Mentre l’art. 97, comma 3, impone un obbligo di procedere alla verifica dell’anomalia quando sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, siano entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara, il successivo comma 6 si limita a facoltizzare la stazione appaltante a procedere alla suddetta verifica quando l’offerta appaia, in base ad elementi specifici, anormalmente bassa.

Tar Lazio, Roma, sez. I bis, sentenza 16 luglio 2018, n. 7891, Presidente Anastasi, Estensore Perna

A margine

Il fatto

Nell’ambito di una procedura negoziata in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’affidamento di un servizio di gestione dell’asilo nido aziendale, la ditta seconda classificata, attesa la presunta anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, chiede l’annullamento dell’aggiudicazione senza ottenere riscontro.

La società ricorre dunque al Tar affermando che:

  • l’offerta della controinteressata sarebbe anomala e incongrua e, pertanto, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara;
  • l’Amministrazione avrebbe omesso di effettuare la verifica di congruità dell’offerta, prevista dal comma 6 dell’art. 97 del Codice dei contratti pubblici, così come avrebbe omesso di verificare la congruità del costo della manodopera, come prescritto dal comma 10 dell’art. 95 del Codice.

La sentenza

Il Tar ricorda che, ai sensi dell’art. 97, comma 3, D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, “Quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara”.

Ai sensi del successivo comma 6 dello stesso articolo, “La stazione appaltante in ogni caso può valutare la congruità di ogni offerta che, in base ad elementi specifici, appaia anormalmente bassa”.

Sul punto è stato costantemente affermato il principio secondo cui, mentre l’art. 97, comma 3, impone un obbligo di procedere alla verifica nei casi individuati, il successivo comma 6 si limita a facoltizzare la stazione appaltante a procedere alla suddetta verifica sempre che l’offerta, pur in assenza delle condizioni indicate dal comma precedente, appaia, in base ad elementi specifici, anormalmente bassa (Tar Sicilia – Catania, Sez. III, 13 aprile 2017, n. 805; Tar Lazio – Roma, Sez. II, 2 gennaio 2017, n. 24).

In sostanza, la citata disciplina distingue tra obbligo di procedere alla verifica nei casi di anomalia individuati dalla legge e facoltà riservata all’Amministrazione di ipotizzare autonomamente, “in base ad elementi specifici”, casi di anomalia diversi da quelli prestabiliti.

Nel caso in esame non sussistono i presupposti per la verifica obbligatoria dell’anomalia, in quanto, pur risultando il punteggio attribuito all’offerta tecnica dell’aggiudicataria superiore ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal disciplinare di gara, l’offerta economica della stessa non ha superato il limite dei quattro quinti.

Pertanto la stazione appaltante non era tenuta ad avviare la fase di verifica dell’anomalia dell’offerta, non essendo quest’ultima qualificata dalla legge (art. 97, comma 3, del D.lgs. n. 50/2016) come “anormalmente bassa”.

Né ha pregio la tesi secondo cui l’Amministrazione avrebbe dovuto in ogni caso valutare la congruità dell’offerta ai sensi del comma 6 dell’art. 97 del D.lgs. n. 50/2016 in quanto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la scelta di sottoporre l’offerta a verifica facoltativa di anomalia, ai sensi dell’art. citato, è rimessa all’ampia discrezionalità della stazione appaltante, che la dispone soltanto laddove “in base ad elementi specifici” l’offerta “appaia anormalmente bassa” nell’ambito di una valutazione ampiamente discrezionale, che non richiede un’espressa motivazione e che risulta sindacabile soltanto in caso di macroscopica irragionevolezza o illogicità (Tar Lombardia – Milano, Sez. IV, 27 ottobre 2017, n. 2048; Cons. Stato, Sez. III, 3 luglio 2015, n. 3329; id., 1° febbraio 2017, n. 438).

La giurisprudenza ha ancor più dettagliatamente chiarito che il giudizio di incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale, che rendano palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2018, n. 1350).

Parimenti infondata risulta la censura mossa per asserita mancata verifica di congruità del costo della manodopera ai sensi dell’art. 95, comma 10, del D.lgs. n. 50/2016 in quanto i valori del costo del lavoro, risultanti dalle apposite tabelle ministeriali, costituiscono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che l’eventuale scostamento delle voci di costo da essi non legittima, di per sé, un giudizio di anomalia (Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2017, n. 501; Tar Lazio – Roma, Sez. III, 4 agosto 2016, n. 9058).

Tuttavia, se è vero che le tabelle ministeriali recanti il costo della manodopera espongono dati non inderogabili, si deve altresì convenire che le medesime assolvono ad una funzione di parametro di riferimento dal quale è possibile discostarsi, in sede di verifica, solo sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa in ordine alle ragioni che giustificano lo scostamento.

Nella fattispecie in esame, la stazione appaltante, a fronte dell’asserita incongruità dell’offerta della ditta aggiudicataria per presunta sottostima del costo della manodopera, ha richiesto alla stessa un’analisi dei costi dettagliata a giustificazione dell’offerta presentata e l’aggiudicataria ha presentato giustificazioni dichiarando di applicare a tutto il personale impiegato il CCNL delle cooperative sociali.

Pertanto, considerati “tutti i costi dichiarati dettagliatamente motivati nella giustificazione presentata”, l’amministrazione ha ritenuto valida e congrua l’offerta della ditta aggiudicataria.

Il ricorso è dunque respinto.


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