La pubblicazione di un piano di razionalizzazione delle società incompleto è idonea a configurare danno all’immagine dell’amministrazione solo se sussiste la colpa grave del responsabile  della prevenzione della corruzione e della trasparenza.

Corte dei conti, sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, sentenza 12 gennaio 2018, n. 5, Presidente Estensore Bax

A margine

Il fatto – La Procura della Corte dei conti chiede la condanna di un segretario comunale e responsabile pro tempore della trasparenza di un comune, al pagamento del danno erariale per l’omesso adempimento degli obblighi di comunicazione in merito a 50.000 euro investiti dal Comune, attraverso una partecipata (al 51%), in una Banca di credito cooperativo.

In particolare, vista la mancanza della predetta informazione, la Procura deduce la pubblicazione di un piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute dall’ente, incompleto e parziale.

Richiamata la normativa dettata dall’ art. 45, comma 4, e 46, comma 1, del D.Lgs. n. 33/2013 , integrata dall’ art. 1, comma 612 della l. n. 190/2014, la Procura prospetta un danno all’ immagine dell’Amministrazione di cui all’ art. 46, comma 1, D.Lgs. 33/2013 quantificato, in via equitativa ed in base ai parametri edittali di cui all’ art. 47, comma 2, del D.Lgs. 33/2013 (ad oggetto analoga situazione di omessa pubblicazione di dati ed informazioni in ambito societario), in € 2.500,00.

Dal canto suo, il segretario afferma:

  • di aver adempiuto all’obbligo di pubblicare il piano di razionalizzazione, ai sensi dell’art. 1, comma 612, della l. n. 190/2014, e che l’obbligo di approvare un piano di razionalizzazione completo incombeva sugli organi di vertice dell’Amministrazione;
  • che non era stato edotto di tale partecipazione indiretta ma di esserne venuto a conoscenza solo a seguito delle interrogazioni dei consiglieri comunali. Infatti, il report sulle società partecipate, in cui risulterebbe l’acquisto della richiamata partecipazione indiretta, risale al 2012, mentre la sua nomina presso il Comune al 2013.

La sentenza – La Corte ha respinto la richiesta della Procura ed assolto il segretario comunale implicato nella vicenda nella sua qualità di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza.

La vicenda risale alla vigenza dell’articolo 1, comma 611, della l. n. 190/2014, secondo cui  gli enti locali “ a decorrere dal 1° gennaio 2015, avviano un processo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute, in modo da conseguire la riduzione delle stesse entro il 31 dicembre 2015, anche tenendo conto dei seguenti criteri….”. Secondo tale disposizione, gli enti dovevano predisporre un piano di razionalizzazione entro il 31 marzo 2015, contenente modalità di realizzazione e risparmi attesi, corredato da apposita relazione tecnica, da trasmettersi alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti. A conclusione di tale razionalizzazione la norma stabiliva che, entro il 31 marzo 2016, gli enti locali dovevano trasmettere alla magistratura contabile una relazione sui risultati conseguiti da pubblicarsi sul sito istituzionale dell’ente.

La Corte, pur ritenendo sussistere nella fattispecie l’elemento materiale dell’illecito contestato, atteso che il segretario non aveva adempiuto all’ obbligo di pubblicare in modo completo il piano di razionalizzazione pur avendo il dovere di vigilare sulla sua completezza, non ha reputato ascrivibile al funzionario l’elemento soggettivo della colpa grave, dato che, oltre alla visura della Camera di commercio, da cui non risultava la partecipazione nella banca e, quindi, quella indiretta del Comune, una parziale pubblicazione non appare equiparabile ad un’omessa pubblicazione del piano su cui esiste, peraltro, una specifica competenza dell’organo politico.

Per la Sezione Toscana, la misura della condotta (diligente, perita e prudente) su cui il legislatore ha riposto l’affidamento per prevenire ed evitare il rischio di conseguenze patrimoniali negative per l’erario, e l’accertamento, in concreto, del grado di esigibilità della condotta normativamente prevista in ragione delle condizioni concrete della gestione (cfr., ex plurimis, Sez. III Centr. 6 settembre 2017 n. 428), permettono di affermare l’assenza della colpa grave in capo al responsabile della condotta.

Conclusioni –  Occorre, oltre all’elemento materiale, anche il concorso dell’elemento soggettivo della colpa grave per  potere accertare in capo al pubblico dipendente la responsabilità risarcitoria per danno all’ immagine dell’amministrazione nella fattispecie prospettata dalla normativa sugli obblighi di trasparenza (art. 46, comma 1, D. Lgs. n. 33/2013), trattandosi in questo caso di un’ipotesi di generale responsabilità risarcitoria, che richiede l’accertamento di tutti gli elementi costitutivi, e non di fattispecie direttamente sanzionata dalla legge per la quale “non soltanto è prevista una sanzione pecuniaria come conseguenza dell’ accertamento di responsabilità amministrativa ma anche … l’ automatica determinazione del danno” (SS.RR. n. 12/2011).

 


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