Il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale non ha natura sanzionatoria, ma di prevenzione.

In caso di annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento di scioglimento del consiglio comunale per asserite infiltrazioni mafiose, il Sindaco illegittimamente rimosso ha titolo per chiedere e ottenere il risarcimento dei danni sia patrimoniali che non patrimoniali subiti.

Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio – Sezione I ter – 15 luglio 2013, n. 7040Pres. Sandulli, Est. Tricarico.

Il caso.

La parte ricorrente ricopriva la carica di Sindaco di un Comune, il cui consiglio comunale era stato sciolto con provvedimento 9 luglio 2003 per infiltrazione mafiosa, derivata da ritenuti collegamenti diretti e indiretti tenuti da suoi componenti. A supporto del provvedimento, il Ministero dell’Interno aveva a questo riguardo rilevato che da quei collegamenti derivava grave pregiudizio allo stato della sicurezza pubblica, svilimento delle istituzioni, e perdita di prestigio e credibilità degli organi istituzionali.

Il TAR del Lazio, investito del ricorso che il Sindaco deposto aveva promosso avverso il provvedimento, lo annullava con sentenza 11 novembre 2003, n. 9799, confermata dal Consiglio di Stato con decisione 17 luglio 2004, n. 5164.

Vista la sentenza, il Sindaco adiva nuovamente il giudice amministrativo per ottenere il risarcimento dei danni che aveva subito, derivati dalla lesione del diritto alla reputazione, al decoro, e all’onore, nonché del diritto alla vita di relazione, con conseguente danno esistenziale per violazione del diritto all’identità personale, e alla salute psicofisica. A questi si aggiungono i danni materiali per la perdita dell’indennità di funzione non più percepita per effetto dello scioglimento degli organi comunali.

Il TAR ha accolto il ricorso con la sentenza in esame con condanna dell’Amministrazione dell’Interno al risarcimento dei danni sia patrimoniali che esistenziali.

La sentenza

La condanna dell’Amministrazione al risarcimento, con le statuizioni della parte dispositiva, si regge su una pluralità di motivazioni:

. pur non avendo il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale natura sanzionatoria, non viene meno l’interesse dei suoi componenti alla sua rimozione, e al risarcimento dei danni subiti, soprattutto da parte del Sindaco per la sua figura preminente e rappresentativa dell’amministrazione governata;

. nei due gradi di giudizio che hanno condotto all’annullamento del provvedimento, è stata rilevata carenza di istruttoria e compiuto travisamento dei fatti;

. il danno arrecato al Sindaco ricorrente deriva dagli effetti prodotti dal provvedimento al tempo della sua vigenza, per la particolare figura rivestita, avuto riguardo alla risonanza dell’evento presso la pubblica opinione;

. nell’adozione del provvedimento si ravvisa colpa dell’Amministrazione per non avere svolto con diligenza tutti gli accertamenti che la gravità del caso imponeva;

. la lesione dei diritti, come evidenziata nel ricorso, vi è stata, e deve esservi risarcimento, sia per il danno patrimoniale, che per quello esistenziale.

Il commento.

La sentenza annotata, omettendo di considerare che potevano sorgere problemi di giurisdizione, peraltro non avvertiti dalle parti per via della asserita lesione di diritti come sopra elencati e classificati, affronta preliminarmente il problema della natura del provvedimento di scioglimento del consiglio comunale, risolvendolo con un inciso di sintesi: “(…) va in primo luogo evidenziato che l’assunta natura non sanzionatoria del provvedimento di scioglimento del Consiglio comunale, ecc. (…)”. Problema di non poco rilievo, secondo un orientamento recentemente ribadito dalla Terza sezione del Consiglio di Stato 28 maggio 2013, n. 2895. In essa viene appunto affermato che da una corretta lettura dell’articolo 143, commi 1 e 2, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale per le ragioni ivi previste, non ha natura sanzionatoria, ma preventiva. Così si legge: “(…)  l’articolo 143, nel disciplinare la potestà di scioglimento per infiltrazioni mafiose, adopera una terminologia ampia eindeterminata. In tal modo il legislatore permette indagini sulla sussistenza di rapporti tra gliamministratori e la criminalità organizzata, sulla scorta di circostanze che presentino un grado di significatività e di concludenza serio, pur se di livello inferiore rispetto a quello che legittima l’azione penale o l’adozione di misure di sicurezza (…)”.

In definitiva, quindi, non si tratta di sanzionare fatti commessi per i quali provvede la legge penale, ma di evitare che le infiltrazioni portino all’adozione di atti amministrativi censurabili sotto una pluralità di aspetti.

Anche sotto il profilo così individuato, dal provvedimento di scioglimento discendono pur sempre, se illegittimo, aspetti lesivi in capo ai componenti dell’assemblea elettiva, e ancor più in capo al Sindaco anche per la sua esposizione mediatica, e per le considerazioni fondatamente negative che ne possono trarre gli elettori.

Accertato che il provvedimento di scioglimento è stato dichiarato illegittimo, il TAR lo ritiene produttivo di danni perché ha ravvisato colpa dell’Amministrazione per non avere attentamente valutato, se non addirittura omesso di valutare, i fatti che l’hanno indotta provvedere.

Per il  profilo di risarcimento dei danni provocati da atti illegittimi della pubblica amministrazione, è sufficiente ricordare il dibattito sia in dottrina, che in giurisprudenza, sul ruolo della colpa, della sua graduazione, e sui suoi  presupposti, nell’attribuzione di responsabilità produttrice di danni risarcibili, avviato dalla sentenza delle Sezioni Unite numero 500 del 1999 in tema di risarcimento della lesione di interessi legittimi, anche pretensivi. Sul punto la sentenza in commento è puntuale nella individuazione dei presupposti costituenti un comportamento colpevole, come più sopra riferiti.

Quanto ai danni, trattandosi di lesione di diritti della persona e dello ius ad officia sono dovuti proprio per la natura dei diritti medesimi.

Per i danni d’ordine patrimoniale, la loro individuazione è stata agevole: l’interruzione dell’esercizio del mandato ha comportato, nella prospettazione della sua durata naturale, il venir meno del reddito corrispondente (indennità di carica e di fine mandato), calcolato in base al momento in cui il mandato medesimo è stato interrotto.

La sentenza ha attribuito il risarcimento anche dei danni non patrimoniali, in quanto il provvedimento di scioglimento, pur essendo stato rimosso solo dopo sei mesi dalla sua adozione e applicazione per effetto dell’annullamento in sede giurisdizionale, ha comportato lesione al decoro, alla reputazione, all’onore, con un forte impatto negativo nella vita di relazione. Questo profilo di danno non patrimoniale già era stato affrontato dal Consiglio di Stato con la sentenza 28 febbraio 2011 della quinta sezione, che aveva attribuito questo tipo di risarcimento anche in caso di lesione di interessi pretensivi (il caso deciso riguardava un immotivato e pretestuoso ritardo nel rilascio di un permesso di costruire).

La sentenza in esame segna un ulteriore passo per il riconoscimento pieno del diritto al risarcimento a fronte di atti illegittimi della pubblica amministrazione.

 Mario Bassani


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