IN POCHE PAROLE…

A norma dell’art. 17 del R.D. 18/11/1923 n. 2440, i contratti conclusi dalla P.A. richiedono la forma scritta ad substantiam e devono essere consacrati in un unico documento, ciò che esclude il loro perfezionamento attraverso lo scambio di proposta ed accettazione tra assenti (salva l’ipotesi eccezionale prevista ex lege di contratti conclusi con ditte commerciali).

Corte di Cassazione, III sez. civile, ordinanza 21 novembre 2023, n. 32337 – Pres. Sestini, Est. Gianniti

Il requisito della forma scritta ad substantiam è rispettato nel caso in cui l’incarico da svolgere sia previsto in convenzione non sottoscritta dal Sindaco, sempre che detta convenzione disciplini i termini fondamentali del rapporto, sia stata sottoscritta dal professionista incaricato e sia stata allegata in originale quale parte integrante della delibera con la quale la giunta comunale, presieduta dal Sindaco, ha conferito l’incarico.

A margine

Il caso – Nel 2006 un geometra chiama in giudizio un Comune per accertare che gli era stata conferito un incarico professionale per la redazione di un progetto esecutivo nell’ambito di un programma di recupero di edifici a fronte di una convenzione recepita con delibera di giunta nel novembre 1992 e chiedendo il pagamento di quanto dovuto per cui il Comune risultava inadempiente.

Il Tribunale di Cassino dopo aver respinto l’eccezione di nullità della domanda per indeterminatezza dell’oggetto (art. 164 e 163 n. 3 c.p.c.) accogliela domanda, formulata in via principale.

Avverso la sentenza proponeva appello il Comune eccepisce la nullità del contratto per difetto della prova scritta in quanto la “convenzione” che conferiva l’incarico, allegata quale parte integrante e sostanziale in originale alla delibera di giunta n. 272 bis del 18.11.1992, non risultava sottoscritta dal Sindaco ma soltanto dai 5 professionisti incaricati nell’ambito del progetto.

La Corte di Appello di Roma con sentenza n. 2897/2020, in accoglimento dell’appello, dichiara la nullità del contratto per difetto di forma scritta e dichiara il ricorrente decaduto sulla domanda di indebito arricchimento, non avendola riproposta ex art. 346 c.p.c.

Pertanto l’interessato si appella alla Corte di Cassazione affermando che nel caso dì specie si sia realizzato un unico contestuale atto, formato dalla “proposta” sottoscritta dai 5 professionisti (cioè la convenzione) e dall’accettazione della proposta, sottoscritta dalla Giunta Comunale presieduta dal Sindaco (e cioè la delibera), che soddisfa pienamente i requisiti di forma prescritti dall’art. 17 del R.D. 18/11/1923 n. 2440 ed è conforme alla ratio legis perseguita da tale norma.

Inoltre il Comune non avrebbe mai eccepito agli altri 4 tecnici incaricati la “nullità” del contratto per carenza di firma del Sindaco, e tutti i predetti professionisti sono stati nelle more pagati per l’incarico svolto mentre la questione della nullità è stata per la prima volta sollevata dal Comune in sede di atto di appello.

L’ordinanza

Ad avviso del collegio, in tema di contratti stipulati da un professionista con un Comune, il requisito della forma scritta ad substantiam è da intendersi rispettato nel caso in cui l’incarico da svolgere sia previsto in convenzione non sottoscritta dal Sindaco, sempre che detta convenzione disciplini i termini fondamentali del rapporto, sia stata sottoscritta dal professionista incaricato e sia stata allegata in originale quale parte integrante della delibera con la quale la giunta comunale, presieduta dal Sindaco, ha conferito l’incarico. In tal caso, infatti, si forma un unico contestuale atto, costituito dalla proposta sottoscritta dal professionista (la convenzione, per l’appunto) e dalla relativa accettazione (la delibera di giunta, di conferimento dell’incarico).

Pertanto la Corte accoglie l’appello cassando la sentenza e rinviando la decisione alla Corte d’Appello per il riesame in diversa composizione.

Sulla forma scritta ad substantiam Per il contratto d’opera professionale, il contratto deve tradursi, a pena di nullità, nella redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell’organo attributario del potere di rappresentare l’Ente interessato nei confronti dei terzi, dal quale possa desumersi la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere ed al compenso da corrispondere.

In mancanza di detto documento contrattuale, ai fini d’una valida conclusione del contratto rimane del tutto irrilevante l’esistenza di una deliberazione con la quale l’organo collegiale dell’Ente abbia conferito un incarico ad un professionista, o ne abbia autorizzato il conferimento, in quanto detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale nei confronti del professionista, ma un atto con efficacia interna all’Ente che, almeno ai fini che ne occupano, ha solo natura autorizzatoria e quale unico destinatario il diverso organo legittimato ad esprimere la volontà all’esterno.

Nel caso di specie, di tali principi di diritto non ha fatto corretta applicazione la corte territoriale, in quanto è incontroverso che la convenzione, predisposta dal Comune e sottoscritta dai 5 professionisti, è stata approvata dalla Giunta Comunale con la delibera n. 272 bis del 18.11.1992, avente ad oggetto quanto sopra indicato, alla quale è stata allegata con l’espressa dichiarazione che si trattava di parte integrante ed essenziale della delibera stessa.

Pertanto è indubbio che la procedura di conclusione del contratto scritto, scelta dal Comune ha garantito: sia il «regolare svolgimento dell’attività amministrativa nell’interesse sia dei professionisti che della collettività», senza impedire «l’espletamento della funzione di controllo» ed, anzi, perseguendo «i principi d’imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione»; sia «la concreta instaurazione del rapporto con le indispensabili determinazioni in ordine alla prestazione da rendere ed al compenso da corrispondere», tant’è che non vi è stata da parte dell’ente comunale la necessità di adottare altre delibere o di concludere altri contratti (in senso conforme Cass. ord. n. 11465)/2020.

Il principio della forma scritta ad substantiam  consolidato da tempo: secondo il Giudice di legittimità il contratto concluso con la P.A. in difetto del predetto requisito formale è nullo e non è sanabile in alcun modo e sotto nessun profilo (Cfr., ex multis, Cass. 25.11.2003, n. 17891; Cass., sez. I civile, 13.10.2016 n. 20690). Tale principio è stato attenuato in alcune decisioni più recenti della Cassazione, come quella in commento.

Sempre di recente la Cassazione a Sezioni Unite (sent. n. 9775/2022 del 25 marzo 2022)  ha statuito che “Per la valida stipulazione dei contratti della P.A., anche diversi da quelli conclusi a trattativa privata con ditte commerciali, il requisito della forma scritta “ad substantiam” non richiede necessariamente la redazione di un unico documento, sottoscritto contestualmente dalle parti, poiché l’art. 17 del r.d. n. 2440 del 1923 contempla ulteriori ipotesi in cui il vincolo contrattuale si forma mediante l’incontro di dichiarazioni scritte, manifestate separatamente, che per l’amministrazione possono assumere anche la forma dell’atto amministrativo”).


Stampa articolo