IN POCHE PAROLE….

La situazione della candidata in gravidanza al momento dell’accertamento dell’idoneità fisica in un concorso presso la GDF non è assimilabile a quella di chi versa nel medesimo momento in condizioni di infermità.


Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 24 dicembre 2021, n. 8578 – Pres. Lotti, Red. Addesso


La gravidanza è una situazione peculiare del sesso femminile ad evoluzione fisiologica predeterminata e prevedibile, mentre l’infermità è una condizione comune a entrambi i sessi, la cui durata è, sul piano prognostico, non predeterminabile.

A margine

Il Comando Generale della Guardia di Finanza – MEF si appella contro una sentenza del Tar che annulla il provvedimento di esclusione dai candidati “idonei non vincitori” di una procedura di reclutamento per allievi finanzieri per un numero di posti pari a 400 unità, di una candidata in stato di gravidanza nonché la norma del bando che stabilisce che “le concorrenti che…risultano positive al test di gravidanza….sono escluse dalla procedura…laddove lo stato di temporaneo impedimento sussista ancora alla data del 31 agosto 2016”.

Il Giudice di primo grado rileva, in particolare, come la previsione del bando determini, in contrasto con i precetti costituzionali (segnatamente, gli artt. 3 e 51 Cost.) e comunitari (l’art 3, n. 1 della direttiva del Consiglio 76/207/CEE del 9 febbraio 1976 sulla parità di trattamento tra uomini e donne per quanto concerne l’accesso al lavoro), un’inammissibile disparità di trattamento nei confronti di una concorrente che vede così pregiudicata la sua maternità.

Il MEF deduce che, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, l’Amministrazione ha proceduto ad una corretta e puntuale applicazione dell’art 3, comma 3, DM 155/2000 che dispone che l’accertamento nei confronti dei candidati è effettuato entro il termine stabilito dal bando di concorso in relazione ai tempi necessari per la definizione della graduatoria e che le pur legittime esigenze di tutela della maternità devono essere bilanciate con i tempi di svolgimento della procedura a tutela della par condicio dei candidati e del buon svolgimento dell’amministrazione.

La sentenza

Il collegio respinge l’appello evidenziando che sul punto rilevano la Convenzione ONU sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979, l’art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nonché gli artt. 3, 4, 31 e 51 della Cost.

L’impianto normativo, sia nazionale che sovranazionale, è univoco nell’escludere che lo stato di gravidanza possa rappresentare un ostacolo nell’accesso al lavoro o fonte di discriminazione nell’ambito del rapporto lavorativo.

Per tale ragione, il DM 17/05/2000, n. 155 (Regolamento recante norme per l’accertamento dell’idoneità al servizio nella Guardia di finanza) non può che essere letto alla luce delle coordinate sopra richiamate, in quanto volto a garantire l’uguaglianza sostanziale dei candidati che aspirano all’arruolamento in Guardia di Finanza e ad evitare che la gravidanza, di per sé, possa costituire una causa di esclusione dal concorso, e, quindi, fonte di una discriminazione diretta fondata sul sesso, la cui eliminazione si impone come un obiettivo multilivello.

L’uguaglianza sostanziale tra i candidati sarebbe infatti frustrata in via definitiva se lo stato di gravidanza si trasformasse da impedimento temporaneo all’accertamento a causa definitiva di esclusione. Giova, sotto tale profilo, richiamare i principi espressi dalla Corte di Giustizia, secondo cui il rifiuto d’assunzione per motivo di gravidanza può opporsi solo alle donne e rappresenta, quindi, una discriminazione diretta a motivo del sesso (sent. 8 novembre 1990, Dekker, C-177/88, punto 12).

Sotto tale profilo, l’art. 2139 comma 1 bis d. lgs 66/2010 (inserito dall’ art. 28, comma 5, lett. c, d.lgs. 27 dicembre 2019, n. 172) nel prevedere che l’accertamento di idoneità al servizio venga rinviato, per le candidate in stato di gravidanza, e svolto nel primo concorso utile successivo, si limita unicamente a disciplinare e chiarire, sul piano pratico-operativo, la fase posteriore alla cessazione dell’impedimento e le conseguenze dell’esito positivo dell’accertamento successivamente svolto, con riferimento alla frequenza del corso di formazione, agli effetti giuridici ed economici. La citata novella, tuttavia, nulla ha innovato in punto di temporaneità dell’impedimento che, già sulla base del DM 155/2000, non poteva che tradursi in una sospensione dell’accertamento dell’idoneità fino alla cessazione della causa impeditiva.

Sul piano letterale, l’art 3 DM 155/2000 qualifica come impedimento temporaneo solo la gravidanza e solo ai fini dell’accertamento dell’idoneità al servizio, non riferendosi né alle prove scritte che, di per sé, non mettono a rischio la salute della donna e del nascituro, né ad uno stato di infermità la cui durata non è suscettibile di predeterminazione, non trattandosi di uno stato fisiologico ma patologico dell’organismo.

Sul piano sostanziale, è poi chiaro che nel caso di gravidanza al momento delle prove scritte, la tutela non potrebbe essere concessa negli stessi termini, in quanto, da un lato, come già osservato, la prova in sé non costituisce un fattore di pericolo per la salute della donna e del nascituro (in caso contrario, il rischio discenderebbe non dalla prova, ma dallo stato di salute della candidata e integrerebbe una situazione patologica di infermità, insuscettibile di apprezzamento diverso da quella che colpisse qualunque altro concorrente) e, dall’altro lato, il differimento delle prove scritte pregiudicherebbe in via definitiva la par condicio dei concorrenti e il buon andamento dell’amministrazione, vanificando la stessa finalità della procedura.

La diversità di situazioni sopra indicate rende ragionevole, pertanto, la diversità di trattamento, e non è idonea a giustificare l’estensione alla fattispecie per cui è causa dello sbarramento temporale all’accertamento rappresentato dal termine ultimo indicato dal bando.

La situazione della candidata in gravidanza al momento dell’accertamento è, del pari, non assimilabile a quella di chi versa nel medesimo momento in condizioni di infermità, per la considerazione che la gravidanza è una situazione peculiare del sesso femminile, ad evoluzione fisiologica predeterminata e, in linea di massima, prevedibile, mentre l’infermità è una condizione comune a entrambi i sessi, la cui durata è, sul piano prognostico, non predeterminabile.

Da ciò discende che l’applicazione del limite temporale previsto dall’art 3, comma 3, DM 155/2000 esclusivamente a chi versi in stato di infermità non evidenzia alcuna irragionevolezza della disciplina, non determinando alcuna discriminazione nell’accesso all’impiego fondata sul sesso che il comma 2 del medesimo articolo 3 mira ad evitare.

 

 


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