Della mancata tempestiva conclusione del procedimento, ai sensi dell’articolo 2 della legge 241/1990, risponde il RUP.

Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Molise, sentenza n 22 del 29 marzo 2017, Presidente Viciglione, Relatore Gagliardi

A margine

Nella vicenda, due Comuni vengono condannati dal Tar Molise per non aver emesso un provvedimento espresso a conclusione di un procedimento su istanza di parte con cui due soggetti chiedevano, nell’ambito di alcuni lavori di realizzazione di un collegamento stradale, l’eliminazione di due scarpate previste in progetto e la loro sostituzione con muri di sostegno, al fine di ridurre l’occupazione delle loro proprietà.

Il tutto determinando un danno alle casse comunali, ivi comprese per le spese legali sostenute, pari a € 1.432,56.

La procura individua nel Responsabile dell’area tecnica del comune e dell’opera, la persona che, nell’ambito del Comune, avrebbe dovuto curare l’istruttoria e la conclusione del procedimento in quanto investito della responsabilità della conclusione tempestiva dello stesso, ai sensi dell’art. 2 della L. n. 241/1990, ravvisando nel suo comportamento gli estremi della colpa grave, dal momento che l’obbligo di concludere il procedimento rappresenta un principio fondamentale dell’azione amministrativa, che non può essere ignorato o disatteso.

In particolare si ricorda che l’art. 2, comma 1, della L. n. 241/1990 prevede che “Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”.

Il dipendente citato, era quindi, nella prospettazione della procura, ben consapevole dell’auto vincolo assunto dall’Amministrazione, che comportava l’obbligo di concludere il procedimento avente per oggetto la richiamata variazione progettuale con un provvedimento espresso e, per questo, il PM chiede la sua condanna al pagamento del danno arrecato ai Comuni.

La Corte dei conti aderisce alle richieste della procura, considerato che la cura dell’istruttoria, ivi compreso l’onere della tempestiva conclusione del procedimento, non poteva che essere rimessa al Responsabile unico del procedimento dell’opera, nella persona del convenuto.

Sul punto non desta dubbio alcuno la normativa in materia che esplicitamente contempla (ex art. 6 lettera e L. n. 241/90) l’onere, a carico del RUP, della redazione del provvedimento finale, ovvero anche la trasmissione degli atti all’organo competente per l’adozione.

In concreto, ancora più ampie appaiono le funzioni del Responsabile Unico, laddove si consideri che ad esso sono demandati tutti i compiti relativi alle procedure di affidamento e alla vigilanza per la corretta esecuzione dei contratti, salvo che non siano specificamente attribuiti ad altri organi o soggetti.

In tal senso, non rivestono valore esimente le considerazioni difensive secondo cui la mancanza di un nuovo finanziamento regionale dell’opera pubblica avrebbe di fatto comportato la mancata conclusione del procedimento amministrativo per i lavori de quibus atteso che, come rilevato dal Tar Molise, essa non incide sull’obbligo di emissione di un provvedimento espresso, a conclusione del procedimento intrapreso, anche di tipo denegativo dell’istanza del privato.

La condotta del dipendente è quindi ritenuta produttiva di responsabilità erariale, essendo l’integrale lesione contestata riconducibile alla sua condotta omissiva, caratterizzata da colpa grave, per il rivestito ruolo di RUP.

Tutto ciò premesso, il Collegio ritiene tuttavia che ricorrano i presupposti per l’esercizio del potere riduttivo, ex art. n. 52 R.D. 1214/1936, nella misura del 50% del danno iscritto, anche in considerazione della generale complessità del procedimento amministrativo in tale materia, nonché dell’assenza di elementi che attestino nel soggetto convenuto precedenti di carriera non lodevoli.

di Simonetta Fabris

 

 


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