IN POCHE PAROLE …

L’incarico di responsabile della prevenzione e della trasparenza nelle società pubbliche e negli altri enti privati soggetti alla normativa anticorruzione, di norma, deve avere una durata triennale e può essere, nel caso, prorogabile una sola volta, in coerenza con il principio  di rotazione, principio generale  finalizzato  ad evitare il consolidamento di posizioni che possono ridurre l’autonomia e l’indipendenza di questa figura, ossia l’efficacia della sua azione.


Parere ANAC P 2129 del 3 giugno 2025

ANAC PNA 2022

PNA 2022 All. 3, par. 4 

L. 6 nov. 2012, n. 190


Con il parere annotato, l’ANAC –  richiesta da una società di un parere sulla possibilità di rinnovare l’incarico di RPCT già prorogato una volta,  ribadisce la raccomandazione, già formulata nell’All. 3 , par. 4, al PNA 2022 come aggiornato nel 2023, di fissare la durata triennale dell’incarico, prorogabile una sola volta, ancorché l’art. 1, comma 7, della legge n. 190/2012 non stabilisca una durata minima.

L’orientamento dell’ANAC è chiaro: anche per la nomina del RPCT  serve applicare  il turnover  per prevenire cristallizzazioni che possono compromettere l’effettiva autonomia e indipendenza del RPCT, ragione per cui la proroga oltre i sei anni deve rappresentare un’eccezione, da giustificarsi in modo trasparente e rigoroso.

Il quadro normativo

Giova ricordare che la disciplina della figura del RPCT nelle società a controllo pubblico e negli enti di diritto privato assimilati trova fondamento in un quadro normativo articolato, i cui principali riferimenti  sono:

– l’art. 1 della L. 6 novembre 2012, n. 190, e, in particolare:

  • il comma 2-bis, sull’introduzione dell’obbligo di adozione del Piano nazionale anticorruzione (PNA) da parte dell’ANAC (a seguito della modifica del D.L. 90/2014), come atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni, ai fini dell’adozione dei loro piani triennali di prevenzione della corruzione (PTPCT), e per gli altri soggetti di cui all’art. 2-bis, comma 2, del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33;
  • il comma 7, sull’obbligo per l’organo di indirizzo di ciascuno ente rientrante nel perimetro di applicazione della stessa normativa di nominare il RPCT, individuandolo, di norma, tra i dirigenti, e negli enti locali , nel segretario comunale o nel dirigente apicale ;
  • il comma  8, sull’affidamento all’organo di indirizzo di definire gli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza, contenuto necessario dei documenti di programmazione strategico-gestionale, e sull’obbligo di adozione del  PTPCT su proposta RUP entro il 31 gennaio di ogni anno, curandone la trasmissione all’ANAC (negli enti locali il piano è approvato dalla giunta);

– il d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, che all’art. 2-bis, comma 2, lettere b) e c), estende gli obblighi di prevenzione della corruzione e di trasparenza, fra l’altro, alle società a controllo pubblico e agli enti di diritto privato in controllo pubblico (v. TUSP approvato con d.lgs. 19.8.2016, 175, per definizioni e disciplina delle diverse tipologia di società a partecipazione pubblica);

– il  d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, relativo alla responsabilità amministrativa degli enti e ai modelli di organizzazione e gestione (MOG);

–l’art. 6, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito dalla L.  6 agosto 2021, n. 113, e D.M. 30 giugno 2022, n.132, sull’integrazione della strategia anticorruzione nei documenti di programmazione unitaria (PIAO);

Il PNA 2022 – All. 3, par. 4

Il suddetto quadro normativo è stato implementato dalle linee applicative e interpretative formulate dall’ANAC in diversi atti di indirizzo, ma soprattutto nell’Allegato 3 al PNA 2022, che tratta gli aspetti attinenti al RPCT (aggiornamento 2023).

In particolare, il par. 4 del richiamato Allegato ha ad oggetto la disciplina della figura del RPCT nelle società a controllo pubblico e negli enti di diritto privato ad esse assimilati (cfr. art. 2-bis, co. 2, d.lgs. n. 33/2013), che evidenzia l’esigenza di garantire l’effettività dell’azione preventiva anche in questi contesti. Precisa che, di norma, l’obbligatoria  nomina del RPCT deve essere effettuata dal Consiglio di amministrazione o altro organo con funzioni equivalenti, che ha il compito di individuare, preferibilmente tra i dirigenti interni, un soggetto dotato di adeguate competenze, autonomia e conoscenza dell’organizzazione, nonché di integrità personale (sui requisisti della condotta integerrima cfr. delibera ANAC 26 marzo 2019,n.  215 ).

Stante il divieto di affidare l’attività di predisposizione del PTPCT a soggetti estranei all’amministrazione (art. 1, comma 8, L.190/2012), l’ANAC ammette solo in via eccezionale la possibilità di ricorrere  a soggetti esterni o non dirigenziali, precisando che tale opzione deve essere puntualmente motivata, con particolare riferimento ai casi di indisponibilità di personale idoneo in organico.

La durata dell’incarico non è stabilita dalla legge, ma l’ANAC raccomanda, per gli incarichi esclusivi, una durata minima triennale, prorogabile una sola volta, in coerenza con il principio di rotazione. Per gli incarichi conferiti in aggiunta a funzioni dirigenziali già in essere, la durata non dovrebbe essere inferiore a quella del contratto principale. Il vincolo di durata è confermato e ulteriormente motivato con il parere 2195/2025 in commento.

L’ANAC richiede, inoltre, che l’ente preveda soluzioni organizzative per gestire l’eventuale assenza o vacanza del RPCT, attraverso procedure interne o incarichi temporanei.

L’Autorità, constatato che oltre la metà dei RPCT in ambito privatistico risulti privo di esperienza nella gestione del rischio, segnala la necessità di investire nella formazione continua, necessaria per rafforzare la professionalizzazione del ruolo e l’efficacia delle misure di prevenzione. In considerazione della complessità delle funzioni assegnate a questo responsabile, sottolinea l’importanza di dotare il RPCT di una struttura di supporto dedicata, adeguata per risorse e competenze, e – nei contesti più articolati – di una rete di referenti interni. Nello specifico, è sottolineata la necessità che il RPCT operi in costante collaborazione con gli altri soggetti coinvolti nella governance dell’ente: dirigenti, organismi di controllo interno, collegio sindacale, OdV, revisori. È espressamente esclusa, se non in casi del tutto eccezionali e da motivare, la possibilità di affidare l’incarico di RPCT a soggetti che ricoprano contestualmente il ruolo di componente dell’OdV o del collegio sindacale, per evitare conflitti tra funzioni di controllo e funzioni esecutive.

Nel documento richiamato, l’Autorità ricorda pure che l’incarico di RPCT non comporta la possibilità di corrispondere compensi aggiuntivi, in base al principio di invarianza finanziaria previsto dall’art. 2 della legge n. 190/2012, salvo l’eventuale riconoscimento di retribuzione di risultato legata al raggiungimento di obiettivi misurabili.

Infine, il documento affronta anche i casi specifici di enti con strutture ridotte, società in liquidazione, gruppi societari e assenza di figure dirigenziali, fornendo indicazioni operative flessibili, che lasciano un certo margine organizzativo agli organi di indirizzo, ma impongono, nel contempo, allo stesso ente l’onere di motivare ogni scelta in deroga ai criteri generali indicati dall’Autorità.

Conclusioni

Riassumendo, il RPCT deve essere nominato anche dalle società a controllo pubblico e dagli enti di diritto privato ad esse assimilati, secondo criteri di competenza, stabilità, condotta integerrima e assenza di conflitti di interesse. La nomina spetta all’organo di indirizzo, ossia, di norma, all’organo di amministrazione (collegiale o monocratico) o ad altro organo provvisto di analoghi poteri.

L’organo competente alla nomina deve motivare ogni eventuale deroga agli orientamenti ANAC, specie in caso di incarico non dirigenziale o a soggetto esterno.

La durata dell’incarico, se non esclusivo, deve essere allineata a quella del contratto dirigenziale, con una sola proroga possibile. In caso di assenza o vacanza del ruolo, vanno previste soluzioni organizzative per garantire la continuità. È essenziale assicurare al RPCT formazione continua e supporto strutturale, preferibilmente con un ufficio dedicato.

Il ruolo comporta poteri di impulso, controllo e coordinamento, da esercitare in costante collaborazione con altri organi (audit, OdV, collegio sindacale), nell’ottica di un sistema integrato di gestione del rischio corruttivo. Restano escluse, salvo eccezioni motivate, le nomine a soggetti con deleghe gestionali, componenti dell’OdV o del collegio sindacale, per evitare sovrapposizioni e conflitti funzionali.

Il principio generale di rotazione allo scadere dell’incarico è finalizzato ad evitare il cristallizzarsi di situazioni che potrebbero compromettere l’autonomia e l’indipendenza di questa figura centrale nell’attuazione, a livello di singola amministrazione. Questo significa che l’unica possibile proroga dopo due anni del RPCT nelle società pubbliche deve essere una  soluzione eccezionale, da motivare in modo rafforzato nel rispetto dei principi di ragionevolezza e trasparenza.

In altri termini, la società partecipata o l’ente privato assimilato è chiamato ad effettuare una scelta che riesca a garantire, attraverso un’adeguata motivazione,  un  equilibrio fra l’esigenza generale dell’ordinamento di assicurare il ricambio nel ruolo e autonomia organizzativa del singolo ente.

Giuseppe Panassidi, avvocato in Verona.


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