L’interpretazione dell’art. 8 del d.lgs n. 39 non può essere limitata al mero dato letterale

Tar Lazio, Roma, Sez. III, sentenza n. 6593 del 8 giugno 2016Presidente De Michele, relatore Blanda

A margine

Un soggetto, nominato Commissario di un’azienda sanitaria, impugna i provvedimenti con cui, su impulso dell’A.N.AC., il RPC dell’Amministrazione interessata ha sancito la nullità dell’atto di conferimento dell’incarico per via della violazione dell’art. 8 del D.Lgs n. 39/2013 a mente del quale “Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei cinque anni precedenti siano stati candidati in elezioni europee, nazionali, regionali e locali, in collegi elettorali che comprendano il territorio della ASL”.

L’istante sostiene la legittimità della nomina sul presupposto che le cause di inconferibilità e/o di incompatibilità all’assunzione dell’incarico di Direttore generale presso le ASP non si estenderebbero alla figura del Commissario straordinario, trattandosi di disposizioni restrittive di natura eccezionale che riguarderebbero soltanto i soggetti previsti dalla norma di riferimento, non essendo ammissibile l’applicazione analogica delle norme eccezionali in base all’art. 14 delle preleggi.

Inoltre, le figure del Direttore generale e del Commissario straordinario dell’ASP sarebbero diverse sia per la natura straordinaria di quest’ultimo e per la temporaneità dell’incarico, sia perché differenti sarebbero i requisiti di accesso e le procedure di nomina.

Tra l’altro, a dire del ricorrente, l’A.N.AC. avrebbe esercitato poteri dispositivi, ordinatori e sanzionatori che in realtà non possiede, posto che l’art. 16, co. 3, del d.lgs. n. 39/2013 attribuisce all’autorità una mera funzione consultiva, su richiesta delle amministrazioni e degli enti interessati, sull’interpretazione delle disposizioni contenute nel decreto e sulla loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi.

A tali rilievi si aggiunge l’eccezione dell’illegittimità costituzionale degli artt. 8 – n. 1, 15 – 16 – 17 – 18 – 19 del d.lgs. n. 39/2013 in riferimento agli artt. 3, 24, 51, 97 della Costituzione.

In particolare l’art. 8 del d.lgs. 39/2013, nel sancisce l’inconferibilità degli incarichi di direzione nelle Aziende Sanitarie «a coloro che nei cinque anni precedenti sono stati candidati in elezioni europee, nazionali, regionali e locali», recherebbe una previsione irragionevole e in contrasto con l’art. 51 della Costituzione sul libero accesso di «tutti i cittadini» alle cariche pubbliche elettive ed agli uffici pubblici, violando altresì l’art. 3 della Cost., sì da determinare una disparità rispetto agli altri cittadini.

Nell’accogliere il rilievo di inammisibilità del ricorso, il Tar sottolinea che le deliberazioni dell’A.N.AC. si traducono in un atto di denuncia e/o impulso, o meglio in atti di orientamento per la corretta applicazione della normativa da parte delle amministrazioni soggette a tale potere, mentre, sulla base delle previsioni di cui al D.Lgs n. 39, la competenza in ordine all’attività sanzionatoria risiede esclusivamente in capo al R.P.C. dell’ente interessato.

A questo si aggiunga che la figura del Direttore generale e di Commissario straordinario di una ASL non possono dirsi di natura diversa.

L’art. 8 del D.lgs n. 39 introduce infatti lo strumento della inconferibilità dell’incarico come misura generale a carattere preventivo, volta ad evitare potenziali forme di conflitto d’interesse che possono crearsi fra controllore (organo politico) e controllato (amministrazione o società controllata), al fine di evitare che fra tali soggetti possa configurarsi una eccessiva contiguità, che impedisca o renda assai difficoltoso il raggiungimento degli obiettivi dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa, che costituiscono il cardine dell’organizzazione e dell’attività della pubblica amministrazione.

Tale inconferibilità, tra l’altro, comporta un’esclusione dal conferimento dell’incarico non permanente, ma solo temporanea, sì da impedire che un soggetto, che si trovi in una posizione tale da comprometterne l’imparzialità, possa accedere all’incarico senza che sia trascorso un congruo “periodo di raffreddamento”.

Ne consegue che l’interpretazione dell’art. 8 del d.lgs n. 39 non può essere limitata al mero dato letterale nel senso che le ipotesi di inconferibilità vanno estese anche nei confronti di coloro rivestono un ruolo (solo) “formalmente” diverso rispetto alla figura del Direttore Generale, tanto più nel caso di specie in cui il Commissario Straordinario esercita i poteri del Direttore Generale sostituito.

Da ultimo, posto che la disciplina in parola assolve all’intento di prevenire e contrastare i fenomeni corruttivi ed i conflitti di interesse, salvaguardando l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche, anche le questioni di legittimità costituzionale sollevate si rivelano infondate al confronto con la ratio ispiratrice del d.lgs. n. 39/2013.

Il decreto n. 39 e la legge delega disegnano, infatti, mediante la previsione di regimi di incompatibilità e di preclusione temporanea della possibilità di ricevere nomine (inconferibilità), un vallo che dovrebbe separare, nell’ambito di tutta l’organizzazione della pubblica amministrazione, le cariche politiche da quelle amministrative.

Ne deriva che il sacrificio della posizione giuridica soggettiva dei soggetti interessati risulta circoscritto entro precisi e ragionevoli limiti temporali, così non intaccando il principio generale di libero accesso di tutti i cittadini in condizione di uguaglianza alte cariche elettive ed alle funzioni pubbliche (art. 51 Cost.).

Parimenti, considerato che i candidati ad incarichi pubblici e coloro che hanno espletato incarichi amministrativi o politici assumono una posizione ben distinta rispetto ai comuni cittadini, deve essere esclusa anche la fondatezza della questione di legittimità dell’impianto normativo in relazione all’art. 3 della Costituzione.

Stefania Fabris


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