Diversi studi dimostrano il forte legame che esiste tra l’alimentazione ed il lavoro. Una dieta corretta può infatti aumentare il rendimento lavorativo e può anche andare ad influenzare la sicurezza del lavoratore.

L’alimentazione peraltro non deve essere vista solo come strumento “individuale” del lavoratore, ma spesso le aziende pubbliche o private, possono attuare delle politiche interne per migliorare l’alimentazione del lavoratore, con l’obiettivo che questo sarà più sicuro, più sano e avrà un rendimento maggiore e migliore.

In generale si può dire che motivi per cui è importante il rapporto tra alimentazione e lavoro, sono i seguenti:

  • adeguati programmi di alimentazione sul posto di lavoro possono prevenire carenze di micronutrienti e l’insorgenza di patologie croniche, tra cui l’obesità. Gli investimenti in nutrizione sono oggetto di una riduzione dei giorni di malattia e degli incidenti e per contro comportano un aumento della produttività e un miglioramento del morale dei dipendenti.
  • L’accesso al cibo sano (corretto a livello nutrizionale e sicuro dal punto di vista igienico-sanitario) è essenziale quanto la protezione da agenti chimici o rumore sul posto di lavoro.
  • Una nutrizione adeguata può aumentare i livelli di produttività nazionale del 20 per cento (OMS, 2003a).
  • L’ipoglicemia, o un basso livello di zucchero nel sangue, che può verificarsi quando si salta un pasto, può ridurre la capacità di attenzione e rallentare la velocità con cui gli esseri umani elaborano le informazioni (McAulay et al., 2001).
  • L’aumento dell’1 per cento di chilocalorie (kcal) assunte si traduce in un 2,27 per cento di aumento in generale della produttività (Galenson e Pyatt, 1964).
  • La presenza di patologie correlate all’alimentazione non possono che essere un ostacolo al lavoro (aumento dei giorni persi per malattia).

Al di là di questi aspetti, secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) circa il 50% delle patologie maschili e il 25% di quelle femminili, in Europa, sono legate a stili di vita non salutari: dieta scorretta e sbilanciata, abitudine al fumo di tabacco, consumo eccessivo e inappropriato di bevande alcoliche e attività fisica insufficiente. Tutti questi aspetti non possono che inficiare la capacità lavorativa dei soggetti colpiti. È semplice capire come ad esempio l’alimentazione eccessiva, portando all’obesità (analizzata nel capitolo precedente) possa provocare un calo di efficienza del lavoratore.

Tale problematica va analizzata con attenzione visto che nella regione europea dell’OMS, la prevalenza dell’obesità (IMC ≥ 30) negli ultimi due decenni è triplicata. Il sovrappeso (IMC ≥ 25) e l’obesità, infatti, sono responsabili dell’80% dei casi di diabete di tipo 2, del 35% delle cardiopatie ischemiche, del 55% di ipertensione arteriosa, e causano circa 1 milione di morti l’anno. È ovvio che un lavoratore in queste condizioni non possa rendere al cento per cento delle proprie capacità.

L’efficienza lavorativa, non solo può essere minacciata da condizioni patologiche provocate dall’alimentazione non controllata, ma ci sono anche condizioni fisiologiche, come l’invecchiamento, che portano il lavoratore a perdere efficienza lavorativa. In questo senso, c’è da dire che un’alimentazione adeguata, dal punto di vista quantitativo e qualitativo ai fabbisogni nutrizionali, è un importante fattore di longevità e salute e può aiutare il lavoratore “anziano” a non perdere la propria capacità.

Una corretta alimentazione dell’operatore over 50, dovrebbe essere basata sui criteri fondamentali della dieta mediterranea e non, ed è sostanzialmente dissimile dall’alimentazione “ideale” dell’adulto sano. Invecchiando infatti il fabbisogno calorico tende a diminuire per effetto della riduzione dell’attività fisica e per effetto della riduzione dei movimenti effettuati sul luogo di lavoro (per alcune categorie, ma non per tutte). Quindi invecchiando si va a perdere fisiologicamente anche capacità lavorativa, però questo aspetto può essere mitigato dallo stile di vita sano e dalla corretta alimentazione.

Secondo un Rapporto del 2005 dell’Ufficio Internazionale del Lavoro, “un regime alimentare troppo povero o un’alimentazione troppo ricca sul luogo di lavoro può provocare una perdita di produttività del 20%”. Lo stesso Rapporto testimonia che, “a monte di modesti investimenti per migliorare l’alimentazione sul lavoro, le ricadute in termini di riduzione dei giorni di malattia e degli infortuni sul lavoro sarebbero notevoli”. Un’alimentazione bilanciata, adeguata e completa e sufficiente per garantire un buon livello di performance mentale e fisica.

Una corretta dieta per i lavoratori deve prendere in considerazione sia le proprietà energetiche e nutritive dei vari cibi, sia il tipo di lavoro svolto (sedentario, vario, leggero, pesante), l’ambiente in cui viene svolto (temperatura, umidità, ecc.), l’orario di lavoro (continuato, turni), il tipo di alimentazione abituale (nazionalità, religione, ecc.) e le attività extra-lavorative (sport, secondo lavoro, hobby).

Per evitare la diminuzione della resistenza alla fatica e della prontezza dei riflessi, i pasti consumati durante il lavoro devono essere del giusto quantitativo, leggeri e facilmente digeribili, prevalentemente costituiti da carboidrati (pane, pasta, riso), legumi, frutta e verdura (alimenti ad alto contenuto di sali minerali) e da un adeguato apporto idrico. Nel lavoro mentale, che di solito si associa a sedentarietà, l’alimentazione deve essere particolarmente attenta in quanto il dispendio energetico è minimo.

È consigliabile favorire il consumo di cibi integrali (in particolare nelle mense) in quanto contengono maggiori quantitativi di fibra e contengono importanti nutrienti come vitamine, oligoelementi, fattori di crescita.

Il tema dell’efficienza del lavoratore in base al tipo di alimentazione, dovrebbe essere preso in forte considerazione dalle aziende, anche da quelle sanitarie.

Sarebbe importante che i dirigenti e i datori di lavoro, facciano in modo che i lavoratori sul luogo di lavoro possano consumare cibi sani e adeguati. Per fare ciò diventa necessario il supporto del medico competente e di esperti (nutrizionisti e dietisti). Non basta però mettere a disposizione alimenti sani, è importante dare ai lavoratori i giusti tempi per mangiare.  Nelle mense aziendali potrebbe essere utile istituire dei menù o delle schede tecniche delle varie pietanze, dove si vadano ad indicare i valori nutrizionali delle stesse.

L’attenzione alla dieta dovrebbe essere un argomento trattato nei corsi di informazione e formazione con la raccomandazione di tenere sotto controllo il peso utilizzando i parametri dell’Indice di Massa Corporea e della circonferenza addominale. (INAIL, ALIMENTAZIONE E LAVORO, 2012).

In questo senso è fondamentale che il datore di lavoro e il dirigente di un luogo di lavoro pubblico o privato, promuovano campagne informative e formative sulla tematica in oggetto e con l’aiuto del medico competente e di esperti esterni offrano un supporto in tal senso al lavoratore.

Dott. Matteo Fadenti


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