IN POCHE PAROLE…

Il dipendente che, in più occasioni, si assenta dal servizio senza timbrare la pausa pranzo, lede irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l’amministrazione datrice di lavoro e giustifica la massima sanzione espulsiva.

Corte di Cassazione, Sezione L, Civile, Sentenza 2 novembre 2023 n. 30418 – Pres. Di Paolantonio, Est. Tricomi

La prospettazione del minimo danno economico arrecato all’ente non rileva a fronte della gravità dell’inadempimento commesso e del rilevante danno all’immagine dell’Amministrazione affermato anche dalla Corte dei conti.

A margine

Il caso – La Corte d’Appello di Brescia conferma il licenziamento disciplinare, ai sensi dell’articolo 55-quater del Decreto Legislativo n. 165 del 2001, irrogato dal MIUR nei confronti di una collaboratrice scolastica per essersi, in cinque occasioni nell’anno 2017, allontanata dall’istituto scolastico per tutta la durata della pausa pranzo senza strisciare il badge sia all’uscita che al rientro.

Pertanto la dipendente si appella alla Corte di Cassazione affermando che il primo giudice non avrebbe considerato gli elementi diretti ad attenuare l’intensità dell’elemento soggettivo e la gravità del comportamento assunto dalla lavoratrice in relazione alla sanzione disciplinare comminata, non essendosi determinata alcuna disfunzione del servizio lavorativo ed essendo stato ridotto il risarcimento del danno richiesto dalla Pubblica amministrazione a 1.000 Euro con la sentenza pronunciata dalla Corte dei conti.

In sostanza l’affermata gravità della condotta illecita contestata alla lavoratrice si porrebbe, in contrasto con gli articoli 35 e 3 Cost., atteso che il licenziamento costituisce estrema ratio.

La sentenza

Il collegio respinge il ricorso venendo in rilievo, nel caso in esame, il licenziamento disciplinare per falsa attestazione della presenza sul luogo di lavoro, concretizzatosi non già mediante materiale alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza, bensì  “con altre modalità fraudolente” e cioè la mancata timbratura dell’uscita dall’ufficio, non autorizzata.

La stessa Corte, nell’interpretare il Decreto Legislativo n. 165 del 2001, articolo 55 quater, lettera a), ha affermato che la condotta di rilievo disciplinare se, da un lato, non richiede un’attività materiale di alterazione o manomissione del sistema di rilevamento delle presenze in servizio, dall’altro deve essere oggettivamente idonea ad indurre in errore il datore di lavoro, sicché anche l’allontanamento dall’ufficio, non accompagnato dalla necessaria timbratura, integra una modalità fraudolenta, diretta a rappresentare una situazione apparente diversa da quella reale (Cass. n. 17367 del 2016 e Cass. n. 25750 -2016).

In particolare secondo la Corte è falsa attestazione (prima e dopo la riforma) non solo la alterazione/manomissione del sistema automatico di rilevazione delle presenze, ma anche il non registrare le uscite interruttive del servizio. Nell’eventuale contrasto tra legge e contrattazione collettiva prevale – in quanto imperativa – la disciplina legale, anche se meno favorevole al lavoratore.

Ferma la tipizzazione della sanzione disciplinare (licenziamento) una volta che risulti provata la condotta, permane la necessità della verifica del giudizio di proporzionalità o adeguatezza della sanzione che si sostanzia nella valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in relazione al concreto rapporto e a tutte le circostanze del caso.

Nel merito, il relativo CCNL là dove afferma il diritto alla pausa pranzo non esonera il dipendente dall’incombenza di effettuare la timbratura quando interrompe il servizio per usufruire della pausa pranzo. Anzi, il CCNL relativo al comparto scuola per il quadriennio 2006-2009 ha previsto (articolo 92, lettera g) l’obbligo di rispettare l’orario di lavoro e di adempiere alle formalità previste per la rilevazione delle presenze e di non assentarsi dal luogo di lavoro senza l’autorizzazione del dirigente scolastico.

La Corte d’Appello ricorda che il piano di lavoro del personale ATA per l’a.s. 2016/2017, inoltre, ribadiva che l’accertamento della presenza sul posto di lavoro del personale doveva avvenire tramite la timbratura elettronica del badge personale, che nel caso di dimenticanza del badge bisognava segnalare tempestivamente la cosa al DGSA (chiariva, altresì, che l’uscita durante l’orario di lavoro doveva essere preventivamente autorizzata dal DGSA e che in caso contrario il dipendente sarebbe stato considerato assente ingiustificato). Per di più, dalla comunicazione n. 98 del 17.01.2009 risultava che il personale ATA dell’Istituto scolastico fosse stato specificamente informato delle modalità di utilizzo del badge e dell’obbligo di procedere alla timbratura in ogni occasione di assenza dal luogo di lavoro per motivi personali.

Pertanto, la Corte d’Appello ha affermato che, in sostanza, le condotte tenute dalla lavoratrice non possono essere giustificate o comunque valutate con minor rigore solo perché poste in essere in coincidenza dell’orario della pausa pranzo, atteso che era chiara a tutto il personale l’esistenza dell’obbligo di procedere alla timbratura anche nel caso di assenza per recarsi a pranzo.

Tale statuizione attua correttamente i principi sopra richiamati in quanto la Corte d’Appello non ha tratto l’intenzionalità della condotta fraudolenta della lavoratrice dalla circostanza in sé dell’uscita dall’ufficio in mancanza di previa autorizzazione e timbratura, che costituisce violazione presuntivamente grave, ma ha effettuato il contestuale e non frazionato esame degli elementi dedotti dalla lavoratrice e non contestati nella loro materialità, diretti a vincere tale presunzione, in particolare la coincidenza con la pausa pranzo, escludendone con specifiche argomentazioni la rilevanza.

La lesione del vincolo fiduciario con l’istituto scolastico La Corte d’Appello ha, dunque, correttamente affermato che la condotta negligente della lavoratrice, reiterata e grave per le modalità con le quali è stata realizzata, lede irrimediabilmente il vincolo fiduciario con l’amministrazione datrice di lavoro e giustifica la massima sanzione espulsiva.

Allo stesso modo, correttamente, la prospettazione della minima misura del danno economico arrecato, parametrato alla retribuzione indebitamente maturata durante le uscite dalla scuola per motivi personali, non è stata ritenuta dirimente attesa la gravità dell’inadempimento commesso dalla dipendente e il rilevante danno all’immagine dell’Amministrazione affermato anche dalla Corte dei conti.

Pertanto il ricorso in cassazione è respinto


Stampa articolo