L’istituto della mobilità volontaria di cui al d.lgs. n. 165/2001 è inapplicabile “al personale di società partecipata al 100% da un Ministero, non assunto tramite procedure concorsuali pubbliche ma tramite procedure aziendali”.

Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, parere n. 56 del 19 aprile 2017, Presidente Bocci, Relatore Coppola

A margine

Nella vicenda un comune chiede alla Corte dei conti:

  • se sia possibile considerare quale dipendente pubblico di altra amministrazione, una unità di personale di società partecipata al 100% da un Ministero non assunto tramite procedure concorsuali pubbliche ma tramite procedure aziendali pubbliche;
  • se sia possibile applicare al personale di società partecipata al 100% da un Ministero, non assunto tramite procedure concorsuali pubbliche ma tramite procedure aziendali, l’istituto dell’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001.

La Corte ricorda che si tratta della disciplina sulla mobilità del personale alle dipendenze di società partecipate da enti pubblici, per cui risulta vigente il d.lgs. n. 175/2016 “Testo unico società partecipate” ed in particolare della questione se siano applicabili a tale settore, i principi della mobilità vigenti nel pubblico impiego (art. 30, d.lgs. n. 165/2001).

In proposito, la sezione Autonomie, con deliberazione n. 9-2015 Qmig, ha evidenziato, in relazione alle esigenze di mobilità del personale delle società controllate direttamente o indirettamente dalle P.A. di cui all’art. 1, c. 2, del d.lgs. n. 165/2001 espressamente richiamate dall’art. 1 commi 563-568 del d.lgs. n. 147/2013 – commi abrogati dall’ art. 28, comma 1, lett. t), D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”- che la finalità di tali norme è quella di “predisporre mezzi di tutela in favore del personale in esubero a seguito dei processi di razionalizzazione della galassia delle partecipazioni pubbliche e, nel contempo, di incentivare il percorso di risanamento degli organismi partecipati, anche al fine della riduzione degli oneri gravanti sugli Enti soci”.

Il tutto, affermando che la soluzione al problema dell’ “esubero del personale delle società partecipate” non potesse essere trovata nel riassorbimento dello stesso personale nei ruoli dell’Ente partecipante.

In tal senso, pure la Corte costituzionale ha più volte censurato le leggi regionali che consentono “meccanismi di reinternalizzazione attraverso il passaggio automatico dalla società partecipata all’ Ente territoriale”, perché in tal modo si aggirerebbe l’art. 97 della Costituzione sull’obbligo del pubblico concorso.

In particolare, tale operazione realizzerebbe un’ipotesi di «inquadramento riservato senza concorso» anche nei casi in cui il personale dipendente da una società partecipata “fosse stato assunto ab origine in seguito all’espletamento di una procedura selettiva equiparabile ad un concorso pubblico; argomentazione che tiene conto del carattere chiuso e riservato di tale passaggio, in contrasto con la regola costituzionale che garantisce l’imparzialità mediante l’accesso dall’esterno con procedure selettive di reclutamento. Ciò senza considerare i riflessi sul rispetto, da parte degli enti territoriali, dei limiti alle facoltà assunzionali e delle norme sul patto di stabilità interno”.

La legge n. 147/2013 ha sicuramente previsto alcune disposizioni sulla mobilità del personale dipendente da società a partecipazione pubblica ritenendole applicabili di diritto ai dipendenti in esubero per effetto dello scioglimento o dell’alienazione delle società; procedure, queste, che sono state incentivate anche mediante la previsione di benefici fiscali e contabili individuati dall’art. 2, c. 1, d.l. 6 marzo 2014, n. 16 che ha aggiunto, all’art. 1, l. n. 147/2013, il comma 568-bis.

Tuttavia, oggi, la disciplina del d.lgs. n. 175/2016 e in particolare l’art. 19 del decreto, rubricato “Gestione del personale”, commi 1, 2 e 8, evidenzia la diversa identità di settore e il differente ambito operativo della mobilità all’interno delle società pubbliche rispetto alla disciplina del personale del pubblico impiego di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001.

Pertanto, considerata la differente collocazione sistematica delle due discipline, è indubbio, che l’art. 30 del TUPI non è in alcun modo applicabile in maniera generalizzata al settore del personale delle società a partecipazione pubblica, per il qual può operare solo nei ristretti ambiti soggettivi e oggettivi, legislativamente consentiti, di “reinternalizzazione di funzioni o servizi esternalizzati” e di “riassorbimento delle unità di personale già dipendenti a tempo indeterminato da amministrazioni pubbliche e transitate alle dipendenze della società interessata dal processo di reinternalizzazione”.

Tale preclusione discende, oltre che dalla lettera delle norme, anche dall’esigenza di rispettare il divieto di attuare processi di mobilità eludendo i vincoli assunzionali nonché i principi costituzionali che garantiscono l’accesso tramite concorso pubblico.

Peraltro, la sussistenza di diversi criteri di individuazione del c.d. “settore pubblico allargato”, caratterizzato da un “perimetro che risulta mutevole nel tempo, come nel caso delle unità istituzionali inserite nell’elenco annuale predisposto dall’ISTAT”, dimostra che la scelta di estendere le misure di “pubblicizzazione” deve essere rimessa al prudente apprezzamento del legislatore e soprattutto che ”le norme sulla mobilità del personale dipendente dalle società partecipate (e dalle aziende speciali) introdotte dalla “legge di stabilità 2014”- ora confluite nel d.lgs. n. 175/2016 – “sono da considerare di stretta interpretazione”.

Alla luce di quanto esposto, non potendo considerare “quale dipendente pubblico di altra amministrazione unità di personale di società partecipata al 100% da un Ministero non assunto tramite procedure concorsuali pubbliche ma tramite procedure aziendali pubbliche” consegue che è da ritenere preclusa l’applicabilità dell’istituto dell’art. 30 del d.lgs. n. 165/2001 al personale di società partecipata al 100% da un Ministero, non assunto tramite procedure concorsuali pubbliche ma tramite procedure aziendali”.


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