Per i consiglieri comunali non sussiste il diritto di accedere agli atti di società partecipate in misura minima dall’ente locale, non controllate e non esercenti servizi pubblici locali
Consiglio di Stato, sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4403 – Pres. Giaccardi, estensore Spagnoletti
Il caso
La società Autostrade del Brennero Spa ricorre al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza di primo grado del TAR di Trento, n. 305/2012, con cui è riconosciuto a un consigliere del Comune capoluogo il diritto di accedere ai documenti relativi alle tessere di libera circolazione rilasciate dalla società, con indicazione dei beneficiari, dell’ente che provvede al pagamento, e degli importi fatturati a tale titolo nel 2011.
La sentenza di primo grado
L’amministratore delegato della Società, di cui il Comune di Trento detiene il 4,2319% del capitale sociale, nega più volte l’accesso ai propri atti ad un consigliere comunale rilevando che la Autostrade del Brennero Spa:
a) non opera quale concessionario di servizi pubblici locali, affidati in concessione da enti locali detentori di quote azionarie;
b) non rientra nella categoria di enti/aziende dipendenti del Comune, come prescritto dall’art. 13 D.P.Reg. 1 febbraio 2005, n. 3/L, norma che circoscrive l’ambito soggettivo delle entità nei confronti delle quali è esercitabile il diritto di informazione dei Consiglieri.
Il Consigliere impugna i dinieghi all’accesso sul rilievo della propria rivendicata legittimazione, oltre che ai sensi dell’art. 13 D.P.Reg. 1 febbraio 2005, anche dell’art. 33 dello statuto comunale, tenuto conto che la società in parola è partecipata anche dal Comune di Trento.
Il Tar trentino accoglie il ricorso richiamando il predetto diritto di accesso dei consiglieri comunali, come riconosciuto e configurato dalla normativa regionale in analogia alle previsioni di cui all’art. 43 del D.Lgs n. 267/2000.
Il Tar, in particolare, esclude che la natura di persona giuridica privata della società possa ostare all’esercizio dell’accesso, trattandosi comunque di società concessionaria di servizi di rilevanza pubblica, a partecipazione azionaria maggioritaria di enti pubblici, tra cui lo stesso Comune.
Secondo il Tar “non può esistere alcun dubbio sull’esistenza in capo al ricorrente di un interesse qualificato a conoscere l’effettiva diffusione delle tessere di libera circolazione rilasciate per il tratto autostradale di competenza dell’Autobrennero al fine di valutarne l’incidenza anche sugli investimenti economici e sui conferimenti effettuati dal Comune di Trento a favore della società partecipata”.
La sentenza di secondo grado
La Società impugna la sentenza del TAR sottolineando, tra l’altro, che:
1. la normativa regionale citata dal consigliere riconosce il diritto di accesso agli amministratori comunali solo nei confronti di enti e aziende dipendenti del Comune, mentre la Società in argomento si configura quale società mista, sia pure a partecipazione pubblica maggioritaria, che svolge attività imprenditoriale (costruzione e gestione di reti autostradali) e non anche servizi pubblici locali;
2. la Società non è nemmeno controllata in senso tecnico da parte di alcuno dei soci, né tantomeno dal Comune di Trento, che detiene appena il 4,2319% del capitale sociale, né gode di finanziamenti degli enti pubblici soci.
Il consigliere ricorrente, costituitosi nel giudizio d’appello, illustra ulteriormente i propri assunti difensivi come segue:
1. la propria istanza di accesso è formulata con specifico richiamo alla qualità di consigliere comunale, nonché a quella collegata di componente della Commissione consiliare per la vigilanza sulla gestione dei servizi, e in funzione del rivendicato svolgimento del proprio mandato elettivo in ordine alle attività svolte da società a partecipazione comunale (in particolare, al rilascio di tessere di libera circolazione con riguardo alle relative ricadute finanziare);
2. si tratta di esercizio del diritto di accesso riconosciuto ai consiglieri comunali dal decreto del Presidente della Regione 1° febbraio 2005, n. 3/L recante il “Testo unico sull’ordinamento dei comuni della regione autonoma Trentino Alto Adige”, il cui art. 13 stabilisce, in analogia all’art. 43, co. 2, del T.U.E.L. , che “I consiglieri comunali, per l’effettivo esercizio delle loro funzioni, hanno diritto di prendere visione e di ottenere copia dei provvedimenti adottati dall’ente, nonché dalle aziende ed enti dipendenti e degli atti preparatori in essi richiamati, nonché di avere tutti i documenti amministrativi ai sensi dell’art. 22 della legge n. 241/1990 e di tutte le informazioni e notizie in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato”.
Il Consiglio di Stato, investito del ricorso, eccepisce le conclusioni del Tar sostenendo che la sentenza di primo grado avrebbe fondato il riconoscimento del diritto di accesso principalmente sull’anzidetta disposizione regionale, escludendo che potesse assumere rilievo, preclusivo od ostativo all’accesso, la natura giuridica del destinatario della richiesta.
Il giudice di primo grado avrebbe superato erroneamente le obiezioni della società con l’osservazione “che la dipendenza di enti o aziende prevista dall’art. 43, co. 2, T.U.E.L., è rinvenibile anche nel caso in cui l’ente/azienda non sia, interamente o per la maggior parte, controllata dall’ente pubblico, essendo rilevante ai fini dell’ostensibilità de qua, che vi sia denaro pubblico impegnato in un’attività aziendale”.
La quarta sezione del Consiglio di Stato non condivide la risoluzione del giudice di primo grado per le seguenti motivazioni:
a) natura della società
Nello specifico, il CdS sottolinea che la norma regionale richiamata, così come l’analoga disposizione del T.U.E.L., circoscrivono il diritto di accesso dei consiglieri unicamente ad atti, provvedimenti e informazioni riferibili all’ente: si tratta dunque di documenti detenuti dagli uffici comunali, nonché da aziende/enti dipendenti dal Comune.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, inoltre, preclude l’accesso in parola anche la natura della società cui è rivolta l’istanza, posto che trattasi di società non controllata dal Comune, né operante in sfere di attività di competenza comunale e/o locale.
La Società svolge, infatti, attività di concessione relativa alla costruzione e gestione di reti autostradali/infrastrutturali, e, quindi, non esercita alcun servizio pubblico locale.
La predetta Società non può dunque essere qualificata come “ente/azienda dipendente dal Comune”.
b) diritti dei consiglieri
Il CdS non disconosce l’innegabile ampia connotazione dello speciale diritto di accesso dei consiglieri degli enti territoriali.
Precisa, però, che l’estensione del diritto de quo va misurata oggettivamente in relazione alle caratteristiche connesse al mandato elettivo e riferite all’attività propria di uffici, enti ed aziende che esplicano attività amministrative e/o anche di natura imprenditoriale nei settori di attività istituzionale del Comune/Provincia.
Si tratta, in altre parole, di prerogative funzionali a verificare “la correttezza e l’efficacia dell’operato dell’Amministrazione, nonché per esprimere un voto consapevole sulle questioni di competenza del Consiglio, e per promuovere, anche nell’ambito dello stesso Consiglio, le iniziative che spettano ai singoli rappresentati del corpo elettorale locale” (sul punto CdS, Sez. V, n. 6963/2010), anche “verificando e controllando il comportamento degli organi istituzionali decisionali del Comune” (in questo senso CdS, Sez. IV, n. 4855/2006).
Ne consegue che la conoscenza di profili generali di gestione dell’attività sociale non può ritenersi afferente alla sfera di sindacato ispettivo riconosciuta al consigliere comunale per l’espletamento del mandato elettivo.
In più, nel caso di specie, non è nemmeno possibile ampliare l’ambito oggettivo del diritto d’accesso oltre i confini disegnati dall’art. 43 del T.U.E.L. attraverso il richiamo a disposizioni dello statuto comunale concernenti il diritto del consigliere di “ottenere copia degli atti e dei provvedimenti del Comune, dei Consigli circoscrizionali, delle aziende speciali, delle istituzioni, delle società, cui partecipi il Comune”: tale norma, infatti, non può essere riferita a società di cui il Comune non ha il controllo.
Breve commento
La sentenza in commento si inserisce in un quadro giurisprudenziale controverso.
La posizione del consigliere comunale che richieda di accedere ad atti di società partecipate in misura minima dall’ente locale, non controllate e non esercenti servizi pubblici locali, è stata o oggetto di pronunce non univoche del giudice amministrativo (a favore, il Tar Lombardia, Sez. Milano, n. 147/2007, e il Tar Emilia Romagna, n. 169/2013; contrario, invece, il Tar Toscana, n. 2785/2005).
Nello specifico, il Tar Lombardia (sent. n.147/2007), sostiene che, nel caso di società partecipata, ma non controllata, l’ente pubblico impegna nell’azienda denaro pubblico, quindi, anche se esercitata in forma privatistica, la relativa attività è volta al perseguimento di un interesse pubblico ed è, in quanto tale, soggetta ad accesso.
Secondo il Tar Emilia Romagna (sent. n. 169/2013), ai fini dell’esercizio del diritto de quo, è sufficiente l’esercizio, da parte della partecipata, di attività di interesse pubblico riconducibile alle funzioni riconosciute dalla legge e dallo statuto all’ente partecipante.
Il Tar Toscana (sent. n. 2785/2005), invece, è dell’avviso che non sussista il diritto del consigliere di accedere ai documenti di una società partecipata (nella specie, Terme immobiliare di Montecatini Terme) non qualificabile “ente dipendente” ai sensi e pergli effetti della norma di cui all’art. 43, comma 2, del Dlgs. 267/2000. Ciò in quanto l’ampio diritto di accesso riconosciuto al consigliere, diretto a rendere possibile la conoscenza di documenti che potrebebro essere utili all’esercizio del mandato, “può essere fatto valere unicamente nei confronti di quegli organismi che rientrino integralmente nell’ambito istituzionale e amministrativo dell’Ente esponenziale in nome e per conto del quale il mandato rappresentativo viene esercitato”.
Sull’argomento è intervenuta anche la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi con numerosi pareri, nei quali ha affermato che:
– la “dipendenza dal Comune di un ente partecipato non sussiste nei soli casi di sottoscrizione totalitaria del capitale, ma in tutte le ipotesi in cui l’Autorità comunale possa svolgere un ruolo decisionale determinante e vincolante sullo svolgimento dell’attività dell’ente, che non sempre è una società la cui dipendenza possa essere valutata alla stregua della misura della partecipazione al capitale sociale” (parere del 3 novembre 2009, su richiesta del Comune di Belluno)
– “Se il discrimine circa l’accessibilità delle società partecipate è determinato dalla finalità pubblica o privata per la quale è stata istituita, nonché dalla natura della attività esercitata (e cioè se sia o meno di pubblico interesse), la documentazione formata o detenuta da società per azioni a capitale pubblico, partecipata dal Comune, sia pure in misura minoritaria, deve ritenersi, in via di principio, accessibile e che il consigliere comunale, ai sensi dell’art. 43, co. 2, del D.Lgs n. 267/2000, in virtù del proprio munus, può accedere agli atti della società partecipata” (parere del 15 ottobre 2007).
Relativamente ai casi di esclusione dall’accesso, la Commissione ha poi ritenuto non accessibile la documentazione riguardante una SPA a capitale pubblico, quando non attenga al perseguimento del pubblico interesse. La Commissione, in particolare, ha sottolineato che, dato il necessario collegamento tra un intervento finanziario pubblico e il perseguimento di fini d’interesse pubblico, quanto maggiore è la misura della partecipazione pubblica, tanto maggiore deve presumersi il vincolo di strumentalità dell’attività al perseguimento dell’interesse pubblico e, di conseguenza, l’accessibilità degli atti (sul punto Cds n. Sez. VI, 15 maggio 2002, n. 2618).
La Commissione è intervenuta anche in merito alla legittimazione del consigliere affermando che il diritto di accesso non può essere riconosciuto indiscriminatamente per tutti gli atti delle società partecipate dall’ente pubblico, dovendo essere, comunque, correlato all’acquisizione di notizie e informazioni “utili all’espletamento del proprio mandato”.
La Commissione ha, da ultimo, puntualizzato la necessità di operare una valutazione caso per caso in relazione alla tipologia di documenti richiesti, evidenziando la difficoltà di pervenire a conclusioni di carattere generale.
Conclusioni
Riassumendo, per i giudici di Palazzo Spada, il consigliere non può esercitare l’accesso nei confronti di società mista, sia pure a prevalente partecipazione pubblica, di cui il Comune detenga una limitata quota di capitale, tale da non consentirne il controllo, e che non esercita un servizio pubblico locale.
Stefania Fabris – Giuseppe Panassidi