Con il termine “ambiente confinato” si intende un luogo/ambiente circoscritto, totalmente o parzialmente chiuso, che non è stato progettato e costruito per essere occupato da persone, né destinato  normalmente ad esserlo, ma che all’occasione può essere impegnato per l’esecuzione di interventi lavorativi quali l’ispezione, la manutenzione o la riparazione, la pulizia, l’installazione di dispositivi tecnologici. Oltre che all’interno del D.Lgs. 81/08 e s.m.i., l’argomento è trattato in un D.P.R. del 2011, il n. 177 del 14 settembre 2011 (G.U. 08/11/11). In questo decreto si specifica cosa il datore di lavoro (pubblico e privato) deve attuare per affrontare al meglio tale problematica, facendo comunque riferimento a quanto già previsto nel D. Lgs. 81/08.

L’argomento è di grande importanza soprattutto per quei comuni (o altri enti pubblici), che hanno dipendenti che si introducono all’interno di tombini, pozzetti, vasche, locali fognari e altri ambienti considerati confinati e sospetti di inquinamento. La disciplina va rispettata anche se tutte queste lavorazioni, considerate ad alto rischio, vengono appaltate a ditte esterne.

Nel primo caso, ovvero, nel caso in cui i dipendenti pubblici vadano direttamente a lavorare (anche per operazioni saltuarie) all’interno di tali tipologie di spazi lavorativi, il datore di lavoro deve predisporre una serie di misure preventive per ridurre al minimo i rischi e soprattutto per poter intervenire in modo tempestivo nel momento in cui nasca un problema. Nello specifico si deve:

– elaborare un piano di procedure di lavoro e di emergenza dove si vanno a stabilire le metodiche di lavoro e soprattutto le procedure da seguire in caso di emergenza;

– nominare all’interno della squadra (si parla di squadra poiché il lavoro in ambienti confinati non può avvenire in solitaria) un preposto con esperienza almeno triennale nelle lavorazioni negli ambienti confinati (attenzione che tale esperienza la devono avere almeno il 30% dei lavoratori che compongono la squadra, e il preposto nominato deve avere un contratto a tempo indeterminato);

– formare, informare ed addestrare la squadra  addetta a tali mansioni, organizzando un corso specifico composto da una parte teorica e da una pratica dove si insegna ai lavoratori ad utilizzare tutti i D.P.I. (dispositivi di protezione individuale) previsti, ad utilizzare le attrezzature di lavoro in spazi confinati, ad utilizzare gli strumenti di sicurezza dati in dotazione. Inoltre si illustrano tutte le procedure da rispettare e si addestra il personale ad effettuare dei salvataggi, nel caso succeda un incidente, utili a far fuori uscire l’infortunato dallo spazio confinato per fare in modo che possa essere raggiunto dai soccorritori del 118.

Nel secondo caso invece, dove si appalta il tutto ad una ditta esterna, il datore di lavoro deve:

– verificare che la ditta a cui si appalta il lavoro sia certificata e abbia i requisiti per svolgere le lavorazioni in ambiente confinato, e quindi che abbia a disposizione tutti i D.P.I. necessari e che i lavoratori abbiano i requisiti richiesti e che abbiano svolto il corso di formazione sopra indicato;

– stabilire insieme al datore di lavoro appaltante delle procedure di lavoro, dopo aver visionato attentamente l’ambiente di lavoro e dopo aver valutato tutti i rischi (soprattutto si deve valutare: la percentuale di ossigeno, la presenza di sostanze infiammabili e/o esplosive, la presenza di gas tossici).

Inoltre il datore di lavoro committente deve nominare un rappresentante con esperienza e conoscenza che vada ad informare i lavoratori della ditta appaltante sui rischi specifici di quello spazio confinato e sulle procedure stabilite. Tale rappresentante poi deve seguire la ditta appaltante durante i lavori ed interfacciarsi continuamente con il preposto della squadra di lavoro.


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