Con riferimento alla gestione del servizio di illuminazione pubblica, tenuto conto dell’attuale quadro normativo ispirato al contenimento della spesa pubblica, appare opportuno verificare se trattasi di attività “attratta” dall’ambito di applicazione dell’art. 1, c. 7 del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, rubricato sotto «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135.

La norma – Come noto, la disposizione normativa in parola stabilisce che «Fermo restando quanto previsto all’articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all’articolo 2, comma 574, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, quale misura  di coordinamento della finanza pubblica, le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come  individuate  dall’Istituto  nazionale  di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, relativamente alle  seguenti  categorie  merceologiche:  energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile, sono tenute ad approvvigionarsi attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di riferimento costituite ai sensi dell’articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ovvero ad esperire proprie autonome procedure nel rispetto della normativa vigente, utilizzando i sistemi telematici di negoziazione sul mercato elettronico e sul sistema dinamico di acquisizione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati. La presente disposizione non si applica  alle procedure di gara il cui bando sia stato pubblicato precedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto. E’ fatta salva la possibilità di procedere ad affidamenti, nelle indicate categorie merceologiche, anche al di fuori delle predette modalità,  a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori a quelli indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali. In tali casi i contratti dovranno comunque essere sottoposti a condizione risolutiva con possibilità per il contraente di adeguamento ai predetti corrispettivi nel caso di intervenuta disponibilità di convenzioni Consip e delle centrali di committenza regionali che prevedano condizioni  di  maggior vantaggio economico. La mancata osservanza delle disposizioni del presente comma rileva ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale».

La questione – La presente analisi, in particolare, ha lo scopo di appurare se, ai fini dell’affidamento della gestione del servizio di illuminazione pubblica, gli enti locali siano o non obbligatoriamente tenuti a ricorrere (sempre e comunque) al convenzionamento CONSIP; ad ogni modo, anche nel caso in cui la predetta obbligatoria adesione non sia ravvisabile, risulta utile verificare – a mero titolo prudenziale – quali sono gli strumenti in grado di consentire a siffatti enti di dimostrare la convenienza dell’espletamento di una procedura autonoma, indetta ponendo a base di gara valori «inferiori a quelli conseguenti alla applicazione delle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A.», così come prescritto dalla normativa in precedenza richiamata.

Ebbene, ai fini della presente indagine, va preliminarmente segnalato che, in fase di indizione delle gare finalizzate all’affidamento del servizio di illuminazione pubblica, è prassi dei Comuni estendere l’oggetto dell’affidamento anche ad attività (qual è la complessiva gestione di impianti di illuminazione pubblica) non espressamente richiamate dal citato art. 1, c. 7 del d.l. n. 95/2012, il quale, per ciò che maggiormente interessa ai presenti fini, si riferisce unicamente alla fornitura di energia elettrica, attività, questa, che rappresenta solo una limitata filiera dell’insieme delle prestazioni dedotte nella più complessa attività afferente alla gestione del servizio di illuminazione pubblica.

Natura del servizio – Ciò detto, va rilevato che, come unanimemente sostenuto dalla giurisprudenza amministrativa, il servizio di illuminazione pubblica rappresenta un servizio pubblico locale a rilevanza economica, posto che «le attività afferenti alla messa a norma, adeguamento, manutenzione e gestione della rete e degli impianti di illuminazione pubblica insistenti sul territorio comunale configurano un servizio pubblico locale, attesa la loro utilità per obiettive esigenze della collettività e la loro funzionalità al perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile» (Cons. St., sez. V, 16 dicembre 2004, n. 8090; conformemente, Cons. St., sez. V, 25 novembre 2010, n. 8232).

Le medesime considerazioni valgono peraltro anche per le attività connesse alla realizzazione di nuove reti e impianti strumentali all’erogazione del servizio comunale di pubblica illuminazione, e ciò alla luce del fatto che trattasi comunque di attività «caratterizzate, sul piano soggettivo, dal perseguimento di scopi sociali e di sviluppo della società civile, selezionati in base a scelte di carattere eminentemente politico, quanto alla destinazione delle risorse economiche disponibili ed all’ambito di intervento, e, su quello soggettivo, dalla riconduzione diretta o indiretta ad una figura soggettiva di rilievo pubblico» (TAR Sardegna, sez. I, 11 giugno 2009, n. 966; nello stesso senso, Cons. St., sez. V, 13 dicembre 2006, n. 7369).

Si tratta, pertanto, non già di un appalto di servizi (per i quali sono potenzialmente presenti le cc.dd. Convenzioni CONSIP), ma di una concessione di servizio pubblico locale, come tale da un punto di vista generale estranea alle regole riferibili al sistema CONSIP (in tal senso, seppur implicitamente, la Determinazione dell’A.N.AC. n. 3 del 25 febbraio 2015), tesi, questa, condivisa anche dalla recente giurisprudenza, che ha avuto modo di chiarire che «La norma [l’art. 1, c. 7 del d.l. n. 95/2012], invero, riguarda l’ipotesi in cui l’Amministrazione debba addivenire ad un contratto avente ad oggetto la sola fornitura di energia elettrica (come conferma il preciso riferimento del testo normativo alla necessità di “approvvigionamento” di beni rientranti in ben determinate “categorie merceologiche”), mentre la controversia concerne la ben diversa fattispecie dell’affidamento della gestione integrata di un servizio, quale quello di illuminazione pubblica. Né vale opporre che il fornitore del “Servizio Luce 2” debba provvedere anche all’acquisto e fornitura dell’energia elettrica, e che nell’economia del relativo contratto il costo di quest’ultima rivestirebbe valore preponderante sulle altre voci componenti il canone contrattuale. Tali circostanze non possono certo porre nel nulla, infatti, il dato per cui il servizio in discussione, con i suoi obblighi di esercizio e di manutenzione, ordinaria e straordinaria, degli impianti, e di adeguamento normativo, tecnologico e di riqualificazione energetica dei medesimi, integra una prestazione nel suo insieme ontologicamente diversa (e assai più complessa) rispetto a quella, di mera fornitura di energia elettrica, cui sola ha riguardo la norma sopra indicata. Se ne desume che, diversamente da quanto ritenuto dal T.A.R., l’adesione alla convenzione Consip decisa nello specifico non formava oggetto di obbligo ai sensi dell’art. 1, comma 7, del d.l. n. 95/2012» (Cons. St., sez. V, 30 aprile 2015, n. 2194).

Le criticità – Fermo restando quanto sin qui delineato, va rilevata la sussistenza, all’interno del sistema CONSIP, di talune convenzioni “quadro” – si tratta, come detto, di appalti di servizi, attivabili solo per le dotazioni di proprietà comunali e in applicazione dei quali non è legittimato il ricorso, da parte degli enti locali, al riscatto degli impianti di proprietà privata, istituto, questo, utilizzabile solo per i servizi pubblici (così l’art. 1 del R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578) – relative al servizio di illuminazione pubblica (convenzione denominata «Servizio Luce 3»), elaborate da CONSIP S.p.A., e relative ad una gara strutturata in diversi lotti, ciascuno dei quali corrispondente, di fatto, a talune aree geografiche, avente tuttavia caratteristiche non paragonabili a quelle proprie del servizio pubblico che, abitualmente, i Comuni intendono affidare con gara indetta a livello locale.

In special modo, va necessariamente evidenziato che i corrispettivi “base” contemplati negli atti CONSIP S.p.A., per come emergenti dai documenti resi disponibili in rete, sono in sintesi riconducibili esclusivamente alle seguenti attività fondamentali: i) fornitura di energia elettrica; ii) esercizio e gestione degli impianti, nonché iii) manutenzione ordinaria dei punti luce costituenti l’impianto.

In particolare, corre l’obbligo di segnalare che nelle medesime convenzioni quadro, gli altri interventi afferenti alle diverse attività da effettuare sull’impianto e concernenti i) la riqualificazione energetica; ii) l’adeguamento normativo, iii) l’adeguamento tecnologico e iv) la manutenzione straordinaria, sono valorizzati separatamente rispetto all’importo “base”, e risultano remunerati in virtù di un preventivo trasmesso di volta in volta all’ente affidante, su richiesta dell’ente stesso o su proposta del gestore, in quanto i predetti interventi vengono considerati dalle citata convenzione CONSIP come di natura opzionale e aggiuntiva rispetto alle prestazioni base richieste obbligatoriamente all’affidatario (fatta salva una limitata quota compresa già nel canone di affidamento, ammontante ad un massimo del 10% del valore dello stesso, limitatamente ai contratti di durata pari a 9 anni e, in ogni caso, con un limite massimo di intervento pari al 30% del canone pattiziamente fissato).

Si evidenzia, peraltro, che nella maggioranza dei casi relativi all’affidamento, con gara, del servizio di illuminazione pubblica, i suddetti interventi non inclusi nel canone “base” delle convenzioni CONSIP risultano tutt’altro che di natura opzionale e secondaria, in quanto, sulla base dell’esperienza gestionale pregressa, sono valutati dalle singole Amministrazioni comunali come essenziali per la riqualificazione e la conseguente corretta gestione dell’impianto di illuminazione pubblica.

Ma v’è di più: nel caso degli interventi finalizzati al risparmio energetico, i citati interventi (opzionali nella convenzioni CONSIP) risultano obbligatori, derivando da un preciso impegno soventemente assunto da molti Comuni al momento dell’adesione al c.d. “Patto dei Sindaci”, volto alla riduzione dei consumi di energia e della emissione di CO2 di competenza degli enti locali (trattasi, come noto, dello strumento traente origine dall’adozione del Pacchetto europeo su clima ed energia del 2008, con cui la Commissione Europea ha avallato e sostenuto gli sforzi compiuti dagli enti locali nell’attuazione delle politiche relative al campo dell’energia sostenibile).

Ciò detto, e con specifico riferimento a quanto stabilito dal citato art. 1, c. 7 del d.l. n. 95/2012, si può pertanto affermare che, nella maggior parte dei casi relativi a impianti di pubblica illuminazione di proprietà comunale che risultano obsoleti, la stima complessiva dei probabili interventi di riqualificazione dell’impianto, di adeguamento normativo e di risparmio energetico posti a base della gara finalizzata all’affidamento del servizio di illuminazione pubblica, abitualmente richiesti dalle singole Amministrazioni comunali e realizzati con oneri a carico del concessionario (stima, questa, calcolata assumendo valori parametrici di costo desunti da analisi di casi concreti riferiti a ristrutturazione complessiva dell’impianto e ricavando di conseguenza il valore della rata annua di ammortamento attinente alla spesa prevista), risulta inferiore rispetto al valore che assumerebbero i complessivi interventi realizzati facendo riferimento alle predette Convenzioni CONSIP (valore determinato in base alle condizioni correnti di mercato e tenendo conto della durata di ammortamento di anni 9, pari a quella massima della convenzione CONSIP).

Conclusioni – In tale prospettiva, qualora le condizioni sin qui delineate dovessero risultare effettivamente soddisfatte, si può affermare che gli enti locali interessati all’affidamento con gara, del servizio di illuminazione pubblica, non solo non sarebbero tenuti ex lege ad aderire alle predette Convenzioni quadro CONSIP (trattandosi come detto di attività non direttamente riferibili a quelle espressamente elencate all’art. 1, c. 7 del d.l. n. 95/2012), ma potrebbero anche agevolmente risultare in grado di comprovare la complessiva convenienza dei valori economici eventualmente contemplati dagli atti della gara espletata dai singoli Comuni rispetto a quelli CONSIP S.p.A., e ciò a fronte di una qualità di servizi dedotti in commessa pienamente congruente rispetto a quella recata dalle convenzioni CONSIP, e avente natura e caratteristiche maggiormente funzionali alle specifiche esigenze proprie di ciascuna Amministrazione Comunale interessata dalla singola procedura di evidenza pubblica, in quanto non standardizzate, ma “tarate su misura” in ragione delle effettive necessità e dei desiderata del singolo ente locale.

A tale risultato gli enti locali dovrebbero comunque addivenire ad esito di una valutazione circa la convenienza dell’indizione di una gara rispetto all’adesione – seppur non obbligatoria – alle convenzioni CONSIP, e ciò alla luce di quanto chiarito dal Consiglio di Stato, secondo cui «è coerente che una specifica motivazione sulla convenienza occorra quando l’Amministrazione si determini in concreto nel senso di fare nuovamente ricorso al mefcato, in quanto l’Ente pubblico dovrà in tal caso far constare l’utilità della propria iniziativa rispetto ai parametri della convenzione Consip di settore» (Cons. St., n. 2194/2015 cit.).


Stampa articolo