La legge 56 del 7 aprile 2014 c.d. Delrio, per la parte che riguarda le Province (art.1,commi 50/100), esordisce con un “in attesa”. Preludio di un periodo indeterminato legato a tempi tecnici necessariamente lunghi per poter porre mano all’intero Titolo V della Costituzione (uno dei principali obiettivi del Governo Renzi e che costituisce il presupposto logico per ridisegnare il nuovo assetto della politica del territorio e dei servizi nel nostro Paese).

Per il momento la riforma Delrio ci consegna il riordino delle Province, con non poche novità. Per l’immediato la Provincia si configura come ente intermedio (tra Comune e Regione) di pianificazione di area vasta; gli organi di governo dell’ente sono tre (Presidente, Assemblea dei sindaci, Consiglio Provinciale) e il loro mandato viene esercitato senza alcuna indennità aggiuntiva rispetto a quella che deriva loro dallo status di amministratore comunale; l’elezione degli organi è indiretta, corretta con il voto ponderato al fine di garantire la rappresentatività e proporzionalità dei territori facenti parte della Provincia.

Cosa resta della Provincia? Innanzitutto resta l’autonomia statutaria. Non si tratta di una questione marginale. Anzi. La riconosciuta autonomia statutaria rappresenta una forte argomentazione a sostegno dell’inviolabilità dell’art.114 Cost. che qualifica la Provincia come ente costitutivo della Repubblica. Accanto all’autonomia statutaria, la legge Delrio attribuisce alla Provincia il ruolo di ente pianificatore di area vasta. Di fatto la Provincia conserva il ruolo di ente intermedio (tra Comuni e Regione) di pianificazione, collocandosi come snodo delle vocazioni territoriali che dal Comune salgono alla Regione e da questa (sempre passando dalla Provincia) discendono sotto forma di direttive verso i Comuni. Funzione che assolve a mezzo del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP). Questa funzione assorbe i contenuti delle altre funzioni  della Provincia e, tra queste, in particolare, la funzione “tutela e valorizzazione dell’ambiente”  (comma 85, lettera a seconda parte) che promuove il PTCP come piano a valenza paesaggistica. Ulteriormente assorbe le funzioni di“pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale” (comma 85, lettera b), “la programmazione provinciale della rete scolastica” (comma 85, lettera c), “la gestione dell’edilizia scolastica (comma 85, lettera e) che consentono al PTCP di qualificarsi come uno strumento urbanistico di rilevanza importante nell’economia del territorio. Qualifica che si rafforza sempre più nell’emergente quadro di (co)pianificazione che coinvolge i Comuni e le Regioni oltre ai soggetti privati che tutti interagiscono alla luce del principio della sussidiarietà (orizzontale e verticale).

Le funzioni fondamentali della Provincia, previste dalla Legge Delrio,  si completano con l’attribuzione della “raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali” e con “ il controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territori provinciale”.

Relativamente alla “raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali” (comma 85,lettera d), la funzione è letteralmente mutuata dall’art.19, comma 1, lettera f) ed è composta da due distinte funzioni (separate dalla virgola). Esse  interagiscono tra loro con il duplice obiettivo di costituire una banca dati e di metterla a disposizione degli enti locali unitamente ad un’adeguata assistenza tecnico-amministrativa. Stante il ruolo pianificatorio della Provincia, la funzione si esplicita anche nell’elaborazione del Sit che è uno strumento conoscitivo del PTCP. Rientra in questa funzione, quanto previsto dal comma 88 secondo il quale la Provincia può, d’intesa con i Comuni, elaborare le procedure di gara, i bandi, i contratti di servizio ed ogni altra documentazione inerente la materia degli appalti pubblici.

Relativamente al “controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale” (comma 85, lettera f) la funzione, che rientra nella materia lavoro prevista dall’impianto normativo previgente, attualmente si qualifica per l’attenzione che il legislatore riserva al monitoraggio dei fenomeni discriminatori che, oltre ad ostacolare la realizzazione della dignità umana (costituzionalmente protetta), danneggiano l’economia.

Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, attribuiscono le restanti funzioni provinciali (diverse da quelle elencate al comma 85) agli enti territoriali coinvolti nel processo di riordino, mediante intese e convenzioni. Per tale attribuzione il comma 89 ha previsto di individuare per ciascuna funzione, l’ambito ottimale di esercizio sul territorio; assicurare efficacia gestionale nell’esercizio delle funzioni fondamentali da parte dei Comuni e delle Unioni di Comuni ed adottare forme di avvalimento e deleghe per il loro esercizio. Trascorsi i tre mesi previsti dal comma 91, per dar corso a questa disposizione normativa, la Conferenza Unificata Stato/Regioni del 11 settembre 2014, ha stabilito che, relativamente trasferimento delle risorse finanziarie, le Province (anche quelle destinate a diventare Città metropolitane) devono riferirsi ai dati desumibili dai rendiconti di bilancio provinciali dell’ultimo triennio, riferiti esclusivamente alle funzioni trasferite. Relativamente al trasferimento delle risorse umane  (a tempo indeterminato) viene stabilito che esso avvenga rigorosamente nei limiti finanziari concordati e che riguardi tutti i rapporti attivi e passivi, ivi compresi i contenziosi. Per quanto riguarda la definizione delle funzioni amministrative di competenza statale, viene stabilito che, in materia di tutela delle minoranze, sarà compito dello Stato tutelare la lingua, la cultura, le tradizioni locali, anche istituendo appositi istituti culturali. Per quanto riguarda le funzioni amministrative di competenza regionale, stante le specifiche differenze tra Regione e Regione, è stato concordato che, preventivamente, ciascuna Regione provveda a definire l’elenco delle funzioni esercitate dalle rispettive Province.

Cambia molto anche per gli organi di governo dell’ente. Intanto sparisce definitivamente la Giunta, organo di gestione che non trova spazio in un ente con vocazioni prevalentemente di programmazione. Permane il Consiglio drasticamente ridotto nel numero dei suoi consiglieri, resta necessariamente al suo posto il Presidente della Provincia e si insedia, per la prima volta, l’Assemblea dei sindaci con specifiche funzioni (art.54,lettere a, b,c,). Non trascurabile il fatto che le cariche sono esercitate senza alcuna indennità aggiuntiva. L’intera operazione è senza dubbio innovativa. Non si tratta semplicemente di una misura economica mirata a tagliare i costi della politica che, comunque, si traduce in un risparmio di 111 milioni cifrati dalla Ragioneria dello Stato dovuto all’eliminazione  di 3.000 poltrone provinciali. Molto di più. Accanto a questa manovra, che risponde ai criteri della spending review, nasce il nuovo volto dell’intero sistema delle autonomie locali. Ed in questo disegno, la Provincia si configura non più come ente di primo livello, espressione diretta del corpo elettorale, ma ente di secondo livello, comunque rappresentato dal territorio, secondo nuovi criteri di rappresentanza.

Il Presidente della Provincia è eletto tra tutti i Sindaci del territorio e decade dalla carica in caso di cessazione dalla carica di Sindaco. Le modalità di votazione mirano a garantire il principio della rappresentatività dei territori. Gli elettori sono tutti i consiglieri e tutti i Sindaci del territorio, ciascun elettore (con voto segreto) esprime un voto ponderato ai sensi dei commi 33 e 34. Per effetto del voto ponderato risulta che il Sindaco del Comune capoluogo sia arbitro dell’elezione del Presidente della Provincia. Per legge il Presidente rappresenta l’ente, convoca e presiede il Consiglio provinciale e anche l’Assemblea dei Sindaci.  Il Presidente sovrintende al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti. Infine il Presidente esercita le altre funzioni attribuite dallo Statuto.

Il Consiglio provinciale è composto da 10 a 16 membri. Il Consiglio provinciale è eletto dai Sindaci e dai consiglieri comunali del territorio provinciale e solo questi possono essere eletti consiglieri provinciali.  Il Consiglio provinciale è l’organo di indirizzo e di controllo dell’ente. Propone all’Assemblea dei Sindaci lo Statuto, approva i piani, i programmi e i regolamenti ed approva ogni altro atto sottoposto dal Presidente della Provincia, esercita altre funzioni attribuite dallo Statuto. Compete sempre al Consiglio provinciale, su proposta del Presidente, adottare gli schemi di bilancio ed approvare definitivamente gli stessi, dopo aver acquisito il parere obbligatorio formulato dall’Assemblea dei Sindaci a maggioranza qualificata (un terzo dei Comuni appartenenti al territorio provinciale e la maggioranza della popolazione complessiva residente).

L’Assemblea dei Sindaci, costituita dai Sindaci di tutti i Comuni del territorio provinciale ha il potere di adottare, modificare e respingere lo Statuto proposto dal Consiglio. Così come per la formulazione del parere sui bilanci, anche per questa funzione, necessita la maggioranza qualificata (voto che rappresenti un terzo dei Comuni del territorio provinciale e la maggioranza della popolazione complessivamente residente). Inoltre l’Assemblea dei Sindaci ha poteri propositivi e consultivi e di controllo secondo quanto stabilito dallo Statuto.

Considerazioni finali

Ha ancora senso parlare di Provincia? E’ questa la domanda che si registra sui tavoli di lavoro della politica e tra i cittadini. E come mai , nonostante i tanti tentativi di soppressione, questo ente rivela un’ inaspettata vitalità? Le risposte sono tante e diverse (non è questa la sede per trattarle), ma vi è un filo conduttore che le lega tutte e si materializza in un diffuso concetto che si annida nell’immaginario collettivo che fa della Provincia il luogo dove si curano tutti gli interessi che non possono essere curati dal Comune, stante la loro natura di interessi sovra comunali, e nemmeno dalla Regione perché troppo lontana. Con un’espressione figurata: la Provincia è nel DNA del cittadino a partire dalla targa automobilistica e dall’elenco telefonico. Questa considerazione ci porta a distinguere tra ambito territoriale provinciale ed ente Provincia. Ed è quest’ultimo che viene messo in discussione. Così come confermato, in sede di presentazione in aula del Ddl Delrio da parte del Sottosegretario di Stato per gli Affari regionali Gianclaudio  Bressa “…la dimensione di area vasta diventa di fatto l’unico ente riconosciuto intermedio, o meglio l’ente prevalente intermedio tra comune e regione per l’attività di regolazione e gestione” (Resoconto stenografico dell’assemblea. Seduta n.203 di mercoledì 2 aprile 2014). Se ne deduce che il legislatore ha inteso superare il modello “provincia”, di derivazione napoleonica adottato dallo Stato italiano all’indomani dell’unificazione italiana, non già il nucleo delle sue funzioni principali che possono essere esercitate da autorità di ambito territoriale in modo più rispondente alle vocazioni territoriali. Argomentazione ribadita dallo stesso Sottosegretario presentatore del Ddl  con queste testuali parole “la provincia non è più tale in ragione di una dimensione geografica (…) ma è tale in ragione delle funzioni i area vasta (…) che è chiamata a rappresentare (…) che i comuni non possono rappresentare e che le regioni non è giusto rappresentino (…). In definitiva la questione “Provincia” si configura, ora, come questione “ente di area vasta”.In quest’ottica l’impianto della legge 56/2014 potrebbe costituire l’occasione per avviarci verso la realizzazione della Repubblica delle autonomie di cui all’art. 5 della Costituzione, nel cui quadro la funzione fondamentale di pianificazione di area vasta (quella esercitata dalla Provincia e dalla Città metropolitana) assume primario rilievo.In altre parole, non importa se il termine provincia è destinato a scomparire, ciò che conta è che venga preservata la funzione fondamentale della Provincia che pare imprescindibile per una corretta politica del territorio e dei servizi. Una funzione di pianificazione urbanistica, esercitata da un unico ente intermedio, che necessariamente interagisca con gli altri soggetti pianificatori in un sistema di (co)pianificazione basato sui principi di sussidiarietà (orizzontale e verticale), differenziazione ed adeguatezza.

Lorenzo Camarda


Stampa articolo