IN POCHE PAROLE…

Nel parere reso l’ANAC richiama le Linee Guida in materia, precisando che la dichiarazione dei conflitti di interesse è una condizione per l’assunzione dell’incarico di RUP  e che, se un legame di parentela con l’aggiudicatario emerge in seguito, il dipendente deve astenersi o comunicare la sussistenza del legame per consentire al superiore gerarchico di valutarne la eventuale sostituzione.

Delibera ANAC del 8 febbraio 2023, n. 63, Pres. Busia

Nell’ambito del conflitto di interesse la nozione di parentela rilevante ai sensi dell’art. 42 d.lgs. 50/2016 include i parenti fino al 6° grado, conseguendone un obbligo dichiarativo, ove il legame sussista del personale coinvolto nella gara. 

La presunta notorietà del legame (parentale) non esclude l’obbligo dichiarativo, né comporta l’implicita valutazione della sua irrilevanza, poiché in tal modo restano ignoti il soggetto che ha effettuato la valutazione e, soprattutto, la motivazione in base alla quale il legame è ritenuto irrilevante.

A margine

Il caso – Una segnalazione anonima informa l’ANAC del legame di parentela con uno dei mandanti di un RTI aggiudicatario da parte del RUP di gara.

Pertanto l’ANAC avvia un procedimento di vigilanza nei confronti della stazione appaltante e del RTI aggiudicatario, contestando, tra l’altro, la violazione dell’art. 42 d.lgs. 50/2016 (conflitto di interesse), nella parte in cui il legame parentale non è stato dichiarato (né dal RUP, né dal mandante del RTI aggiudicatario) e non si è dato luogo ad astensione o sostituzione del RUP, né all’esclusione del concorrente.

In ordine al conflitto di interesse, la stazione appaltante afferma che il legame parentale tra il RUP e il mandante del RTI fosse notorio in ambito locale, tanto da non necessitare di alcuna dichiarazione e costituendo addirittura valutazione implicita di insussistenza di criticità. Sono dunque stati prodotti due attestati, del sindaco e dell’assessore comunale ai lavori pubblici, a conferma del carattere notorio del legame parentale, che comunque non ha influito sull’imparzialità del RUP.

Si è altresì eccepita l’esiguità del personale comunale, che rende difficile la sostituzione del RUP, e l’esiguità della partecipazione al RTI da parte di F. (5%), tale non influenzare la gestione della procedura di affidamento.

La mandataria del RTI aggiudicatario ha invece sostenuto:

  • di non essere a conoscenza del legame parentale, ignoto anche agli altri componenti del RTI;
  • che l’obbligo dichiarativo grava il mandante in proprio, in quanto attiene al possesso dei requisiti generali del singolo operatore economico;
  • che l’art. 7 dpr 62/2013 limiterebbe le situazioni di conflitto ai parenti di secondo grado, mentre il RUP e F. sono parenti di quarto grado;
  • che la sussistenza del legame parentale non costituisce ex se motivo di astensione, in quanto la partecipazione di F. al RTI è modesta (5%) e il ruolo decisionale del RUP è parimenti modesto; ciò anche perché la valutazione delle offerte è stata svolta da una commissione, mentre la stipula avrebbe carattere “vincolato”, conseguente l’aggiudicazione.

Il parere

L’autorità ricorda che Le Linee Guida ANAC n. 15, par. 6.3, precisano che la dichiarazione di (in)sussistenza del legame è condizione per l’assunzione dell’incarico e deve essere resa in ogni caso.

Ove il legame astrattamente rilevante come ipotesi di conflitto emerga successivamente (ad esempio, dopo l’apertura delle buste contenenti le offerte), il dipendente è tenuto ad astenersi oppure a comunicare la sussistenza del legame, al fine di consentire al superiore gerarchico di valutarne la eventuale sostituzione.

Tale valutazione, quindi, deve fondarsi su una dichiarazione esplicita della situazione di conflitto e soprattutto deve svolgersi in via preventiva rispetto alla attività affidata al dipendente. La finalità dell’art. 42 d.lgs. 50/2016, quale norma di pericolo, del resto, è proprio quella di evitare che le valutazioni del dipendente siano, anche solo in apparenza, influenzate da legami con il concorrente.

Quanto alle controdeduzioni della stazione appaltante, si osserva che, la presunta notorietà del legame (parentale) non esclude l’obbligo dichiarativo, né comporta l’implicita valutazione della sua irrilevanza, poiché in tal modo restano ignoti il soggetto che ha effettuato la valutazione e, soprattutto, la motivazione in base alla quale il legame è ritenuto irrilevante.

Si osserva poi che non ogni legame parentale impone un obbligo assoluto e automatico di astensione o sostituzione (Delibera ANAC 273/2022) oppure di esclusione del concorrente (TAR Sicilia PA 364/2022), quanto piuttosto una valutazione concreta, caso per caso, di incidenza del legame rispetto al regolare svolgimento dell’affidamento (cfr. amplius par. 8-9 Linee Guida ANAC n. 15).

Quanto al ruolo del RUP, si osserva che, nel caso di specie, lo stesso ha nominato il seggio di gara facendone parte, ha nominato la commissione giudicatrice facendone parte, ha curato i soccorsi istruttori, ha effettuato la verifica del possesso dei requisiti, ha adottato il provvedimento di aggiudicazione approvando gli atti di gara e, infine, ha curato l’esecuzione contrattuale.

Né ovviamente può assumere rilievo che talune valutazioni sono state effettuate da un organo collegiale (quale la commissione giudicatrice), in quanto l’art. 77 d.lgs. 50/2016 richiede che l’intero collegio non sia in conflitto, poiché anche la presenza di una persona in conflitto potrebbe alterare l’imparzialità (anche apparente) delle valutazioni svolte.

Quindi il ruolo del RUP nel caso di specie, è stato tutt’altro che marginale.

Pertanto, l’Autorità ritiene che l’aggiudicazione dell’affidamento in esame e la sua successiva esecuzione siano state condotte in violazione dell’art. 42 d.lgs. 50/2016, rimettendosi alla valutazione della stazione appaltante l’adozione delle opportune iniziative, anche di autotutela, da porre in essere.

La nozione di parentela e affinità – In ordine alle nozioni di parentela e affinità rilevanti ai fini del conflitto di interesse, l’ANAC osserva che l’art. 42 co. 2 d.lgs. 50/2016 richiama le ipotesi di astensione di cui all’art. 7 dpr 62/2013 il quale prevede che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi.”

Richiama poi l’art. 6 dpr 62/2013 secondo il quale “Fermi restando gli obblighi di trasparenza previsti da leggi o regolamenti, il dipendente, all’atto dell’assegnazione all’ufficio, informa per iscritto il dirigente dell’ufficio di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando: a) se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione”.

Le citate norme vanno lette alla luce delle nozioni civilistiche di parentela e affinità, in quanto vi è una unitarietà di fondo dell’ordinamento giuridico che consente di utilizzare nozioni e principii in modo trasversale, in assenza di una espressa deroga di settore, vieppiù considerando il richiamo di cui all’art. 30 co. 8 d.lgs. 50/2016 alle norme civilistiche.

In tal senso, l’art. 77 del c.c. dispone che “La legge non riconosce il vincolo di parentela oltre il sesto grado, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati”; mentre secondo l’art. 78 c.c. “L’affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge”.

Il codice civile, dunque, non stabilisce un limite di carattere generale per il vincolo di affinità, a differenza del rapporto di parentela.

Chiarita la distinzione (tra affinità e parentela), si osserva che la formulazione letterale adottata dall’art. 7 dpr 62/2013 – e richiamata dall’art. 42 co. 2 d.lgs. 50/2016 – non lascia dubbi in ordine alla volontà di distinguere concettualmente la nozione di parentela da quella di affinità: l’utilizzo della virgola rafforza la distinzione, mentre se il legislatore avesse voluto accomunare le due nozioni avrebbe presumibilmente adottato la congiunzione “e” tra le due fattispecie o avrebbe espressamente circoscritto la nozione civilistica di parentela. L’utilizzo della disgiuntiva “o”, nel caso di specie, riflette una chiara volontà di differenziare le ipotesi di parentela da quelle di affinità.

Pertanto, seppur è nota la prassi di alcune stazioni appaltanti di limitare la rilevanza della parentela, variamente al 2°, 3° o 4° grado (con ciò riflettendo una certa confusione applicativa), sulla base della esposta interpretazione letterale-sistematica delle norme di riferimento, si ritiene che la nozione di parentela rilevante ai sensi dell’art. 42 d.lgs. 50/2016 includa i parenti fino al 6° grado, conseguendone un obbligo dichiarativo, ove il legame sussista.   


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