A fronte di una richiesta, da parte dei consiglieri comunali, di accedere a tutte le spese sostenute dall’ex sindaco, è legittimo il comportamento del comune che, dopo l’invio del prospetto riepilogativo delle spese, chiede agli stessi di precisare meglio le singole voci per cui ottenere i documenti a corredo.

Tar Toscana, sez. I, sentenza 30 marzo 2016, n. 563, Presidente Pozzi, Estensore Grauso


A margine

Nella vicenda, alcuni consiglieri comunali chiedono di ottenere gli atti e/o i documenti riguardanti le spese sostenute dall’ex sindaco nonché copia di tutti i documenti probanti l’erogazione degli importi in questione e gli estratti dei conti correnti, ovvero degli strumenti di pagamento diversi dal denaro, nella disponibilità dello stesso sindaco.

Dapprima il comune rinvia i consiglieri alla consultazione del sito web istituzionale rappresentando che l’ex sindaco non aveva la disponibilità di carte di credito e fornendo, da ultimo, il prospetto riepilogativo di tutte le spese.

I consiglieri, non soddisfatti, ribadiscono di voler prendere visione di tutti i documenti riguardanti le spese e denunciano, davanti il Tar, l’illegittimità del silenzio serbato dal comune chiedendo che venga ordinato all’amministrazione di esibire e/o rilasciare copia degli atti richiesti.

Il comune, costituito in giudizio, eccepisce l’improcedibilità del ricorso affermando che le richieste sarebbero state evase, mettendo i ricorrenti nella condizione di indicare nel dettaglio le voci di spesa relativamente alle quali chiedere la documentazione di corredo.

Ad avviso del Tar, l’invito del comune di segnalare le specifiche voci ricavate dai prospetti per accedere alla documentazione sottostante, fa ritenere la pretesa dei ricorrenti soddisfatta. In particolare, nell’ottica di leale collaborazione fra organi pubblici che deve presiedere all’esercizio del diritto di accesso ex art. 43, c. 2, D.Lgs. n. 267/2000, la mancata immediata ostensione di tutti i documenti sottesi a ciascuna delle numerosissime voci di spesa esibite dal comune non equivale a diniego dell’accesso, ma a un differimento parziale giustificato dalla mole della documentazione potenzialmente interessata e dalla conclamata disomogeneità delle voci di spesa in questione, delle quali non può obiettivamente presumersi che rivestano tutte pari interesse ai fini del controllo spettante al consigliere comunale.

Peraltro, la circostanza che ai ricorrenti sia richiesto di indicare le singole voci di spesa in relazione alle quali avere  riscontro è coerente con la regola secondo cui, nel diritto di accesso, compete al richiedente la selezione preventiva del materiale di proprio interesse in quanto l’accesso non può mai avere finalità solo esplorative, ancorché il diritto sia esercitato da soggetti cui la legge riconosce una legittimazione rafforzata, come i consiglieri comunali.

In effetti gli unici limiti all’esercizio del diritto di accesso dei consiglieri comunali possono rinvenirsi nel fatto che esso deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e, per altro verso, che esso non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative (Cons. Stato, sez. V, 5 settembre 2014, n. 4525; id., 17 settembre 2010, n. 6963).

Pertanto, nella fattispecie in esame, le modalità di accesso individuate dal comune appaiono contemperare in modo ragionevole e adeguato l’interesse all’accesso e l’esigenza di non gravare eccessivamente, e in unica soluzione, sull’apparato amministrativo.

Ciò premesso, il Tar dichiara il ricorso improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse.

 Simonetta Fabris

 


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