L’articolo 192, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, e l’art. 4, co. 1, del d.lgs. 175/2016, non sono in conflitto con le previsioni della direttiva 2014/24/UE

Corte di giustizia dell’Unione europea, Sez. IX, ordinanza relativa alle Cause riunite nn. C 89-19, C-90-19 e C 91-19 del 6 febbraio 2020Presidente Rodin, relatore Šváby

A margine

Un’azienda privata ricorre avanti il Consiglio di Stato per contestare l’affidamento diretto in house dell’appalto relativo al servizio di igiene urbana da parte di tre comuni abruzzesi.

I giudizi di Palazzo Spada sospendono il giudizio e sottopongono alla Corte di giustizia le seguenti domande di pronuncia pregiudiziale, relative all’interpretazione della direttiva 2014/24/UE:

a) se il diritto dell’Unione, e, segnatamente, il principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche e il principio di sostanziale equivalenza fra le diverse modalità di affidamento e di gestione dei servizi di interesse delle amministrazioni pubbliche, osti a una normativa nazionale – come quella dell’articolo 192, comma 2 (1), del Codice dei contratti pubblici – la quale colloca gli affidamenti in house su un piano subordinato ed eccezionale rispetto agli affidamenti tramite gara di appalto:
i) consentendo tali affidamenti soltanto in caso di dimostrato fallimento del mercato rilevante, nonché
ii) imponendo comunque all’amministrazione che intenda operare un affidamento in regime di delegazione interorganica di fornire una specifica motivazione circa i benefici per la collettività connessi a tale forma di affidamento;

b) se il diritto dell’Unione, e, in particolare, l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 in tema di affidamenti in house in regime di controllo analogo congiunto, osti a una disciplina nazionale, come quella dell’articolo 4, comma 1 (2), del decreto legislativo n. 175/2016, che impedisce a un’amministrazione di acquisire una quota di partecipazione in un organismo pluripartecipato da altre amministrazioni – comunque inidonea a garantire controllo o potere di veto – laddove tale amministrazione intenda comunque acquisire in futuro una posizione di controllo congiunto al fine di successivi affidamenti in house.

L’ordinanza

Rispetto alla prima questione, secondo la Corte di giustizia l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/24, non osta a una normativa nazionale che subordina l’affidamento in house, alla dimostrazione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività specificamente connessi al ricorso all’operazione.

Questo perché la norma (relativa al modello in house pluripartecipato) al pari dell’art. 12, par. 1, (relativo al modello in house solitario) si limita a precisare le condizioni che un’amministrazione aggiudicatrice deve rispettare quando desidera concludere un affidamento in house, senza privare gli Stati membri della libertà di favorire una modalità di affidamento a scapito di altre.

De resto, il considerando 5 della medesima direttiva 2014/24, stabilisce espressamente che “nessuna disposizione della … direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva”.

Pertanto, così come la direttiva non obbliga gli Stati membri a ricorrere a una procedura di appalto pubblico, essa non può obbligare gli stessi Stati a ricorrere a un’operazione interna quando sono soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 12, paragrafo 1 e 3.

La libertà lasciata agli Stati non è però illimitata ma deve essere esercitata nel rispetto delle regole fondamentali della libertà di circolazione delle merci, della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, nonché dei principi della parità di trattamento, del divieto di discriminazione, del mutuo riconoscimento, della proporzionalità e della trasparenza.

In ultima analisi, nel rispetto di predetti principi, gli Stati restano liberi di subordinare la conclusione di un affidamento in house all’impossibilità di indire una gara d’appalto e, in ogni caso, alla dimostrazione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dei vantaggi per la collettività derivanti dal ricorso all’operazione.

Rispetto alla seconda questione, l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 non preclude al legislatore nazionale di impedire ad un’amministrazione aggiudicatrice (a mezzo dell’art. 4, co. 1, del d.lgs. n. 175/2016) di acquisire una partecipazione al capitale di un ente partecipato da altre amministrazioni, qualora tale partecipazione sia inidonea a garantire il controllo o un potere di veto e qualora detta amministrazione aggiudicatrice intenda acquisire successivamente una posizione di controllo congiunto al fine di futuri affidamenti diretti in house all’entità pluripartecipata.

L’articolo 12, paragrafo 3, lettere da a) a c), ha, infatti, lo scopo di precisare le condizioni alle quali un’amministrazione (che esercita, congiuntamente ad altre, un controllo, su una persona giuridica di diritto privato o pubblico) può aggiudicare un appalto pubblico a tale entità senza applicare la direttiva.

L’esclusione delle norme di aggiudicazione degli appalti pubblici prevista all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 è quindi, conformemente alla lettera a) di tale disposizione, subordinata alla condizione che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti, congiuntamente ad altre amministrazioni, un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi, analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi.

Ne consegue che l’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 non prevede alcun requisito per l’acquisizione, da parte di un’amministrazione, di partecipazioni, al capitale di società partecipate da altre amministrazioni.

Stefania Fabris

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(1) Art. 192, co. 2, d.lgs. n. 50/2016: “2. Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

(2) Art. 4, co. 1, d.lgs. 175/2016: “1. Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”.


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