del Comune, la quale prevedeva la decadenza dalla carica dopo cinque assenze nell’arco dell’anno.

L’amministrazione resistente ha, invece, atteso che il ricorrente incorresse in nove assenze prima di formulare la relativa contestazione, così da pregiudicare anche la sua difesa.

Il difetto di tale momento di trasparenza e la procrastinazione della contestazione ha, conseguentemente, compromesso la successiva valutazione del comportamento del ricorrente da parte dell’organo comunale in termini di obiettività e trasparenza.

Alla luce delle suddette considerazioni, il Tar conclude che il comportamento assunto dall’Ente si appresta ad ambigue interpretazioni, non ultime quelle di interessate e soggettive determinazioni, estranee ai motivi ed alle ragioni normativamente previste per la decadenza dalla carica dei rappresentati i cittadini.

Il Tribunale annulla quindi il provvedimento di decadenza ed i conseguenti atti del consiglio comunale.

Il commento

Sulla decadenza del consigliere comunale, causata dalla ripetuta assenza alle sedute assembleari, si è più volte pronunciato il giudice amministrativo.

Tra le numerose pronunce in materia, il Consiglio di Stato, con sentenza della sez. V, n. 1789 del 24.03.2011, decidendo sulla legittimità o meno della delibera di decadenza del consigliere che aveva presentato le proprie giustificazioni e controdeduzioni solamente riscontrando la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza, ha statuito che “Correttamente, in definitiva, i primi giudici hanno ritenuto la legittimità del provvedimento impugnato, sia sotto il profilo della mancanza tempestiva di giustificazione delle assenze contestate, sia sotto il profilo della tardività delle giustificazioni stesse, prodotte solo con l’atto di controdeduzioni alla comunicazione di avvio del procedimento di decadenza, sia sotto il profilo probatorio, essendo state prodotte fotocopie di certificati medici, senza neppure giustificare la causa dell’eventuale impossibilità di produrre i relativi originali”.

In un altro caso, il Tar Sicilia, sentenzia l’illegittimità della deliberazione consiliare che dichiara la decadenza dalla carica per assenza ingiustificata a tre sedute consecutive del consiglio, facendo applicazione dello statuto comunale, laddove questo preveda che un consigliere che non partecipi, senza giustificato motivo, a tre sedute consecutive dell’organo, venga dichiarato decaduto, dovendosi considerare giustificata l’assenza del consigliere ad una seduta, in quanto impegnato nella propria attività lavorativa.

Al riguardo il Tar considera che la possibilità di ottenere permessi retribuiti dal proprio datore di lavoro, in concomitanza agli impegni connessi al mandato di consigliere, non significa l’obbligo di richiederli, ben potendo un cittadino responsabile valutare, di volta in volta, l’opportunità di essere presente al proprio posto di lavoro ovvero alla seduta del consiglio comunale di cui fa parte (Tar Sicilia, Palermo, Sez. I , 16 aprile 2010, n. 5377).

Per il TAR Puglia la dichiarazione di decadenza del consigliere comunale che non partecipa alle sedute del consiglio presuppone sempre una valutazione approfondita delle giustificazioni delle assenze addotte dall’interessato (TAR Puglia, Bari, 7 novembre 2006, n. 3903).

Infine, il Tar Lombardia considera come le prerogative del consigliere comunale non si esauriscano nella partecipazione alle sedute dell’organo cui appartiene, ma contemplino lo svolgimento di tutta una serie di attività individuali di carattere propulsivo, conoscitivo e di controllo.

L’astensionismo ingiustificato di un consigliere dalle sedute dell’organo è una legittima causa di decadenza qualora l’amministratore mostri disinteresse e negligenza nell’adempiere il proprio mandato, con ciò generando non solo difficoltà di funzionamento dell’organo collegiale cui appartiene, ma violando l’impegno assunto col corpo elettorale che lo ha eletto e che ripone in lui la dovuta fiducia politico-amministrativa.

Diversamente, l’astensionismo deliberato e preannunciato, ancorché superiore al periodo previsto ai fini della decadenza, è da considerarsi uno strumento di lotta politico-amministrativa, a disposizione delle forze di opposizione per far valere il proprio dissenso a fronte di atteggiamenti ritenuti non partecipativi, dialettici e democratici delle forze di maggioranza, a cui non può conseguire la sanzione della decadenza dalla carica di consigliere (TAR Lombardia, sez. Brescia, 10 aprile 2006, n. 383).

In sintesi, le valutazioni che i componenti del consiglio comunale dovrebbero operare con anticipo per deliberare legittimamente la decadenza di un consigliere potrebbero riguardare i seguenti aspetti:

1) immediatezza della contestazione delle assenze in ossequio ai termini contemplati dalla normativa interna;

2) eventuale valutazione delle tardività nella giustificazione da parte del singolo consigliere;

3) eventuale carenza probatoria delle giustificazioni prodotte;

4) valutazione approfondita delle giustificazioni addotte dall’interessato allo scopo di appurare situazioni di disinteresse e negligenza nell’adempiere il mandato, tali da comportare sia delle difficoltà di funzionamento dell’organo collegiale che la violazione dell’impegno assunto col corpo elettorale.

Stefania Fabris


Stampa articolo