Il gestore degli impianti di risalita, cui compete l’obbligo di garantire la sicurezza degli sciatori quando li utilizzano, deve provvedere affinché non vi siano situazioni di pericolo anche lungo le piste di discesa alle quali gli impianti medesimi ineriscono, pure lungo i margini esterni affinché non vi siano intrusioni di sciatori da fuori pista o animali del bosco.

Cassazione penale, sez. IV, sentenza 9 novembre 2015, n. 44796Presidente Romis – Relatore Ciampi


Il caso.

In un Comune dell’Alto Adige uno sciatore che scendeva in neve non battuta all’esterno di una pista da sci vi si era immesso provocando una collisione, con lesioni, con altro sciatore che scendeva lungo la pista medesima. Il Giudice di Pace di Bressanone aveva ritenuto che pur non avendo il gestore dell’impianto e della pista provveduto a installare protezioni laterali, non ne derivavano in capo a lui responsabilità penalmente rilevanti.

La sentenza.

La Corte di Cassazione, avanti la quale la sentenza è stata impugnata, ha ritenuto invece sussistente la responsabilità penale in capo al gestore della pista per non avere adempiuto all’obbligo di porre in essere ogni cautela idonea a prevenire pericoli anche se originati all’esterno della pista medesima e ai quali lo sciatore può andare incontro.

L’affermazione di questo principio trova riferimento nella legge della Provincia autonoma di Bolzano 23 novembre 2010, n. 14, e in particolare nell’articolo 9, c. 1, sull’obbligo delle delimitazioni laterali della pista, e al successivo comma 3, sull’obbligo di adeguate protezioni dell’area adiacente ai bordi della medesima pista in presenza di rischi di pericoli atipici.

Il commento.

L’approssimarsi della stagione degli sport invernali richiama all’attualità il problema della sicurezza nella pratica dello sci.

Prima che divenisse uno sport di massa, quello della neve era praticato da sciatori provetti che scendevano lungo pendii innevati non sempre predisposti, o lungo i boschi percorsi da mulattiere o liberi per radure (1). Anche dove le piste esistevano, i tracciati non erano preparati, e le insidie erano connaturali ad esse. Vi erano infatti condizioni di neve non battuta, dossi, avallamenti, strettoie, che solo gli sciatori provetti potevano affrontare. Se dalle cadute derivavano lesioni, non potevano che imputarle a loro stessi. I rischi erano infatti propri di quello sport, che veniva affrontato senza alcuna attribuzione di responsabilità a terzi (2).

Quando la pratica dello sci si è diffusa, i comuni montani si sono dotati di impianti di risalita e hanno adattato le piste di discesa alle capacità degli sciatori meno esperti. Si è quindi ritenuto che a tutti venisse offerta la possibilità di sciare affidando la sicurezza non tanto alle capacità dello sciatore, quanto alla assenza di difficoltà oggettive, della cui rimozione è stato fatto obbligo al gestore della pista individuato nel gestore dell’impianto di risalita, secondo un concetto di pertinenzialità, essendo ritenuto rapporto inscindibile quello fra salita con un impianto e discesa con gli sci da dove l’impianto conduce (3).

Rapporto di pertinenzialità consacrato dapprima con normative regionali della Lombardia con la L.R. 23 agosto 1985, n. 36, della Toscana con la L.R. 13 dicembre 1993, n. 93, e provinciale della Provincia  autonoma di Bolzano 23 novembre 2010, n. 14, e anche con legge dello Stato 24 dicembre 2003, n. 363.

Con queste leggi sono stati anche individuati criteri e prescrizioni per la costruzione e gestione degli impianti di risalita, e per le caratteristiche delle piste che devono essere tali da garantire condizioni di sicurezza.

La riferita attribuzione della gestione della pista al titolare e gestore dell’impianto di risalita ha comportato l’accentrarsi in capo a questo di responsabilità assai gravose, discutendosi se la responsabilità medesima discende dal contratto di trasporto stipulato con l’acquisto del titolo di viaggio (lo skipass secondo l’uso ormai consolidato) ovvero direttamente dalla legge (per effetto di contatto sociale, che interverrebbe quando lo sciatore raggiunge con mezzi diversi dall’impianto la sommità della pista) (4).

Occorre tuttavia considerare che la sicurezza dello sciatore non può essere affidata alle sole condizioni delle piste da discesa e alle loro protezioni quando non vi siano insidie che il gestore deve rimuovere. Molto dipende dalle capacità dello sciatore, che deve scegliere i percorsi che può seguire secondo la tecnica della quale dispone. Trattasi pur sempre di attività pericolosa, e come tale riconducibile alla norma sulla attribuzione di responsabilità di cui all’articolo 2015 del codice civile. In forza di questa norma, chi cagiona un danno ad altri nell’esercizio di questa attività, per sua natura o per la natura dei mezzi adottati è tenuto al risarcimento se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.

A cagionare danni lungo le discese concorrono, anche in presenza di adeguate protezioni e di perfette condizioni della pista, l’imperizia dello sciatore, e suoi comportamenti. Il maggior numero di incidenti accadono durante il rientro, quando subentra stanchezza e disattenzione, e anche dopo le soste nei rifugi e baretti che stanno ai lati della pista, ove le bevande alcoliche abbondano nell’erroneo convincimento che con esse si affronterebbe meglio la rigidità della temperatura.

Sembra dunque fuori luogo ritenere presunta la responsabilità a carico dei gestori degli impianti di risalita e delle piste ad esse aggregate se prima non si conducono indagini approfondite sui comportamenti, quanto meno per l’individuazione di eventuali concorsi di colpa.

Occorre a questo riguardo considerare che le regole di comportamento, se rispettate, impediscono il verificarsi di gran parte, se non della totalità, degli incidenti, tenuto conto che costituiscono base anche normativa per una corretta pratica dello sci. Regole di comportamento codificate nel Vademecum dello Sciatore che è stato recepito nella legge n. 363/2003, e nel regolamento del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 24 dicembre 2005, n. 299 (5).

Nel caso preso in esame dalla sentenza in commento, è ben vero che la mancanza di protezione esterna alla pista non ha impedito l’intrusione e la collisione con altro sciatore, ma è altrettanto vero che è stata determinante l’imprudenza di chi è entrato nella pista senza accertarsi che vi erano sciatori che scendevano.

Le norme che sopra si sono richiamate, e l’orientamento giurisprudenziale, hanno dunque finito con l’annoverare la pratica dello sci fra le attività di pubblico e generale interesse, e oggetto di particolari tutele. Regime pubblicistico che investe anche la pianificazione del territorio con l’individuazione nei piani urbanistici comunali, e nella pianificazione regionale e provinciale, dei comprensori sciistici, alla cui individuazione viene attribuita dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità, e urgenza, secondo quanto prevede l’articolo 3, c. 3, della più volte richiamata legge n. 363/2003, ai fini delle espropriazioni che si rendessero necessarie per la costruzione degli impianti di risalita e delle piste ad essi collegate (6).

Con questo anche lo sport di svago perde la sua originaria funzione di spassionato divertimento, tanto che pure i Sindaci sono tenuti ad esercitare le loro funzioni di Ufficiali di Governo nella materia della sicurezza pubblica quando ravvisano alcune situazioni e comportamenti di pericolo e di danno alle persone e alle cose (7).

Questo è quanto attende gli appassionati degli sport della neve nella stagione che si sta aprendo.

 


Note.-

1.- I vecchi frequentatori delle Dolomiti ricordano le discese dalla cima della Marmolada a Pian Fedaia, dalle Forcelle del Pordoi e del Sassolungo, o per la pista del Ciampinoi o, ancora, lungo i sentieri che scendono dall’Alpe di Siusi su Ortisei passando per il Maso Pilat.

2.- DEL ZOTTO M. La condotta dello sciatore e l’accettazione del rischio, relazione al Forum Giuridico Europeo della Neve, Bormio, 28, 29, 30 novembre (www.bormioforumneve.eu).

3.- Secondo la legge della Regione Toscana n. 93/1993, all’articolo 10, c. 2, l’esercizio delle piste di discesa è soggetto ad autorizzazione che può essere rilasciata solo in presenza di impianti di risalita funzionalmente collegati alla pista stessa.

4.- L’articolo 3, c. 1, della legge 363/2003, cit. pone a carico dei gestori delle aree sciabili l’onere di assicurare la loro praticabilità in condizioni di sicurezza, senza specificare se gli sciatori sono giunti alla sommità della pista con mezzi diversi dall’impianto di risalita, e da altre località, come accade quando vi sono comprensori molto vasti tra loro collegati (Sella Ronda fra le valli Gardena Badia e Fassa, Versacio e Sesto Pusteria, Civetta fra Alleghe e Val Zoldana, Monte Rosa Ski, La Thuile e il Piccolo San Bernardo anche sul versante francese, e molti altri). Quanto al vincolo contrattuale, ARROYO I. Il contratto di skipass europeo, relazione al Forum Giuridico Europeo della Neve, Bormio, 23-25 novembre 2003 (ivi). Norme analoghe sulla responsabilità del gestore della pista anche se non pertinente all’impianto di risalita, si rinvengono nelle leggi della Provincia autonoma di Bolzano, n. 14/2010, cit. all’articolo 11, e della Regione Toscana n. 93/1993, cit. all’articolo 19.

5.- Decalogo comportamentale dello sciatore sulle piste e segnaletica a cura del Comando Carabinieri (http//www.carabinieri.it/cittadino/consigli/tematici)

6.- BASSANI M. La normativa urbanistica e di tutela ambientale e paesaggistica per la realizzazione delle aree sciabili, Relazione al Forum Giuridico Europeo della Neve, Bormio, 1-3 dicembre 2006 (ivi).

7.- PORTA M. U. Le ordinanze sindacali vietanti o regolanti il fuori pista, Relazione al Forum Giuridico Europeo della neve, Bormio, 28, 29, 30 novembre 2008 (ivi).

 

 

 


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