Il decreto c.d. “Sblocca Cantieri”, specie dopo le modifiche introdotte dalla legge di conversione, contiene diverse novità in materia di progettazione dei lavori pubblici, alcune invero inutili perché già previste dal codice dei contratti, come la disposizione transitoria in materia di semplificazione della progettazione dei lavori manutentivi già prevista nel comma 4 dell’art. 216; altre di difficile interpretazione e di scarsa utilità, come le disposizioni acceleratorie sulla progettazione anche in mancanza del finanziamento di tutte le spese dell’opera.

In generale, dalla lettura delle modifiche introdotte si ricava l’impressione che il legislatore intenda sgretolare uno dei pilastri fondamentali dell’impianto del codice del 2016: la qualità della progettazione, garantita nel testo previgente al D.L. 32, non solo dai tre livelli di approfondimento progettuale (fattibilità, definitivo ed esecutivo) e dalle relative obbligatorie verifiche tecniche, ma anche dal divieto, salvo limitate eccezioni, di ricorrere al cd. “appalto integrato”, divieto oggi sospeso fino al 31 dicembre 2020, e dall’obbligo di porre a base di gara sempre e solo il progetto esecutivo, con il dettaglio dei lavori da realizzare, il relativo costo, il cronoprogramma, e un livello di definizione nei minimi particolari di ogni elemento dell’opera, identificato in forma, tipologia, qualità, dimensione e prezzo.

Fra le novità manca, invece, quella tanto attesa dai progettisti interni. L’incentivo per la progettazione, infatti, introdotto dal testo originario del D.L. n. 32, è stato espunto  in sede di conversione in legge. E’ questa una scelta non condivisibile, anche perché penalizza la professionalità dei tecnici delle pubbliche amministrazioni a favore di soggetti che svolgono funzioni meno qualificate, quali i collaboratori, e di figure dai ruoli un pò evanescenti, specie negli enti locali, quali i soggetti addetti alle attività di programmazione della spesa per investimenti. Non solo. Questa scelta contraddice altre disposizioni in materia di progettazione previste dallo stesso codice dei contratti. Il riferimento è, innanzitutto, alla preferenza per la progettazione interna prevista dall’art. 24 del codice dei contratti e rafforzata dall’obbligo del ricorso alle professionalità interne, contenuto nell’art. 23, co. 2, dello stesso codice, per la progettazione dei lavori di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, paesaggistico, agronomo e forestale, storico-artistico, conservativo, tecnologico.

Un ripensamento del legislatore sul punto sarebbe indispensabile ed urgente.

Vediamo le principali modifiche al codice dei contratti pubblici in materia di progettazione dei lavori pubblici a seguito del D.L. 32 del 2019, in vigore dal 19 aprile 2019, come convertito, con modificazioni, dalla legge 17 giugno 2019, n. 55 in vigore dal 18 giugno 2019, segnalando nel contempo che nulla cambia per ciò che riguarda la progettazione dei servizi e delle forniture.

Il contenuto del regolamento unico – Giova ricordare, per prima cosa, che anche per i contenuti della progettazione spetterà al regolamento unico di esecuzione, attuazione ed integrazione del codice, introdotto dal nuovo comma 27 octies dell’art. 216, in luogo di uno specifico decreto ministeriale, disciplinare i contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali (fattibilità, definitivo ed esecutivo) e definire il contenuto minimo del quadro esigenziale che devono predisporre le stazioni appaltanti (art. 1, co 20 lett. a), punti 1.1.e 1.2., di modifica dell’art 23).

Sempre al regolamento unico, in luogo del decreto ministeriale, è affidato il compito di definire i requisiti che devono possedere gli operatori economici per partecipare alle procedure di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, e i criteri per garantire la presenza di giovani professionisti, in forma singola o associata, nei gruppi concorrenti ad incarichi di progettazione (art. 1, co 20, lett. b, nn. 1 e 2).

In attesa della normativa di attuazione, la disciplina transitoria dell’art. 216, comma 4, stabilisce che si continueranno ad applicare le disposizioni della parte II, titolo II, e degli allegati ivi richiamati del Regolamento n. 207 del 2010,  di attuazione del codice dei contratti del 2006.

Il contenuto del regolamento unico in questo ambito è confermato dal nuovo comma 27 octies dell’art. 216 del codice aggiunto dall’art. 1, co 20. lett. gg) n. 4, dove è precisato che il regolamento reca, fra l’altro, disposizioni nelle seguenti materie: progettazione di lavori, servizi e forniture, e verifica del progetto; affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria e relativi requisiti degli operatori economici.

Il finanziamento delle opere – Dal 18 giugno 2019, il D.L. n. 32 prevede che, per gli anni 2019 e 2020, è possibile progettare e avviare le procedure di affidamento anche nel caso di  finanziamenti limitati alla sola progettazione (art. 1, co 4), senza dovere attendere, quindi, di disporre della copertura  dell’intera spesa prevista nel quadro economico dell’opera. Queste opere acquistano priorità ai fini della concessione del finanziamento. Non solo. Il decreto consente, con una disciplina definitiva, che è possibile avviare le procedure di affidamento della progettazione o dell’esecuzione dei lavori nelle more dell’erogazione delle risorse, a condizione che le stesse siano state assegnate con provvedimento legislativo o amministrativo  (art. 1, co 5).

E’ opportuno precisare che tali norme non incidono sul codice dei contratti che, com’è noto, non comprende disposizioni sulla gestione finanziaria dei lavori pubblici, ma semmai colpiscono le regole dell’ ordinamento contabile applicabile al soggetto attuatore dell’opera.

L’osservazione preliminare riguarda la difficoltà di individuare l’esatto perimetro di applicazione delle due disposizioni.

L’espressione “soggetti attuatori di opere” non è contenuta in alcuna delle molteplici definizioni dell’art. 3 del codice dei contratti, ragione per cui ad essa va attribuito il suo significato letterale. Sono dunque impattati dalle nuove disposizioni i soggetti, a prescindere della loro natura giuridica, che devono attuare  opere pubbliche (amministrazioni aggiudicatrici, soggetti aggiudicatori, imprese pubbliche, ecc.).

Limitando l’analisi all’ordinamento degli enti locali, la possibilità offerta dal comma 5 di procedere alla progettazione o all’esecuzione dei lavori in base al solo provvedimento, legislativo o amministrativo, di finalizzazione del finanziamento alla realizzazione dell’opera e, quindi, in mancanza dell’erogazione delle risorse, è già consentita dal principio contabile 4.2. sulla competenza finanziaria (punto 5.3.), per cui lo “Sblocca cantieri” non aggiunge, sotto questo aspetto,  alcunché di nuovo all’ordinamento di comuni, province e città metropolitane.

Per quanto riguarda, invece, la disposizione del comma 4, occorre ricordare che  il DM 1° marzo 2019 (in GU 71/2019) di modifica dei principi contabili 4/2 e 4/3 al Dlgs 118/2011 facoltizza gli enti locali a progettare in assenza della fonte di finanziamento dell’opera, ma impone di finanziare la relativa spesa  con risorse di parte corrente o con i proventi dei permessi da costruire fino a quando la copertura finanziaria non sarà attendibile e puntualmente individuata.

Con la nuova disposizione, gli enti locali, una volta finanziata la progettazione, potrebbero avviare anche le procedure di affidamento pur in mancanza della copertura necessaria per l’intera opera. In altri termini, dal 18 giugno la legge consente di avviare una procedura di. “spesa al buio”, peraltro di recente, a certe condizioni ammessa anche dalla magistratura contabile (Corte dei conti, sezione Appello, sentenza. 8 marzo 2019, n.39, che, in riforma della sentenza appellata n. 256/’16, della Corte dei conti – Sezione giurisdizionale regionale per il Lazio, ha ammesso che la conclusione di un contratto di lavori pubblici senza lo stanziamento dell’intera provvista finanziaria – ma con la clausola espressa che la realizzazione dei lavori avverrà per singoli lotti previa la disponibilità dei fondi finanziati – non costituisce un comportamento negligente né potrebbe dare luogo ad un legittimo affidamento in capo all’esecutore dei lavori).

Mentre è chiaro l’intento acceleratorio della disposizione in esame, è lecito dubitare della sua effettiva utilità. Innanzitutto, occorrerebbe chiarire cosa si intende per “avviare le procedure di affidamento”: pubblicare il bando, l’avviso di gara o inviare la lettera d’invito nelle procedure negoziate senza previa pubblicazione di bando, oppure procedere all’affidamento fino all’aggiudicazione definitiva?

In ogni caso, fino a quando la copertura finanziaria non sarà puntualmente individuata per tutte le spese previste nel quadro economico dell’intervento, non sarà possibile stipulare il contratto o avviarne l’esecuzione neppure nei limitati casi in cui la consegna in via d’urgenza è consentita ai sensi del comma 8 dell’art. 32 del codice dei contratti, dato  l’obbligo della copertura finanziaria delle spese per investimenti ce, più in generale, di qualsiasi atto amministrativo recante una spesa per la p.a. che deve sempre essere accompagnato, in termini di previsione e di impegno, dalla copertura finanziaria.

Nell’incertezza del finanziamento, sembra preferibile non avviare la procedura di affidamento ed evitare, da un lato, di consumare risorse in attività che potrebbero rivelarsi inutili e, dall’altro, impegnare gli operatori economici a partecipare a procedure relative a opere di incerta realizzazione.

La progettazione degli interventi manutentivi –  In materia di progettazione dei lavori di manutenzione, dopo la legge di conversione del D.L. 32, esistono due discipline, una transitoria e l’altra definitiva. La disciplina transitoria, valida fino al 31 dicembre 2020, prevede per i lavori di manutenzione, ordinaria e straordinaria senza il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali di opere ed impianti, la possibilità di procedere all’affidamento e all’esecuzione solo sulla base di un progetto definitivo semplificato. E’ sufficiente, in particolare, che il progetto sia costituito da una relazione generale, dall’elenco dei prezzi unitari delle lavorazioni, dal computo metrico estimativo, dal piano di sicurezza con l’individuazione analitica dei costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso (art. 1, co 6, D.L. 32).

La disposizione, in effetti, riproduce fedelmente quella contenuta nel testo originario del D.L. 32 (art. 1 lett. a) p. 2), che è stata trasformata in sede di conversione in una norma transitoria collocata fuori dalle modifiche al codice dei contratti pubblici. E, in buona sostanza, ripete il contenuto   del comma 4 dell’art. 216 (periodi 3, 4 e 5), non modificati peraltro dal D.L. 32, limitandone però l’efficacia ai soli anni 2019 (quindi anche con effetto retroattivo) e 2020.

Rimane, poi, la disciplina definitiva prevista dal comma 3-bis dell’art. 23 secondo cui “Con ulteriore decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta del Consiglio superiore dei lavori pubblici, sentita la Conferenza Unificata, è disciplinata una progettazione semplificata degli interventi di manutenzione ordinaria fino a un importo di 2.500.000 euro. Tale decreto individua le modalità e i criteri di semplificazione in relazione agli interventi previsti”.  

In sintesi, fino al 31 dicembre 2020 i progetti di manutenzione possono andare in gara e essere eseguiti sulla base di un progetto definitivo completo dei pochi elaborati previsti dalla stessa disposizione. Mentre dal 1° gennaio 2021 si applicherà il  decreto ministeriale (la fonte attuativa non è stata modificata) previsto per definire le modalità e i criteri di progettazione semplificata degli interventi manutentivi, ma solo di quelli di manutenzione ordinaria d’importo non superiore a 2.500.000 euro; oppure, in mancanza del decreto e fino alla sua emanazione, la disposizione transitoria del comma 4 dell’art. 216 del codice, secondo cui i contratti di lavori di manutenzione ordinaria possono essere affidati sulla base del progetto definitivo costituito almeno da una relazione generale, dall’elenco dei prezzi unitari delle lavorazioni previste, dal computo metrico-estimativo, dal piano di sicurezza e di coordinamento con l’individuazione analitica dei costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso. Fino alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, l’esecuzione dei lavori potrà prescindere dall’avvenuta redazione e approvazione del progetto esecutivo, sempre che si tratti di lavori di manutenzione, ad esclusione degli interventi di manutenzione che prevedono il rinnovo o la sostituzione di parti strutturali delle opere, fermo restando l’obbligatoria predisposizione del piano di sicurezza e di coordinamento con l’individuazione analitica dei costi della sicurezza da non assoggettare a ribasso.

La sospensione del divieto di appalto integrato – Il divieto di appalto integrato previsto dall’art. 59, co 1, quarto periodo, del codice è stato incluso, in sede di conversione, nel pacchetto di disposizioni del codice dei contratti sospese, in via sperimentale, fino al 31 dicembre 2020.

Fino a tale data, dunque, non sarà vietato il ricorso all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori.

E’ da ricordare che già lo stesso codice all’art. 216, co 4.bis, introdotto dall’art. 128 del D.Lgs. n. 56 del 2017, prevede la non applicazione del divieto di appalto integrato per le opere i cui progetti  definitivi risultavano definitivamente approvati alla data del 19 aprile 2016 a condizione che il bando fosse stato pubblicato entro il 20 maggio 2018.

E’ da rammentare anche tale deroga transitoria era stata riproposta dal testo originario del DL. 32 per i progetti definitivi approvati entro il 31 dicembre 2020 con pubblicazione del bando entro 12 mesi successivi all’approvazione del progetto stesso. Tale deroga è stata espunta dal testo in sede di conversione del decreto, coerentemente alla nuova disposizione che sospende tout curt l’applicazione del divieto fino al 31 dicembre 2020.

Progetti di interesse archeologico – Fino al 31 dicembre 2020 possono essere oggetto di riserva anche gli aspetti progettuali oggetto di verifica preventiva dell’interesse archeologico ai sensi dell’art. 25 del codice, con contestuale estensione dell’ambito di applicazione dell’accordo bonario ex art. 205 del codice stesso (art. 1, co. 10, D.L. n. 32).

Progetto di fattibilità tecnica ed economica – Il comma 20 dell’art. 1. lett. a) n. 2 riscrive il comma 5 dell’art. 23 del codice dei contratti.

Con riferimento ai lavori pubblici di importo pari o superiore alla soglia comunitaria (dal 1° gennaio 2018 euro 5.548.000), per la programmazione, le procedure di dibattito pubblico e per i concorsi di progettazione e di idee, la suddetta disposizione prevede che il progetto di fattibilità sia obbligatoriamente preceduto dalla redazione di un documento di fattibilità delle alternative progettuali, il cui contenuto sarà definito dal regolamento unico.

La stessa disposizione facoltizza la stazione appaltante di richiedere la redazione del documento di fattibilità delle alternative progettuali anche per lavori pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria.

Nel progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progettista deve sviluppare, nel rispetto del quadro esigenziale, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione degli aspetti attinenti alla qualità architettonica e tecnico funzionale, alla conformità alle norme ambientali, urbanistiche e paesaggistiche, ad un limitato consumo del suolo, ecc., nonché gli elaborati grafici per l’individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare e le relative stime economiche, secondo le modalità previste nel regolamento unico, ivi compresa la scelta in merito alla possibile suddivisione in lotti funzionali. Il progetto di fattibilità tecnica ed economica deve consentire, ove necessario, l’avvio della procedura espropriativa.

La stessa disposizione al punto n. 3 introduce modifiche puntuali al comma 6 dell’art. 23 per ciò che riguarda i documenti e le attività che stanno alla base dell’elaborazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, che dovrà essere basato, su una serie molto nutrita di indagini preliminari (geologiche, idrogeologiche, idrologiche, idrauliche,, ecc.), e anche su studi di fattibilità ambientale e paesaggistica e, non più, come in precedenza su studi preliminari sull’impatto ambientale; su verifiche preventive dell’interesse archeologico; sulla descrizione delle misure di compensazione e di mitigazione dell’impatto ambientale e, non, come in precedenza, sulle esigenze di compensazione e di mitigazioni di impatto ambientale, e su verifiche relative alla possibilità del riuso del patrimonio immobiliare esistente e della rigenerazione delle aree dismesse.

Il quadro economico – Altra modifica introdotta dal comma 20 dell’art. 1. lett. a) n. 4 riguarda il quadro economico dell’intervento, che dovrà prevedere fra le spese tecniche quelle di carattere strumentale sostenute dalle amministrazioni aggiudicatrici in relazione all’intervento, riprendendo una disposizione  pressoché identica contenuta nell’art. 92, co 7 bis, del vecchio codice del 2005 (non ripresa nel testo del codice del 2016).

La suddivisione in lotti – Altra modifica introdotta dal D.L. 32 riguarda il tema della suddivisione dei lavori (e dei servizi e delle forniture) in lotti.

Sul punto, è opportuno ricordare che le amministrazioni hanno l’obbligo generale di suddividere in lotti funzionali gli appalti di lavori (e in lotti prestazionali quelli di servizi) e l’onere di motivare la mancata suddivisione.

Più in dettaglio, come previsto dall’art. 51 del codice dei contratti, le stazioni appaltanti, al fine di favorire l’accesso alle gare delle micro, piccole e medie imprese, hanno l’obbligo di suddividere gli appalti in lotti funzionali (o quelli dei servizi, in lotti prestazionali), il cui valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle stesse MPMI (Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003 recepita in Italia prima dal D.M. 18 aprile 2005 e poi dallo stesso codice dei contratti all’art. 3, comma 1, lett- aa).

E’ pure noto che le stazioni appaltanti hanno la possibilità di limitare il numero massimo di lotti che possono essere aggiudicati ad un solo offerente (c.d. vincolo di aggiudicazione), con la finalità di impedire ad uno stesso operatore economico di essere aggiudicatario di una pluralità di lotti e aumentare così le possibilità di successo delle piccole e medie imprese pur in presenza di aziende meglio posizionate sul mercato (TAR Lazio, sez. II, 26-01-2017, 1345).

La mancata suddivisione comporta un onere motivazionale per la stazione appaltante, che deve giustificare le ragioni tecniche o economiche di questa scelta nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica sulle procedure di aggiudicazione degli appalti (Cons. Stato, Sez. V, 3 -04- 2018, n. 2044).

Nel caso di suddivisione in lotti, la stazione appaltante deve stimare il valore del contratto applicando le regole previste dall’art. 35 del codice dei contratti, che, nel fissare le soglie di rilevanza comunitaria nei settori ordinari e speciali e le modalità per la loro periodica rideterminazione, stabilisce i metodi di calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori (e di servizi e forniture) anche suddiviso in lotti.

Il tema della suddivisione dell’intervento in lotti funzionali è collegato a quello della progettazione, considerato che tale scelta deve essere effettuata con il progetto di fattibilità (art. 23). E’, infatti, nel momento dell’elaborazione del livello minimo di progettazione che l’amministrazione deve verificare se l’intervento si presta o meno ad essere suddiviso in lotti funzionali, intendendosi per tali, come previsto dall’art. 3, co 1, lett qq), quei lavori o parte di lavori la cui realizzazione sia tale da assicurare funzionalità, fruibilità e fattibilità indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti della stessa opera.

La regola generale per il calcolo è contenuta nel comma 4 del richiamato art. 35, secondo cui il computo si basa sull’importo massimo pagabile, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara, e premi o pagamenti per i candidati o gli offerenti.

Per gli appalti suddivisi in lotti, al fine di evitare il pericolo che il frazionamento venga utilizzato per sottrarre l’appalto alle regole del codice fuori dei casi in cui ragioni oggettive lo giustifichino, l’art. 35 – nello stabilire le procedure di gara da seguire per ciascun lotto – obbliga le stazioni appaltanti a computare il valore complessivo stimato della totalità dei lotti.

La regola  che, attraverso la suddivisione in lotti funzionali, la stazione appaltante non aggiri il divieto di artificioso frazionamento, è ora maggiormente garantita dalla modifica introdotta dall’art. 1, co. 20, lett. g) nn. 1 e 2 del D.L. 32/2019 ai commi 9 e 10 dell’art. 35 del codice dei contratti, che, eliminando dalle due disposizioni (una per i lavori e servizi e l’altra per le forniture omogenee) l’avverbio “contemporaneamente”  si applica anche nel caso di aggiudicazione dei diversi lotti  in tempi diversi.

Tale modifica è stata diretta ad evitare le contestazioni contenute nella procedura d’infrazione comunitaria n. 2018/2273 che ha censurato i commi 9 e 10 dell’art. 35 del codice, laddove prevedevano che il valore dell’appalto fosse dato dal valore complessivo della totalità dei lavori qualora fossero stati aggiudicati contemporaneamente.

 

 

 


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