Appare incompatibile con il modulo della adesione, una rinegoziazione delle condizioni contrattuali operata sulla base di scelte discrezionali della stazione appaltante che non siano state oggetto di un previo confronto concorrenziale aperto a tutte le imprese in possesso dei necessari requisiti.

Tar Toscana, Firenze, sez. III, sentenza 8 giugno 2017, n. 783, Presidente Trizzino, Estensore Gisondi

A margine

A seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 442 del 2016 che ha dichiarato la legittimità della clausola di estensione contrattuale inserita nei capitolati di gara per la fornitura del servizio di ristorazione ospedaliera, una centrale di committenza regionale ritiene di avvalersi nuovamente della menzionata disposizione, “estendendo” ad altra ASL della Regione, uno dei contratti di ristorazione ancora in essere con altre ASL del territorio regionale.

In particolare, vista l’esigenza di ottenere servizi aggiuntivi per l’ASL richiedente, non previsti nei predetti contratti attivi, la centrale, avvalendosi della previsione di cui all’art. 311 del D.P.R. n. 207/2010, fa richiesta alle due società affidatarie di formulare delle offerte economiche in variante al contratto base per la loro fornitura alla nuova ASL.

All’esito della comparazione delle offerte viene considerato più conveniente il “pacchetto” offerto da una delle due società che viene, quindi, prescelta per fornire il tutto all’ASL interessata in forza della clausola di adesione.

Tale procedura è contestata da un’impresa terza che lamenta l’improprio utilizzo della clausola di adesione per l’affidamento di un contratto avente ad oggetto prestazioni del tutto nuove e impugna davanti il Tar l’atto di affidamento.

Il giudice di prima grado accoglie il ricorso.

In particolare, il collegio ricorda che il Consiglio di Stato, nella sentenza 442 del 2016, ha individuato il fondamento normativo dell’estensione contrattuale a nuove amministrazioni nei principi di economicità e buon andamento della PA, ai quali risponderebbero sistemi di aggiudicazione volti ad sollevare le amministrazioni e le imprese dagli oneri connessi alla indizione ed alla partecipazione di “gare fotocopia”, e, più specificamente, nelle numerose norme sparse nell’ordinamento nazionale e comunitario che prevedono e promuovono (fino renderle in taluni casi obbligatorie) i sistemi centralizzati di acquisizione di beni e servizi attraverso le cd. “centrali di committenza”. Il tutto con la precisazione che proprio nell’ordinamento della sanità l’impulso legislativo alla centralizzazione degli acquisiti si sarebbe tradotto in specifiche disposizioni che consentono alle aziende sanitarie locali di stipulare contratti aderendo a convenzioni quadro (art. 17, d.l. n. 98/2011) e di accedere alle convenzioni stipulate dalle centrali di acquisito appositamente istituite dalle regioni (art. 1, comma 449, L. n. 296/2006).

Più di recente il Consiglio di Stato ha approfondito l’argomento nell’ordinanza di rimessione alla Corte di giustizia n. 1690 del 2017 nella quale il contratto con clausola di adesione non è stato più ricondotto alle discipline generali e di settore sulle centrali di committenza ma all’istituto dell’accordo quadro.

L’operazione ermeneutica compiuta dalla citata ordinanza merita, a giudizio del Collegio, condivisione.

E’ infatti nella disciplina degli accordi quadro che le fonti comunitarie stabiliscono a quali condizioni il contratto stipulato fra un’amministrazione aggiudicatrice ed un operatore economico all’esito di una gara possa essere utilizzato da amministrazioni aggiudicatrici diverse, prevedendo che queste debbano essere chiaramente individuate nell’avviso di indizione di gara (art. 33, comma 2, direttiva n. 24/2014) anche quando la stessa venga bandita da una centrale di committenza (la quale dovrebbe preventivamente rendere identificabili alle imprese interessate le identità delle amministrazioni aggiudicatrici che potenzialmente potrebbero far ricorso all’accordo quadro e la data in cui le stesse hanno acquisito il diritto di avvalersene – 60° considerando direttiva n. 24/2014).

La controversia in esame non verte, tuttavia, sugli aspetti afferenti le modalità di pubblicizzazione della clausola di estensione del contratto ma concerne, invece, i limiti in cui la centrale di committenza poteva modificarne i termini oggettivi, richiedendo all’impresa aggiudicataria di fornire prestazioni aggiuntive in esso non contemplate alla nuova amministrazione aderente.

Nella caso, la centrale di committenza ha ritenuto di poter applicare in sede di estensione del contratto ad altra amministrazione la norma sulle varianti contrattuali contenuta nell’art. 311 del D.P.R. n. 207 del 2010 vigente al momento della stipulazione del contratto secondo cui, possono essere richieste, nell’esclusivo interesse della stazione appaltante, varianti, in aumento o in diminuzione, finalizzate al miglioramento o alla migliore funzionalità delle prestazioni oggetto del contratto, a condizione che tali varianti non comportino modifiche sostanziali e siano motivate da obiettive esigenze derivanti da circostanze sopravvenute e imprevedibili al momento della sua stipulazione.

Siffatta situazione, tuttavia, non può ravvisarsi nei casi in cui la variazione del contratto in corso d’opera non sia richiesta dalla medesima amministrazione in favore della quale l’aggiudicatario sta già eseguendo la prestazione ma da una diversa amministrazione che vorrebbe aderirvi ex novo avvalendosi della clausola di estensione.

In tal evenienza manca infatti, del tutto, la valutazione dell’incidenza delle sopravvenienze sull’interesse soddisfatto dall’esecuzione del contratto e non risultano, quindi, applicabili le norme che sono volte a contemperare tale interesse con le regole pro concorrenziali.

Né può affermarsi che l’applicazione della disciplina delle varianti in corso d’opera anche alla nuova amministrazione aggiudicatrice gioverebbe alle esigenze di economicità e concentrazione degli acquisiti che stanno alla base della clausola di adesione, consentendo di estenderla anche in quei casi in cui siano richieste prestazioni accessorie.

In primo luogo perché in tale ipotesi si tratta di operare un bilanciamento fra interessi diversi da quelli presi in considerazione dalle norme sulle varianti in corso d’opera che, in assenza di copertura legislativa, non può essere autonomamente effettuato dall’amministrazione.

E, in secondo luogo, per il fatto che la legittimazione di operazioni di questo tipo si risolverebbe in una sorta di moltiplicatore degli effetti anti concorrenziali insiti in qualsiasi variante, effetti che se appaiono tollerabili quando la modifica delle condizioni riguarda l’amministrazione con cui il contratto è in corso, non possono ugualmente esserlo in una situazione in cui le varianti (da affidare senza gara) potrebbero riguardare una pluralità di amministrazioni interessate ad adattare il medesimo contratto (ancora da stipulare) alle proprie specifiche esigenze.

Pertanto appare incompatibile con il modulo della adesione, una rinegoziazione delle condizioni contrattuali operata sulla base di scelte discrezionali della stazione appaltante che non siano state oggetto di un previo confronto concorrenziale aperto a tutte le imprese in possesso dei necessari requisiti.

Tali affermazioni trovano supporto anche nella disciplina dell’accordo quadro nella quale è chiaramente previsto che il contenuto dei contratti esecutivi può essere specificato in una fase successiva ma solo se e nella parte in cui ciò sia espressamente previsto e consentito nei documenti di gara relativi all’aggiudicazione dell’accordo base.

Nel caso di specie è pacifico che le tipologie di prestazioni aggiuntive richieste per soddisfare le specifiche esigenze della ASL non fossero contemplate (nemmeno in via eventuale) dal contratto base stipulato con la ditta prescelta e siano state perciò oggetto di una apposita negoziazione (mediante richiesta di offerta economica) avvenuta attraverso un confronto competitivo fra due imprese non previsto, né autorizzato dal contratto originario.

Pertanto il Tar accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato.

di Simonetta Fabris


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