E’ illegittima l’ordinanza che dispone il divieto di accesso agli impianti sportivi adottata senza avviso di avvio del procedimento, per asserita urgenza di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica.

Tar Campania 30 maggio 2013 n.2824, Pres. Cernese, Est. Nunziata

La risoluzione del Parlamento Europeo dell’11 maggio 1985 sulle misure necessarie per combattere il vandalismo e la violenza nello sport ha attribuito al Questore il potere di inibire immediatamente l’accesso ai medesimi luoghi nei confronti di chi sia risultato coinvolto in episodi in violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive

Su queste basi, l’art. 6, co. 1 della legge 13 dicembre 1989 n. 401 dispone che “nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per uno dei reati di cui all’art. 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975 n. 110 … ovvero per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive…. il Questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive”.

La norma, introdotta soprattutto per contrastare il fenomeno della violenza negli stadi durante le manifestazioni calcistiche, è stata più volte modificata nel corso degli anni, fino ad essere estesa anche agli incontri disputati all’estero (decreto legge n.162 del 2005, convertito dalla legge n. 210 del 17 ottobre 2005).

Si tratta di una misura di prevenzione “atipica” , applicata a persone che abbiano manifestato una pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica con riferimento ai luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive, avente carattere amministrativo, sebbene sia spesso correlata ad una comunicazione di notizia di reato.

Può operare anche nei confronti di soggetti minorenni, che abbiano compiuto il quattordicesimo anno di età: in questo caso, il divieto è notificato a coloro che esercitano la potestà genitoriale o la tutela.

Il Daspo può essere emesso:

a) nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi 5 anni per uno dei seguenti reati:

• reati di cui all’art.4, commi 1 e 2 della legge 18 aprile 1975 n. 110 (porto d’armi od oggetti atti ad offendere);

• reati di cui all’art.5 della legge 22 maggio 1975 n. 152 (uso di caschi protettivi od altro mezzo idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona);

• reati di cui all’art.2, comma 2 del decreto legge 26 aprile 1993 n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 (esposizione o introduzione di simboli o emblemi discriminatori o razzisti);

• reati di cui all’art.6 bis, commi 1 e 2 e all’art.6 ter della legge 13 dicembre 1989 n. 401 (lancio di oggetti idonei a recare offesa alla persona, indebito superamento di recinzioni o separazioni dell’impianto sportivo, invasione di terreno di gioco e possesso di artifizi pirotecnici).

b) nei confronti di chi abbia preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive o che abbia, nelle medesime circostanze, incitato, inneggiato, o indotto alla violenza.

Il Daspo viene emesso dal questore o dall’autorità giudiziaria (in questo caso con la sentenza di condanna per i reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive) e la sua durata varia da uno a cinque anni, nella prima ipotesi, o da due a otto anni, se emesso dall’A.G.

Il provvedimento può comportare l’ulteriore l’obbligo di presentazione in un ufficio o comando di polizia durante lo svolgimento di manifestazioni specificatamente indicate.

Tale prescrizione, comportando una limitazione della libertà personale dell’interessato, è sottoposta alla procedura di convalida del provvedimento stesso davanti al gip competente, sulla base del luogo dove ha sede l’ufficio del questore che ha emesso il provvedimento.

Trattandosi di un peculiare potere che discende dall’esigenza di tutelare prontamente l’ordine pubblico, di garantire il regolare svolgimento delle manifestazioni sportive e di evitare che chi sia risultato coinvolto in un precedente episodio torni a frequentare i luoghi ove esse hanno luogo, è necessario che il Questore, allorché dispone l’interdizione ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, indichi in modo specifico le competizioni agonistiche e i luoghi (diversi dagli stadi di calcio e coincidenti con quelli interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di persone che partecipano od assistono alle competizioni) ai quali si estende il divieto.

Il principio di tassatività correlato al provvedimento garantisce un corretto bilanciamento tra gli interessi coinvolti dalla misura interdittiva, ossia tra l’esigenza di mantenimento dell’ordine pubblico, mediante misure ostative alla partecipazione a tali eventi di coloro che si siano resi autori di condotte violente, e la compressione del diritto di quest’ultimi di poter liberamente circolare sul territorio nazionale.

Vi è, poi, un’esigenza di razionalità del divieto e pertanto di esigibilità del rispetto del comando il quale, ove non chiaramente e specificamente enunciato, perderebbe tale qualitas rimanendo, di fatto e di diritto, sfornito di efficacia precettiva e rendendo, di conseguenza, inapplicabili le misure restrittive previste.

Inoltre, l’applicazione dell’interdizione ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive non può prescindere dall’osservanza delle norme del procedimento poste a tutela degli interessi del destinatario e a garanzia del principio di partecipazione del privato al procedimento amministrativo, ciò indipendentemente dalla pretesa esigenza di celerità di tali provvedimenti.

E’ essenziale, pertanto, la comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo ai sensi degli artt.7 e 8 della legge n.241 del 1990, tranne nei casi di ritenuta necessità ed urgenza ai fini della tutela ed il ripristino dell’ordine e della sicurezza pubblica che dovrà essere, però, adeguatamente motivata nel provvedimento.

Gli altri presupposti necessari per l’emissione del provvedimento sono:

• corretta identificazione e generalizzazione del soggetto, operata tramite un valido documento di riconoscimento, l’interrogazione alla banca dati dell’anagrafe comunale, il fotosegnalamento, il verbale di dichiarazione sull’identità personale o elezione di domicilio, allegato a corredo della proposta di emissione del Daspo;

• sussistenza di un fatto-reato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero, per le fattispecie specificatamente indicate dalla legge, nelle 24 ore precedenti o successive allo svolgimento delle stesse, sempre in relazione e nei luoghi in cui si svolgono le competizioni, nonché in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che vi partecipano o assistono o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi;

• accertata pericolosità per l’ordine e la sicurezza pubblica del soggetto con riferimento all’accesso alle manifestazioni sportive o ai luoghi connessi alle stesse (che dovrà necessariamente attentamente motivata, soprattutto nel caso in cui sia prescritto anche l’obbligo di presentazione dell’interessato all’ufficio o comando di polizia, da sottoporsi a essere convalida del gip competente);

• informativa di reato completa di tutti gli allegati (annotazioni, verbale di arresto, perquisizione e sequestro, fotosegnalamento o copia del documento di identità, elezione di domicilio), incluso l’esito del processo per direttissima in caso di arresto.

Relativamente ai limiti di operatività del daspo, si osserva incidentalmente che il Tar del Lazio – sezione staccata di Latina, con sentenza n. 478/2013, ha evidenziato l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio del potere di cui all’art. 6 co.1 della legge 13 dicembre 1989 n. 401 nel caso della partecipazione non autorizzata ad una manifestazione di protesta contro la decisione di far svolgere a porte chiuse un incontro di calcio, non ravvisandovi ex se un episodio di violenza su persone o cose, vieppiù ove i partecipanti non abbiano riportato denuncia o condanna per alcuno dei reati individuati dalla norma.

Il Consiglio di Stato, in altra vicenda, (sez. III, sentenza n. 4544 del 13 settembre 2013) ha confermato il daspo comminato a tifosi che si proponevano di presentarsi in massa all’ingresso dello stadio tentando di entrarvi benché privi sia del biglietto che della tessera del tifoso, nonché in possesso di materiale pirotecnico vietato (nella caso trattato, alcuni supporters patavini erano fermati dalla Polizia mentre erano a bordo di un pullman diretto a Castellammare di Stabia per assistere all’incontro di calcio Juve Stabia – Padova).

La Corte ha evidenziato la sussistenza dei presupposti per l’addebito di una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica: “non ci si può infatti nascondere – trattandosi di fatti notori – che fra i comportamenti usuali, anzi tipici, dei c.d. ultras (specie in trasferta) vi è quello di presentarsi ai cancelli dello stadio, in massa o comunque in gruppi organizzati, per creare condizioni nelle quali gli addetti al controllo e le autorità preposte siano costrette a scegliere fra consentire loro pro bono pacis l’ingresso, ovvero correre il rischio che mantenuti forzatamente all’esterno quelli sfoghino la loro delusione e la loro aggressività creando disordini e tafferugli con la tifoseria avversare”.

Da ciò discende che l’indisponibilità dei titoli per l’accesso allo stadio, la consapevole impossibilità di procurarseli, l’aver affrontato un lungo viaggio a bordo di un pullman appositamente noleggiato, confidando sulla possibilità di eludere i controlli avvalendosi della forza intimidatoria del numero (salvo alimentare disordini all’esterno dello stadio, in caso di rifiuto), nonché l’essere stati denunciati per il possesso di artifizi pirotecnici vietati pone i supporters nella condizione di subire il provvedimento di divieto di accesso agli impianti sportivi.

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Al di là dei requisiti formali, che pure costituiscono elementi essenziali del provvedimento (indicazione dell’autorità emittente, generalità complete del soggetto sottoposto a Daspo, estremi della informativa di reato, esposizione dei dei fatti-reato commessi, indicazione dell’avviso di avvio del procedimento amministrativo, con specificazione della data della notifica, specificazione dei luoghi ai quali il divieto di accesso è esteso, per lo stesso arco temporale, ecc.), la giurisprudenza sottolinea che il Daspo adottato dal questore è un provvedimento che proviene da un’autorità amministrativa e presuppone, pertanto, un apposito procedimento amministrativo, caratterizzato in primo luogo dall’avviso dell’avvio del procedimento (art.7 della legge n. 241 del 1990), al fine di garantire all’interessato la possibilità di presentare, nei successivi 15 giorni, memorie difensive, prima dell’emissione del provvedimento.

La normativa prevede altresì che nei casi in cui il Daspo debba essere emesso in via di urgenza possa ovviarsi alla comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo, fatta salva per l’interessato la possibilità di dare corso alle azioni previste per l’annullamento del provvedimento per la ritenuta assenza di urgenza nell’emissione del Daspo e per difetto quindi di procedura: ciò che non deve mancare è in questo caso un’articolata e specifica motivazione della gravità del fatto, della pericolosità del soggetto e dell’esigenza di tutelare o ripristinare immediatamente la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica

Permane, tuttavia, un orientamento alquanto restrittivo in giurisprudenza sulla possibilità di ammettere l’emissione di un provvedimento di Daspo senza l’avviso dell’avvio del procedimento, ritenuto invece assolutamente necessario.

Sul punto, l’indirizzo giurisprudenziale non sembra univoco ed accade sovente, come nel caso in esame, che venga ritenuta illegittima tout court l’ordinanza che dispone il divieto di accesso agli impianti sportivi adottata senza avviso di avvio del procedimento, a prescindere dalla sussistenza di una situazione di necessità ed urgenza per la sicurezza.

Il pronunciamento del tribunale amministrativo campano si pone sulla scia di precedenti conformi sull’argomento (TAR Lazio, Roma, I-ter, 11.7.2011, n. 6136; T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 16.6.2009, n. 4022; parere del Consiglio di Stato n. 1162 del 2012).


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