La diffusione massiccia della sigaretta elettronica ha indotto le pubbliche amministrazioni all’adozione di strumenti per vietarne l’utilizzo negli uffici pubblici.

L’istituto giuridico prescelto dai primi enti che sono intervenuti in merito è l ’ordinanza, a mezzo della quale è stato disposto il divieto di fumo all’interno degli uffici anche per l’uso delle sigarette elettroniche.

In particolare, si è assistito all’adozione di ordinanze sottoscritte dal dirigente competente, afferenti alla tipologia delle ordinanze ordinarie, ossia in applicazione di leggi o regolamenti.[i]

Le ragioni di fatto e di diritto che hanno supportato il provvedimento in questione riconducono direttamente all’art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, a mezzo del quale è stato disposto il divieto di fumare nei locali chiusi aperti al pubblico ed è stata confermata la vigenza delle disposizioni della legge 11 novembre 1975, n. 584, concernenti il divieto di fumo nei pubblici uffici.

A sostegno della parte motiva del provvedimento in parola sono state richiamate:

– la finalità perseguita dal legislatore e esplicitata nella circolare 17 dicembre 2004 del Ministero della salute di tutela della salute dei non fumatori, “con l’obiettivo della massima estensione possibile del divieto di fumare, che, come tale, deve essere ritenuto di portata generale, con la sola limitazione delle eccezioni espressamente previste”;

– la nota dell’Unità Socio Sanitaria Locale, a mezzo della quale è stato vietato l’utilizzo in area ospedaliera delle sigarette elettroniche, quale misura precauzionale, in quanto non sussisterebbero elementi sicuri per escludere la pericolosità delle stesse[ii].

A ben vedere il predetto provvedimento ha la veste formale di ordinanza ordinaria ma natura sostanziale di direttiva interpretativa circa l’applicazione della normativa concernente il divieto di fumo nei locali chiusi aperti al pubblico.

La predetta osservazione rinviene fondamento nelle considerazioni che seguono.

In materia di procedimento sanzionatorio amministrativo vige il principio di legalità, previsto dall’art. 1 della legge n. 689/1981, secondo il quale nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.

L’applicazione concreta della forza di tale principio è alla base della novella legislativa di cui all’art. 16 della legge 16 gennaio 2003, n. 3, a mezzo della quale è stato colmato il vuoto legislativo in materia di violazione ai regolamenti comunali e provinciali con l’introduzione dell’art. 7-bis del D.Lgs n. 267/2000 (TUEL).

Invero, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 267/2000 è stato abrogato il richiamo agli artt. 106 e seguenti del regio decreto 3 marzo 1934, n. 383, contenuto nei testi normativi previgenti al nuovo testo unico degli enti locali, che dava fondamento legale alle violazioni ai regolamenti comunali e provinciali.

L’art. 7-bis citato stabilisce al comma 1 che, salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro.

Orbene, l’ordinanza che estende il divieto di fumo alle sigarette elettroniche non è costitutiva del divieto medesimo, ma riconduce alla diretta applicazione della legge che dispone il divieto di fumare nei locali chiusi aperti al pubblico.

Del resto, in assenza di una norma di rango primario o di una norma regolamentare, lo strumento dell’ordinanza ordinaria non avrebbe la forza di prevedere sanzioni amministrative, poiché sarebbe in contrasto con il principio di legalità.

In conclusione, appare preferibile diramare una direttiva interpretativa agli organi accertatori delle violazioni amministrative, a mezzo della quale si sostiene l’applicabilità della legge n. 3/2003 anche all’uso delle sigarette elettroniche, da pubblicizzare adeguatamente completando  gli avvisi sul “divieto di fumo” con “anche di sigarette elettorniche” .

Ciò anche al fine di non ingenerare la convinzione che l’ordinanza sia dotata di effetti costitutivi del divieto di usare la sigaretta elettronica negli uffici pubblici e la conseguente proposizione di impugnative dell’ordinanza stessa.

Giova rilevare che, a prescindere dalle predette considerazioni in merito all’istituto giuridico utilizzato, non appare pacifica l’estensione della legge “antifumo” all’uso delle sigarette elettroniche.

In altri termini, da una parte si può sostenere che l’art. 51 della L. n. 3/2003 non cita espressamente il fumo di tabacco e pertanto l’uso della sigaretta elettronica rientrerebbe nell’ambito oggettivo del divieto di fumo nei pubblici uffici.

Dall’altra, sussistono argomentazioni che conducono all’opposta conclusione, dotate forse di maggior pregio giuridico.

La prima fa leva sulla circostanza, non secondaria, che il divieto previsto dalla legge n. 3/2003 ha ad oggetto il fumo, mentre la sigaretta elettronica non emette fumo, bensì vapore.

Il vapore è acqua che passa dallo stato liquido allo stato aeriforme, dando luogo al fenomeno della evaporazione; ben diverso è il fumo della sigaretta, la cui tossicità è, tra l’altro, riconducibile al processo di combustione del tabacco.

Il fatto che il vapore della sigaretta elettronica “simula” perfettamente il fumo non è elemento sufficiente a identificare i due fenomeni che rimangono ben distinti sul piano fisico e degli effetti sulla salute.

Anche sotto questo profilo è utile ricordare che accanto alle sigarette elettroniche contenenti nicotina nel serbatoio ne esistono altre prive di tale elemento e comunque, il processo al quale tutte danno luogo è l’emissione di vapore e non di fumo.

Sulla base delle considerazioni appena svolte non potrebbe sostenersi che l’uso della sigaretta elettronica rientra nel campo applicativo della legge antifumo.

Sul piano degli effetti giuridici, l’adesione alla costruzione interpretativa da ultimo descritta precluderebbe l’applicazione della legge n. 3/2003 all’utilizzo delle sigarette elettroniche.

A supporto di siffatta conclusione milita, inoltre, la valenza del principio di legalità, di tassatività e del divieto di applicazione estensiva delle norme sanzionatorie[iii].

Dato il rappresentato quadro non univoco sarà interessante, in assenza di apposito provvedimento normativo in materia, conoscere l’orientamento dei primi giudici di pace chiamati a decidere i contenziosi che potranno svilupparsi in materia.

Antonello Accadia


[i] Uno dei primi casi è quello del Comune di Vicenza che ha esteso il divieto di fumo all’interno degli uffici comunali alle sigarette elettroniche, a mezzo di ordinanza dell’11 marzo 2013.

[ii] Cfr. nota dell’ULSS n. 6 Vicenza-Dipartimento di Direzione Medica in data 27 febbraio 2013.

[iii] Cfr Cons. stato, sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6168, secondo il quale la normativa antifumo, di cui all’art. 51 L. n. 3/2003, è da considerarsi di stretta interpretazione.

[iv] Segretario Generale del Comune di Bassano del Grappa.


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