È legittimo il provvedimento di diniego all’accesso civico alle informazioni e ai documenti sull’importazione di latte e prodotti lattiero-caseari da Paesi extra-Ue, in quanto coinvolgente una pluralità quasi indeterminata di soggetti produttori o utilizzatori di prodotti lattiero caseari controinteressati da consultare e alla luce della notevole mole di materiale da raccogliere.

Tar Lazio, Roma, sez. III-quater, sentenza 16 marzo 2018, n. 2994, Presidente Sapone, Estensore Biancofiore


A margine

Il fatto

La Coldiretti propone diverse istanze di accesso civico al Ministero della Salute per ottenere dati e documenti relativi alla importazione di latte e prodotti lattiero caseari da Paesi non facenti parte della Comunità Europea. Il Ministero contesta la genericità della stessa e la mancata individuazione dei controinteressati, concludendo per l’ostensione di un report riassuntivo di tutte le informazioni in cui i nomi delle ditte fossero oscurati.

Pertanto la confederazione ricorre al Tar lamentando la violazione e falsa applicazione degli articoli 5 e 5 bis del d.lgs. n. 33 del 2013.

Il Ministero si oppone affermando nuovamente le esigenze di tutela dei dati personali e degli interessi economici che coinvolgono un elevato numero di controinteressati.

La sentenza

Il Tar ritiene le richieste ostensive irragionevoli in quanto coinvolgenti una pluralità quasi indeterminata di soggetti produttori o utilizzatori di prodotti lattiero caseari. In proposito il collegio ricorda la chiara differenziazione operata dalle Linee Guida del 28 dicembre 2016 tra accesso generalizzato e accesso civico, secondo cui: “L’accesso civico rimane circoscritto ai soli atti, documenti e informazioni oggetto di obblighi di pubblicazione e costituisce un rimedio alla mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione imposti dalla legge” e che ha comportato l’istruzione recata al punto 5 dell’Allegato alle Linee Guida, che esclude le richieste massive manifestamente irragionevoli.

Oltre a ciò, il giudice rileva che non è dato comprendere il motivo per cui, qualificandosi espressamente in ricorso come “la più grande e rappresentativa associazione delle imprese agricole italiane, con oltre 1.300.000 associati, di cui oltre 600.000 titolari attivi di impresa, oltre 5.000 sezioni periferiche, 873 uffici di zona e 116 federazioni territoriali associate”, la Confederazione interessata non possa procurarsi ugualmente le richieste informazioni tramite i propri iscritti o i propri uffici di zona, laddove la promossa istanza parrebbe introdurre pure una sorta di indiretto sindacato sulla correttezza dell’operato dell’Amministrazione pubblica, che richiederebbe una diversa modalità giurisdizionale.

Quanto alla genericità della richiesta opposta dall’Amministrazione, poi circoscritta dalla ricorrente “in ordine al burro e altre materie grasse provenienti dal latte, formaggi latticini, siero di latte con riferimento ai documenti amministrativi anche digitali, in cui sono confluite le informazioni relative al nominativo del soggetto importatore e al tipo di prodotto importato e il relativo paese di provenienza ed altresì con riferimento, salva cancellazione di dati ed informazioni riservate, anche ai nomi delle imprese italiane importatrici”, il Tar evidenzia che queste informazioni sono tutte controllabili attraverso il D.M. 9 dicembre 2016 che espressamente reca “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori”.

Infatti, se la preoccupazione è quella che l’utente non sia posto in grado di conoscere la provenienza del latte lavorato o il tipo di latte usato, a tale informazione provvede la norma di cui all’articolo 2 del decreto, stante la quale l’etichetta deve fornire l’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari di cui all’allegato 1, mediante le seguenti diciture:

  1. «paese di mungitura»: nome del Paese nel quale è stato munto il latte;
  2. «Paese di condizionamento o di trasformazione»: nome del paese nel quale il latte è stato condizionato o trasformato.

Conclusioni

Quindi, se l’interesse della ricorrente è quello della tutela del consumatore non sufficientemente tutelate dal decreto sulla etichettatura, tale preoccupazione è smentita dalla elencazione dei prodotti soggetti a tale obbligo, dalla indicazione nella etichetta della composizione del prodotto, degli ingredienti a base di latte o di altri componenti lattiero caseari e della loro provenienza sia come Paese comunitario sia come Paese extracomunitario e sia riferito al momento della mungitura sia riferito al momento della lavorazione seppure parziale.

Se poi ancora l’interesse della ricorrente si rivolge alla conoscenza dei soggetti importatori di tali prodotti lattiero caseari in Italia, al di là della irragionevolezza sollevata dall’Amministrazione a causa della quantità di dati da muovere, è da rilevare che nessuna delle risposte offerte dall’Amministrazione si pone come un diniego, recando la clausola finale concessiva dell’accesso civico mediante un report di dati aggregati per Paese estero di spedizione e per provincia di destinazione in Italia, che, se da un lato non reca i riferimenti alle ditte individuali, come voluto dalla ricorrente, ma escluso dalle norme ridette oltre che dalla giurisprudenza sull’argomento, consente quanto meno di circoscrivere la ricerca alle imprese collocate in una determinata provincia e quindi di poter effettuare, una volta ricevuto il dato relativo al Paese di provenienza del latte, quella tutela dei principi di eticità con particolare riguardo alla sicurezza alimentare e di diritto all’informazione e alla scelta consapevole del consumatore che sono gli scopi statutari della ricorrente.

Pertanto il ricorso è rigettato.


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