Con atto di segnalazione n. 1380 del 6 aprile u.s., l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha espresso il proprio parere, ai sensi dell’art. 21-bis della L. n. 287/1990 e dell’art. 5, co. 3, del T.U. “Partecipate”, sulla deliberazione con cui un comune autorizza una propria una società partecipata a presentare offerta per l’acquisto del 99 per cento del capitale sociale di altra società in controllo pubblico.

La società acquirente rappresenta il gestore in house providing del servizio di igiene urbana del comune istante e degli altri comuni del mandamento, mentre la società da acquisire svolge il medesimo servizio, sempre secondo il modello in house, per altro comune del territorio, che ne detiene l’1% del capitale sociale.

La delibera oggetto del parere non prevede alcuna modifica né dell’oggetto sociale, né della governance della società per cui si propone l’acquisto; quest’ultima, infatti, continuerebbe a svolgere il servizio a favore del Comune la partecipa con l’1% il quale manterrebbe il controllo analogo in forza dei diritti di veto riconosciutigli dallo statuto.

In questo contesto, l’Antitrust rileva che, se da un lato, il trasferimento del 99% del capitale sociale non compromette la permanenza in capo alla società delle condizioni proprie del modello in house, dall’altro, l’operazione paventata si pone in contrasto col divieto di acquistare, anche indirettamente, una partecipazione societaria (ex art. 4, co. 1, T.U. “Partecipate”).

Nel caso di specie, la società da acquisire non ha, infatti, per oggetto, lo svolgimento di attività di produzione di beni e servizi strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali del comune istante.

Detto in altri termini, se l’acquisto del pacchetto azionario si perfezionasse, il comune istante diventerebbe socio di maggioranza di una società che svolge il servizio in house providing nel territorio di un altro comune.

Nello specifico, l’attività di produzione svolta dalla società esula dal perseguimento delle finalità istituzionali del Comune e conduce a configurare l’iniziativa di acquisto quale mero investimento finanziario volto ad allargare il perimetro delle attività industriali della società acquirente.

Oltre a ciò, la motivazione analitica adottata per giustificare l’acquisizione ai sensi dell’articolo 5 del T.U. “Partecipate” non appare condivisibile, in quanto incentrata unicamente sul possibile miglioramento della performance complessiva che le società coinvolte otterrebbero nella rispettiva gestione in house dei servizi di igiene urbana.

Osserva, infatti, l’Autorità, che, nel caso in cui i comuni ritenessero insoddisfacente il servizio svolto, dovrebbero semmai rivederne la modalità di gestione ricorrendo, eventualmente, alla selezione con gara del gestore o del socio industriale.

In conclusione, la deliberazione comunale viola la concorrenza in quanto si pone in contrasto con i principi di cui all’art. 4, comma 1, del D.lgs. n. 175/2016, che consentono a un’amministrazione pubblica di acquistare una partecipazione azionaria in una società. Ciò malgrado, giova segnalare la sua mancata impugnazione davanti al T.A.R. territorialmente competente, in considerazione dell’esito della procedura a evidenza pubblica che ha visto, in ultima istanza, altra società aggiudicarsi la partecipazione oggetto del parere.

Stefania Fabris

 


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