IN POCHE PAROLE….

I termini per la notifica della contestazione disciplinare devono essere rispettati, pena la lesione del diritto di difesa dell’interessato.


Corte di Cassazione, Sent. Sez. L, sentenza 16 novembre 2021 n. 34702, Pres. Manna, Est. Negri della Torre


I termini per la notifica della contestazione disciplinare devono essere rispettati pena la lesione del diritto di difesa dell’interessato.

Il rispetto dei termini è funzionale a dare all’incolpato il tempo necessario a raccogliere elementi a propria difesa implicando che il dies a quo per il computo del termine coincida con la data in cui il lavoratore abbia avuto conoscenza, effettiva o legalmente equipollente, dell’addebito elevato.

A margine

La Corte di appello di Roma dichiara illegittimo il licenziamento di un dipendente pubblico a fronte di un procedimento disciplinare viziato da una violazione del diritto di difesa in relazione alla notifica della contestazione disciplinare.

In particolare, la Corte ritiene perfezionato in data 17/12/1998 il procedimento di notificazione ex art. 149 cod. proc. civ. della lettera di contestazione relativa ad un’assenza ingiustificata per oltre dieci giorni consecutivi, rilevando che erano decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata contenente l’avviso della tentata notifica e dal deposito del piego presso l’ufficio postale.

Pertanto, ha ritenuto che, l’audizione del lavoratore, fissata per il precedente 10/12/1998, non rispettasse il comma 3 dell’art. 24 C.C.N.L. Comparto Enti Locali del 6 luglio 1995, il quale disponeva che la convocazione non potesse avvenire prima che fossero trascorsi cinque giorni lavorativi dalla contestazione del fatto che vi aveva dato causa.

Tale previsione risponde all’esigenza di dare all’incolpato il tempo necessario a raccogliere elementi a propria difesa implicando che il dies a quo per il computo del termine coincida con la data in cui il lavoratore abbia avuto conoscenza, effettiva o legalmente equipollente, dell’addebito elevato.

Il Comune si rivolge alla Corte di Cassazione richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui l’inosservanza del termine tra la convocazione del lavoratore per essere sentito in sede istruttoria procedimentale e la sua audizione può essere causa di nullità del procedimento solo ove il lavoratore deduca e dimostri che il suo diritto di difesa è stato compromesso dalla contrazione del termine medesimo (Corte di Cassazione sentenza n. 17245-2016).

Contesta inoltre il punto della sentenza che lo ha condannato a ripristinare il rapporto di lavoro e al pagamento delle retribuzioni dovute dalla data del licenziamento a quella della effettiva ricostituzione del rapporto, con tali statuizioni essendosi determinati, pur in presenza di rapporto anteriore al d.lgs. n. 23/2015, un arricchimento del tutto ingiustificato del lavoratore e una palese disparità di trattamento in situazioni analoghe.

La sentenza

 Il Collegio ritiene il primo motivo infondato ricordando che l’art. 24 del C.C.N.L. Comparto Enti Locali del 6 luglio 1995, prevede, al c. 2, che

“L’Amministrazione, salvo il caso del rimprovero verbale, non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del dipendente, senza previa contestazione scritta dell’addebito da effettuarsi tempestivamente e comunque non oltre 20 giorni da quando il soggetto competente, che secondo l’ordinamento dell’amministrazione è tenuto alla contestazione, è venuto a conoscenza del fatto e senza aver sentito a sua difesa con l’eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato”; e, al successivo comma 3, che “La convocazione scritta per la difesa non può avvenire prima che siano trascorsi cinque giorni lavorativi dalla contestazione del fatto che vi ha dato causa. Trascorsi inutilmente 15 giorni dalla convocazione per la difesa del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi 15 giorni”.

In materia è stato ritenuto che per il computo del c.d. termine a difesa, che precede l’audizione dell’interessato, occorre avere riguardo al momento in cui il lavoratore ha avuto conoscenza degli addebiti a lui mossi e, dunque, alla data di ricevimento della contestazione, in riferimento alla quale lo stesso lavoratore è posto in condizione di poter predisporre una difesa circostanziata in relazione ai fatti oggetto di addebito (Cass. n. 3686/2010); nel medesimo senso Cass. n. 20724/2007, ove è precisato che il termine assegnato al dipendente per la presentazione delle proprie giustificazioni decorre dal momento in cui quest’ultimo ha ricevuto la lettera di contestazione e non dal giorno in cui la stessa è stata inviata, poiché la ratio sottesa alla norma è funzionale alla tutela del diritto di difesa dell’incolpato, nonché Cass. n. 5714/2015, in cui nuovamente si ribadisce che il termine in questione decorre dalla data di ricevimento della lettera di contestazione disciplinare, rispondendo ad una esigenza di tutela del diritto di difesa del lavoratore.

Nella fattispecie concreta l’audizione a difesa risulta addirittura fissata dal datore di lavoro in una data anteriore a quella in cui è da ritenere che il dipendente avesse avuto conoscenza della contestazione, secondo l’accertamento compiuto dalla Corte di merito.

Ne consegue che è pienamente condivisibile la sentenza impugnata, là dove sottolinea la illegittimità del licenziamento in quanto esito di un procedimento disciplinare affetto da una evidente quanto grave lesione del diritto di difesa.

Non rileva, d’altra parte, il precedente citato nell’ambito del motivo in esame (Cass. n. 17245/2016), trattandosi di caso con tutta evidenza diverso rispetto a quello oggetto di giudizio, in cui l’audizione del lavoratore, in quanto fissata in data anteriore al perfezionarsi del procedimento di notifica della contestazione disciplinare, è scollegata dalla stessa conoscenza dell’addebito, sul quale la difesa dell’incolpato sarebbe stata chiamata a misurarsi.

E’ infatti chiaro che non vi può essere convocazione a difesa prima che si realizzi la conoscenza della lettera di contestazione disciplinare e, con essa, dell’addebito che viene mosso al lavoratore: elemento, questo, che costituisce un imprescindibile presidio a difesa dell’incolpato, come posto in evidenza dagli arresti di legittimità richiamati e come, del resto, dimostra la stessa collocazione del termine di cinque giorni insieme con la previsione della forma scritta della contestazione dell’addebito.

Il secondo motivo del ricorso principale risulta palesemente inammissibile, essendosi la Corte di appello esattamente riferita all’art. 18 L. n. 300/1970 nella formulazione applicabile ad un rapporto in esame, sorto in epoca precedente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 23/2015.

 


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