IN POCHE PAROLE…

Le modifiche al d.lgs. n.159 del 2011 in materia di interdittive antimafia e le nuove misure amministrative di prevenzione collaborativa

I documenti

Camera PDL n.3354 del 6.11.2021

Cass pen, sez.I, sentenza n.8084 del 30 gennaio 2020

Cass.pen., sez.II, sentenza n.9122 del 28 gennaio 2021

circ. Gab. Min. Interno n.77635 del 16 novembre 2021

Cons. Stato sez.III sentenza n.715 del 2020

Cons. Stato sez.III sentenza n.820 del 2020

Cons. Stato sez.III sentenza n.4979 del 2020

Cons. Stato sez.VI sentenza n.2569 del 2011

Il d.l. 6 novembre 2021, n.152, rubricato “Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose” e (G.U. serie generale n.265 del 6 novembre 2021) ha introdotto nel sistema delle misure di prevenzione ed in particolare della documentazione antimafia alcune importanti novità, allo scopo di strutturare un nuovo “modello collaborativo” con il mondo produttivo e modulare l’incidenza della misura afflittiva in base all’effettivo grado di compromissione dell’impresa rispetto al contesto criminale.

La riforma è basata su due punti cardine, quali la valorizzazione degli istituti di partecipazione, in aderenza al principio del “giusto procedimento”, riconosciuto anche in ambito internazionale, e l’introduzione di una nuova misura di prevenzione, alternativa all’informazione antimafia, attivabile nei casi in cui l’influenza mafiosa sia solo occasionale.

Nello specifico, il provvedimento introduce al Titolo IV (“Investimenti e rafforzamento del sistema di prevenzione antimafia”) del Capo I alcune significative modifiche al “codice antimafia”, che riguardano gli artt.34 bis, 92 e 93, nonché il ‘nuovo’ art.94 bis del d.lgs. n.159 del 2011, rubricato “Misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale”, ai sensi del quale:

Il prefetto, quando accerta che i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale, prescrive all’impresa, società o associazione interessata, con provvedimento motivato, l’osservanza, per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a dodici mesi, di una o più delle seguenti misure:

a) adottare ed efficacemente attuare misure organizzative, anche ai sensi degli articoli 6, 7 e 24-ter del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale;

b) comunicare al gruppo interforze istituito presso la prefettura competente per il luogo di sede legale o di residenza, entro quindici giorni dal loro compimento, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali conferiti, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, di valore non inferiore a 7.000 euro o di valore superiore stabilito dal prefetto, sentito il predetto gruppo interforze, in relazione al reddito della persona o del patrimonio e del volume di affari dell’impresa;

c) per le società di capitali o di persone, comunicare al gruppo interforze eventuali forme di finanziamento da parte dei soci o di terzi;

d) comunicare al gruppo interforze i contratti di associazione in partecipazione stipulati;

e) utilizzare un conto corrente dedicato, anche in via non esclusiva, per gli atti di pagamento e riscossione di cui alla lettera b), nonché per i finanziamenti di cui alla lettera c), osservando, per i pagamenti previsti dall’articolo 3, comma 2, della legge 13 agosto 2010, n.136, le modalità indicate nella stessa norma.

Il prefetto, in aggiunta alle misure di cui al comma 1, può nominare, anche d’ufficio, uno o più esperti, in numero comunque non superiore a tre, individuati nell’albo di cui all’articolo 35, comma 2-bis, con il compito di svolgere funzioni di supporto finalizzate all’attuazione delle misure di prevenzione collaborativa. Agli esperti di cui al primo periodo spetta un compenso, quantificato con il decreto di nomina, non superiore al cinquanta per cento di quello liquidabile sulla base dei criteri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 4 febbraio 2010 n. 14. Gli oneri relativi al pagamento di tale compenso sono a carico dell’impresa, società o associazione. Le misure di cui al presente articolo cessano di essere applicate se il tribunale dispone il controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 34-bis. Del periodo di loro esecuzione può tenersi conto ai fini della determinazione della durata del controllo giudiziario.

Alla scadenza del termine di durata delle misure di cui al presente articolo, il prefetto, ove accerti, sulla base delle analisi formulate dal gruppo interforze, il venir meno dell’agevolazione occasionale e l’assenza di altri tentativi di infiltrazione mafiosa, rilascia un’informazione antimafia liberatoria ed effettua le conseguenti iscrizioni nella banca dati nazionale unica della documentazione antimafia. Le misure di cui al presente articolo sono annotate in un’apposita sezione della banca dati di cui all’articolo 96, a cui è precluso l’accesso ai soggetti privati sottoscrittori di accordi conclusi ai sensi dell’articolo 83-bis, e sono comunicate dal prefetto alla cancelleria del Tribunale competente per l’applicazione delle misure di prevenzione.”.

Questa disposizione, introdotta dall’art.49 del d.l. n.152 del 2021, rubricato “Prevenzione collaborativa”, accorda al Prefetto la possibilità di ricorrere, allorquando i tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale, a misure amministrative di prevenzione collaborativa, in alternativa all’emanazione di un’interdittiva antimafia.

L’effetto, sostanzialmente in linea con l’istituto del “controllo giudiziario” già positivamente sperimentato in un’ampia casistica, è quello di “attivare un meccanismo che offre la possibilità all’impresa, ritenuta non organica al contesto mafioso, di continuare ad operare con i propri organi sociali, sia pur sotto la stretta vigilanza dell’Autorità statale che deve valutare le misure poste in essere, volte al ripristino di condizioni di piena legalità” (circ. Gab. Min. Interno n.77635 del 16 novembre 2021).

In queste ipotesi, grazie alla novella legislativa, che per effetto di un’apposita norma transitoria è applicabile anche ai procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore del decreto legge, il prefetto potrà prescrivere all’impresa l’osservanza, per un periodo non inferiore a 6 e non superiore a 12 mesi, di una serie di stringenti misure di controllo “attivo” che consentono da un lato alla medesima impresa di continuare a operare e dall’altro all’Autorità statale di vigilare sull’assetto organizzativo e gestionale, anche grazie alla previsione di possibili obblighi di comunicare al gruppo interforze una serie di atti (di disposizione, di acquisto o di pagamento, incarichi professionali conferiti, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, di valore non inferiore a 7.000 euro o di valore superiore stabilito dal prefetto nonché dei contratti di associazione in partecipazione eventualmente stipulati, e nel caso di società di capitali o di persone anche la comunicazione di finanziamenti da parte dei soci o di terzi), compresa l’attivazione di un conto corrente dedicato per le operazioni di natura finanziaria.

Il prefetto , altresì, avrà la possibilità di nominare esperti (di numero non superiore a tre) individuati nell’albo nazionale degli amministratori giudiziari, con il compito di svolgere funzioni di supporto finalizzate all’attuazione delle predette misure. Il provvedimento prefettizio che dispone il controllo amministrativo dell’impresa è annotato in un archivio differenziato dalla Banca Dati Nazionale Unica della Documentazione Antimafia (BDNA), non essendo equiparabile alla comunicazione e all’informazione interdittiva.

Alla scadenza del termine di durata delle misure, ove accerti l’assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa e il venir meno dell’agevolazione occasionale, il prefetto rilascerà un’informazione antimafia liberatoria.

Con l’introduzione di questa nuova misura, si è inteso individuare un proporzionato punto di equilibrio tra i valori costituzionali in gioco, ossia le esigenze di ordine pubblico economico, da un lato, e la libera iniziativa imprenditoriale dall’altro, evitando che quest’ultima subisca una compressione non giustificata dalla finalità del contrasto preventivo alle mafie.

L’art.47 del d.l. n. 152/2021, rubricato “Amministrazione giudiziaria e controllo giudiziario delle aziende”, modifica l’art.34-bis del codice antimafia, rimettendo al Tribunale competente per le misure di prevenzione – ove ravvisi una situazione di agevolazione occasionale – la valutazione in ordine all’opportunità di adottare, in sostituzione della misura amministrativa della prevenzione collaborativa, il provvedimento di nomina di un giudice delegato o di un amministratore giudiziario, ai sensi del comma 2 lett.b) del medesimo articolo.

Nel caso in cui le imprese destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’art.84 co.4 del d.lgs. n.159 del 2011 abbiano richiesto al Tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 dell’art.34 bis, il Tribunale dovrà necessariamente sentire non solo il procuratore distrettuale competente e gli altri soggetti interessati, ma anche il prefetto che ha adottato l’informazione antimafia interdittiva.

L’apertura del contraddittorio anche all’Autorità di P.S. che ha disposto la misura interdittiva non modifica la tendenziale estensione delle maglie di operatività dell’istituto di cui all’art.34 bis co.6 del d.lgs. n.159 del 2011, confermandosi, invece, che rispetto ai tentativi meramente occasionali di infiltrazione mafiosa l’ordinamento deve considerare in termini di approccio differenziato e di sussidiarietà la misura interdittiva, che produce effetti potenzialmente distruttivi per il destinatario che opera nel settore degli appalti pubblici, sulla base della valutazione del “probabile più che non”.

Il provvedimento che dispone l’amministrazione giudiziaria (art.34) o il controllo giudiziario (art.34 bis) ora sospende non solo gli effetti di cui all’articolo 94, ma anche il termine di cui all’art.92 co.2, d.lgs. n. 159 del 2011,  in forza del quale “fermo restando quanto previsto dall’articolo 91, comma 6, quando dalla consultazione della banca dati nazionale unica emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all’articolo 84, comma 4, il prefetto dispone le necessarie verifiche e rilascia l’informazione antimafia interdittiva entro trenta giorni dalla data della consultazione. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne da’ comunicazione senza ritardo all’amministrazione interessata, e fornisce le informazioni acquisite nei successivi quarantacinque giorni. Il prefetto procede con le stesse modalità quando la consultazione della banca dati nazionale unica è eseguita per un soggetto che risulti non censito”.

Lo stesso provvedimento è comunicato dalla cancelleria del tribunale al prefetto dove ha sede legale l’impresa, ai fini dell’aggiornamento della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all’articolo 96, ed è valutato anche ai fini dell’applicazione delle misure di cui all’articolo 94-bis nei successivi cinque anni”.

Ove risultino comminate le misure amministrative di prevenzione collaborativa, applicabili in caso di agevolazione occasionale, il Tribunale valuta, discrezionalmente, se è il caso di nominare un giudice delegato e un amministratore giudiziario, il quale riferisce periodicamente, almeno bimestralmente, gli esiti dell’attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero”.

 

L’art.48 del d.l. n.152 del 2021 (“Contraddittorio nel procedimento di rilascio dell’interdittiva antimafia”) interviene sull’art.92 del d.lgs. n.159 del 2011 modificandone la rubrica (Procedimento di rilascio delle informazioni antimafia” in luogo di “Termini per il rilascio delle informazioni”) e sostituendo il comma 2-bis con i seguenti:

«2-bis. Il prefetto, nel caso in cui, sulla base degli esiti delle verifiche disposte ai sensi del comma 2, ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva ovvero per procedere all’applicazione delle misure di cui all’articolo 94-bis, e non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento, ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa. Con tale comunicazione è assegnato un termine non superiore a venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l’audizione, da effettuare secondo le modalità previste dall’articolo 93, commi 7, 8 e 9. In ogni caso, non possono formare oggetto della comunicazione di cui al presente comma elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose. La predetta comunicazione sospende, con decorrenza dalla relativa data di invio, il termine di cui all’articolo 92, comma 2. La procedura del contraddittorio si conclude entro sessanta giorni dalla data di ricezione della predetta comunicazione”.

“2-ter. Al termine della procedura in contraddittorio di cui al comma 2-bis, il prefetto, ove non proceda al rilascio dell’informazione antimafia liberatoria: a) dispone l’applicazione delle misure di cui all’articolo 94-bis, dandone comunicazione, entro cinque giorni, all’interessato secondo le modalità stabilite dall’articolo 76, comma 6, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, qualora gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale; b) adotta l’informazione antimafia interdittiva, procedendo alla comunicazione all’interessato entro il termine e con le modalità di cui alla lettera a), nel caso di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa. Il prefetto, adottata l’informazione antimafia interdittiva ai sensi della presente lettera, verifica altresì la sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure di cui all’articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.114 e, in caso positivo, ne informa tempestivamente il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. 

2-quater. Nel periodo tra la ricezione della comunicazione di cui al comma 2-bis e la conclusione della procedura in contraddittorio, il cambiamento di sede, di denominazione, della ragione o dell’oggetto sociale, della composizione degli organi di amministrazione, direzione e vigilanza, la sostituzione degli organi sociali, della rappresentanza legale della società nonché della titolarità delle imprese individuali ovvero delle quote  societarie, il compimento di fusioni o altre trasformazioni o comunque  qualsiasi variazione dell’assetto sociale, organizzativo, gestionale e patrimoniale delle società e imprese interessate dai tentativi di infiltrazione mafiosa, possono essere oggetto di valutazione ai fini dell’adozione dell’informazione interdittiva antimafia.»”.

Le norme in commento aderiscono alla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha stigmatizzato la scelta del legislatore che nel d.lgs. n.159 del 2011, in relazione al tema della documentazione antimafia e, più specificamente, della partecipazione al procedimento di rilascio dell’informazione antimafia, ha risolto il bilanciamento tra la tutela dell’ordine pubblico e la libertà di impresa nei termini di un contraddittorio eventuale, rimesso, con l’art.93 co.7, alla prudenziale valutazione del prefetto circa l’utilità rispetto al fine pubblico perseguito. Ad avviso dell’alto Consesso amministrativo, si legge nel disegno di legge per la conversione in legge del d.l. n.152 del 2021, “il principio del giusto procedimento non ha una valenza assoluta, ma ammette deroghe limitate ad ipotesi eccezionali, dovute alla tutela di interessi superiori afferenti alla tutela dell’ordine pubblico e proporzionate alla necessità del caso, che in alcuni settori economici è assai grave per l’elevato potenziale di infiltrazione della criminalità organizzata”.

Lo stesso Consiglio di Stato, nella sentenza n. 820 del 31 gennaio 2020, ha rilevato come il diritto al contraddittorio procedimentale e al rispetto dei diritti della difesa non sia una prerogativa assoluta, ma possa soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti.

In altro pronunciamento (sentenza n. 4979 del 2020) il Consiglio di Stato ha, inoltre, prospettato de iure condendo l’esigenza di individuare un proporzionato punto di equilibrio tra i valori in gioco, evitando un sacrificio del diritto di difesa sproporzionato e non giustificato dalla finalità del contrasto preventivo alla mafia. Con l’occasione, il Consiglio di Stato ha suggerito altresì di valutare una rivisitazione della disciplina delle misure straordinarie di prevenzione della corruzione previste dall’art.32, co.10, del decreto-legge n.90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n.114 del 2014, permettendone l’ammissione, ove possibile, prima e al fine di evitare che si adotti la misura più incisiva dell’informazione antimafia, cui dovrebbe farsi ricorso solo quale extrema ratio in mancanza di alternative convincenti.

Su queste basi viene introdotto il principio del contraddittorio, finora previsto come meramente eventuale, nell’ambito delle attività propedeutiche al rilascio delle informazioni antimafia, con l’effetto di consentire l’acquisizione di maggiori elementi conoscitivi in tutte quelle ipotesi in cui la permeabilità mafiosa appare dubbia o dai contorni non netti, onde valutarne l’effettivo spessore e gravità.  Nel dettaglio, viene previsto che, in assenza di esigenze di celerità o di salvaguardia di procedimenti o attività processuali in corso, all’impresa sotto indagine sia notificato un “preavviso di interdittiva o della misura amministrativa di prevenzione collaborativa” – modellato sulla falsariga dell’articolo 10-bis della legge n.241 del 1990 -, con il riconoscimento di un termine breve (non superiore a 20 giorni) per la richiesta di audizione e la produzione di memorie esplicative da parte dell’impresa destinataria. Il preavviso di interdittiva deve essere notificato all’impresa cui si riferiscono gli accertamenti, consentendo ai potenziali destinatari delle decisioni prefettizie di manifestare ulteriormente il proprio punto di vista, se del caso prospettando anche gli eventuali interventi di self-cleaning in corso di adozione. La procedura del contraddittorio si conclude entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione da parte della impresa.

Il previgente assetto statuiva la comunicazione dell’informazione antimafia interdittiva da parte dal prefetto entro cinque giorni dalla sua adozione, all’impresa, società o associazione interessata, la correlata verifica della sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure di cui all’art.32 co.10 del d.l. 24 giugno 2014 n.90 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.114) e, in caso positivo, la tempestiva informazione da rendere al Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.

In forza della modifica introdotta il prefetto, nel caso in cui, sulla base degli esiti delle verifiche disposte, ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione dell’informazione antimafia interdittiva ovvero per procedere all’applicazione delle misure di cui all’art.94-bis, e non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento, ne dà tempestiva comunicazione al soggetto interessato, indicando gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa fermo ed assegnando un termine non superiore a venti giorni per presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da documenti, nonché per richiedere l’audizione. In ogni caso, tuttavia, al fine di non compromettere la funzionalità dell’istituto, non possono formare oggetto di comunicazione (e pertanto vanno ‘espunti’) gli elementi informativi il cui disvelamento sia idoneo a pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri accertamenti finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose (art.92 co.2 bis del d.lgs n.159 del 2011).

La comunicazione sospende, con decorrenza dalla relativa data di invio, il termine di cui all’art.92 co.2 del d.lgs. n.159 del 2011, mentre la procedura del contraddittorio si conclude entro sessanta giorni dalla data di ricezione della predetta comunicazione, con un termine da ritenersi ordinatorio e non perentorio, non essendo prevista nessuna conseguenza nel caso di sua mancata osservanza termine.

“Rimane aperta la possibilità di omettere la comunicazione di avvio del procedimento ove ricorrano particolari esigenze di celerità, poiché, come più volte evidenziato dal Consiglio di Stato, il principio del contraddittorio non ha una valenza assoluta, ma ammette deroghe a tutela di interessi superiori afferenti all’ordine pubblico e secondo un principio da valutare alla stregua del caso concreto, considerato l’elevato potenziale infiltrativo che connota le consorterie mafiose specie in alcuni settori economici. Potrebbero, al riguardo, venire in rilievo ipotesi – già vagliate positivamente dal Consiglio di Stato con riferimento ad altre materie, tra cui i provvedimenti di divieto detenzione armi ex art.39 Tulps e di irrogazione del Daspo sportivo ex art.6 comma 1 della legge n.402 del 1989 – in cui sarebbe esposto a pregiudizio l’interesse pubblico cui è preordinato lo stesso provvedimento avente natura precauzionale (Cons. Stato, sentenze n.2569 del 2011 e n.715 del 2020).

Al termine della procedura svolta in contraddittorio, il prefetto, ove non rilasci l’informazione antimafia liberatoria:

a) dispone l’applicazione della misura amministrativa di “prevenzione collaborativa” di cui all’articolo 94-bis, dandone comunicazione mediante posta elettronica certificata o strumento analogo, entro cinque giorni, qualora gli elementi sintomatici dei tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale;

b) adotta l’informazione antimafia interdittiva, procedendo alla comunicazione all’interessato secondo le modalità sopra indicate, nel caso di sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, ferma restando la necessità di una verifica anche sulla sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle misure di cui all’articolo 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n.90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.114 (“assicurare il completamento dell’esecuzione del contratto ovvero dell’accordo contrattuale, ovvero la sua prosecuzione al fine di garantire la continuità di funzioni e servizi indifferibili per la tutela di diritti fondamentali, nonché per la salvaguardia dei livelli occupazionali o dell’integrità dei bilanci pubblici, ancorché ricorrano i presupposti di cui all’articolo 94, co3, del decreto legislativo 6 settembre 2011 n.159, in forza del quale “i soggetti di cui all’articolo 83, commi 1 e 2, non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi”). In tal caso, le misure sono disposte di propria iniziativa dal Prefetto che ne informa il Presidente dell’ANAC.

Nei casi di cui al comma 2-bis, le misure sono disposte con decreto del Prefetto, di intesa con il Ministro della salute. Le stesse misure sono revocate e cessano comunque di produrre effetti in caso di passaggio in giudicato di sentenza di annullamento dell’informazione antimafia interdittiva, di ordinanza che dispone, in via definitiva, l’accoglimento dell’istanza cautelare eventualmente proposta ovvero di aggiornamento dell’esito della predetta informazione ai sensi dell’articolo 91, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159 (“Il prefetto competente estende gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell’impresa. Per le imprese costituite all’estero e prive di sede secondaria nel territorio dello Stato, il prefetto svolge accertamenti nei riguardi delle persone fisiche che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione. A tal fine, il prefetto verifica l’assenza delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto, di cui all’articolo 67, e accerta se risultano elementi dai quali sia possibile desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, anche attraverso i collegamenti informatici di cui all’articolo 98, comma 3. Il prefetto, anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa”), anche a seguito dell’adeguamento dell’impresa alle indicazioni degli esperti”) e, in caso positivo, ne informa tempestivamente il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione.

La lettera b) dell’art.48 del d.l. n.152 del 2021 modifica, altresì, il co.7 dell’art.93 del d.lgs. n.159 del 2011 con il seguente:

«7. Il prefetto competente all’adozione dell’informazione, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite nel corso dell’accesso, può invitare in sede di audizione personale i soggetti interessati a produrre ogni informazione ritenuta utile, anche allegando elementi documentali, qualora non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento ovvero esigenze di tutela di informazioni che, se disvelate, sono suscettibili di pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri procedimenti amministrativi finalizzati alla prevenzione delle infiltrazione mafiose.»”.

Con questa la modifica, il prefetto competente all’adozione dell’informazione, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite nel corso dell’accesso, può invitare in sede di audizione personale i soggetti interessati a produrre ogni informazione ritenuta utile, anche allegando elementi documentali, solo qualora non ricorrano particolari esigenze di celerità del procedimento ovvero esigenze di tutela di informazioni che, se disvelate, potrebbero pregiudicare procedimenti amministrativi o attività processuali in corso, ovvero l’esito di altri procedimenti amministrativi finalizzati alla prevenzione delle infiltrazioni mafiose.

“Il punto di equilibrio cui tendono le disposizioni in esame è il bilanciamento tra valori in gioco che hanno ormai una rilevanza ultra-nazionale: si mira ad evitare un sacrificio del diritto di difesa e della libertà di impresa, preservando e rafforzando, nel contempo, anche attraverso una diversa considerazione dei princìpi di determinatezza e di tassatività sostanziale, l’altissimo potenziale preventivo, nella lotta contro la mafia, della documentazione antimafia, con particolare riguardo all’informazione interdittiva, senza esporre la normativa italiana al rischio di collisioni con il diritto eurounitario”.


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