Uno degli obiettivi al quale la  Rivista intende dare il suo contributo è quello di una nuova e “vera” Carta delle Autonomie locali. L’ attuale Testo unico del 2000 è  superato, non soltanto perché esso è stato modificato più volte e stravolto da interventi settoriali e disorganici, ma per ragioni più profonde, tra le quali:

a) Questo Testo unico non è in armonia con le norme del Titolo V della Costituzione, modificato in modo impreciso nel 2001;

b) Non è – per ragioni opposte – in armonia con l’ articolo 5 della Costituzione, che ha stabilito non solo il “riconoscimento”, ma il “promuovimento” delle Autonomie locali, ed ha anche precisato che la  Repubblica avrebbe dovuto adeguare i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’ autonomia e del decentramento;

c) Questo Testo unico non ha difeso le Autonomie locali dalle leggi statali, che anche recentemente hanno stabilito che gli ordinamenti degli Enti locali avrebbero dovuto “adeguarsi” a queste leggi, qualificate genericamente come leggi di principio;

d) Non ha difeso le Autonomie locali dalle leggi regionali, che hanno sempre di più limitato lo spazio normativo ed amministrativo degli Enti locali, ed in taluni casi hanno addirittura sottratto ai Comuni la potestà di emanare i regolamenti edilizi, sostituiti da “piani delle regole”, subordinati gerarchicamente ai piani regionali;

e) Non ha registrato la nuova posizione delle Province, ed ha ignorato i nuovi principi comunitari in materia di concorrenza e di ambiente;

f) Non ha risolto i problemi relativi alla posizione del Segretario e dei Dirigenti, e dei loro rapporti.

In conseguenza, questo Testo unico del 2000, anche se esso – come la Legge n. 142/1990 – ha costituito un elemento positivo rispetto alle precedenti e verticistiche leggi comunali e provinciali, fa ora parte del cimitero delle leggi del nostro tempo.

L’ obiettivo di una nuova e “vera” Carta delle autonomie deve essere perseguito con priorità. Anche in passato le stesse leggi comunali e provinciali hanno avuto una scansione temporale per il loro cambiamento (1865, 1889, 1901, 1915, 1934), come se vi fosse un tempo per l’ aggiornamento del “vestito normativo” degli Enti locali. Il vigente Testo unico sull’“ordinamento” degli Enti locali è del 2000, siamo ora nel 2013, il vigente tempo del diritto corre più veloce rispetto a quello del passato, ed è quindi necessario un radicale cambiamento di questo fragile, e per molti punti superato, Testo unico del 2000.

E’ errato sostenere che prima dovrebbe essere riformata la Costituzione. Gli Enti locali costituiscono un “ordinamento”, che è “autonomo”, e che è “riconosciuto” dall’articolo 5 dei “Principi fondamentali” come precedente allo Stato. L’“ordinamento” degli Enti locali  ha una priorità dal basso, temporale e di contenuto, rispetto alle altre leggi statali (tra le quali le stesse Parti della Costituzione successive ai “Principi fondamentali”) che hanno l’ obbligo di “promuovere” le Autonomie locali. La tesi che bisogna prima modificare il Titolo V della  Costituzione è soltanto una scusa per rinviare la riforma delle Autonomie locali ad un futuro con distanze stellari.

Il cambiamento che deve essere realizzato è un cambiamento reale e “vero”, del tutto diverso dalle proposte di altri Testi normativi, Carte, Federalismi, ecc., che – anche se animati da buone intenzioni – si sono rivelati tecnicamente scoordinati, e “pasciuti di fumo e nutriti di vento”. Il cambiamento reale e concreto deve realizzare una nuova e “vera” “Carta delle Autonomie locali”, che abbia una nuova struttura, che sia composta da principi (e quindi breve), e che abbia – come punti di riferimento – la “Carta europea delle Autonomie” ed i “Principi fondamentali” (articoli 1 – 12) della Costituzione italiana.

La Rivista Moltocomuni darà il suo contributo a questo impegnativo obiettivo, fermerà di volta in volta l’attenzione sulla legislazione, statale e regionale, approfondirà i problemi, analizzerà le proposte che saranno avanzate, e valuterà le decisioni giurisprudenziali. Le considerazioni e le tesi contenute nelle Rubriche della Rivista non saranno condizionate da alcuno e saranno quindi libere, e sarà svolto un costante e schietto dialogo con gli Amministratori locali e con tutti coloro che – anche in questi tempi opachi – hanno la ferma consapevolezza che l’“amministrazione pubblica” è “pubblica”, perché è di tutti.

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